Guerra o suo Simulacro ? L’escalation delle relazioni russo-ucraine dopo il conflitto nel mare d’Azov
Guerra o il suo simulacro?
L’escalation delle relazioni russo-ucraine dopo il conflitto nel mare d’Azov richiede un’analisi.
Il lato formale è chiaro: Poroshenko, che non è in grado di vincere le elezioni, organizza una provocazione per imporre uno stato d’emergenza e far fallire le elezioni. In Russia, questo viene commentato con un sorrisetto. Tutto ciò è vero, ma non è certo una decisione spontanea e nemmeno un’agonia. Poroshenko ha un piano, non può non averlo, ed è un po’ più serio di una scappatella momentanea.
Se l’attuale escalation si attenuerà gradualmente, allora tra un po’ la legge marziale dovrà essere abrogata e si terranno le elezioni. In tal caso Poroshenko sembrerà un idiota, dato che la semplice esagerazione sul tema della minaccia russa non aumenterà il suo rating; di conseguenza il piano è diverso. L’unico fatto che renderà logico il passo di Poroshenko è un coinvolgimento più profondo della guerra con la Russia. Se ciò non accadrà, Poroshenko non farà che peggiorare la sua posizione. Ne consegue che Poroshenko non ha bisogno di un’escalation, ma ha bisogno di una guerra.
Sui nostri errori: l’arresto della “Primavera russa”
Rivolgiamoci alla Russia. Dopo aver fermato la “Primavera russa” nel 2014, Putin ha commesso un errore geopolitico. Putin ha fatto molti passi assolutamente corretti e importanti nella politica estera: ha ridato alla Russia una sovranità quasi completamente persa, nessuno gli toglie questo merito colossale. Ma, nel 2014, per una qualche ragione ha vacillato. Considerare questo dato come un “piano astuto”, o esaltare l’errore di Putin come “l’apice della saggezza strategica”, non sarebbe un segno di lealtà nei suoi confronti, ma una mina posta sotto la sua autorità reale. Lodare ugualmente il governante sia per i suoi risultati, sia per i suoi errori, significa semplicemente deriderlo, esponendolo come un idiota narcisista. È un’erosione della sua reale legittimità e un sabotaggio nascosto.
La liquidazione della “Primavera russa” e il rifiuto a difendere il “mondo russo” nel lungo e insensato processo dei “colloqui di Minsk” hanno permesso alla junta di Kiev di riordinarsi e di riaccostarsi al problema dell’Ucraina orientale con forze nuove. La liberazione dell’Ucraina orientale e la creazione della Novorossiya avrebbe allontanato il problema di eventuali navi ucraine nel Mar d’Azov, poiché le rive di sinistra (Novorossiya e Slobozhanshchina) sarebbero state indipendenti e, per definizione, amiche della Russia come il Donbass. Lasciando alla junta una parte enorme del “mondo russo”, Mosca ha predeterminato futuri conflitti. Kiev con piena discrezione era in grado, oggi, d’iniziare questa escalation e persino una guerra poiché ha il controllo della tempistica.
Le leve della junta
Il primo tentativo di cambiare lo status quo, Kiev l’ha intrapreso a Debaltsevo, ma la sua forte pressione diretta è stata respinta, questo non significa però che la junta si sia calmata, ma ha iniziato a cercare altri modi.
Il passo successivo è stato il riconoscimento del territorio dell’Ucraina come territorio canonico del Patriarcato di Costantinopoli, che ha portato a uno scisma tra la Chiesa Ortodossa Russa e il Patriarcato di Costantinopoli. Ciò ha dato a Poroshenko un’altra leva per influenzare Mosca. Poroshenko, d’ora in avanti, in qualsiasi momento, potrebbe dare un segnale d’inizio per la conquista delle chiese della Chiesa Ortodossa Russa (sul territorio dell’Ucraina n.d.r.), Mosca si vedrà costretta a rispondere.
Ed ora assistiamo a una provocazione nel Mar d’Azov, nel momento in cui Poroshenko invia consapevolmente delle navi senza avvisare la controparte russa. Questo ha portato a uno scambio di colpi, speronamento e arresto di marinai ucraini. Parlando direttamente: Poroshenko, che considera la Crimea ancora un territorio dell’Ucraina (come, a proposito, anche il resto del mondo), non avrebbe dovuto avvertire nessuno, ma ha capito perfettamente quello che stava facendo e quali sarebbero state le conseguenze da parte di Mosca che ha legalmente affermato il suo diritto sulla Crimea come parte della Russia.
Poroshenko, inoltre, dichiara la legge marziale. Ogni passo dipende da Kiev, non da Mosca. Mosca che con un allungo ha ristabilito l’unità con la Crimea e non ha mai completamente abbandonato il Donbass insorto, poi, per tutto resto, ha ricoperto solo una posizione passiva. Poroshenko ha preparato azioni di risposta e da lui dipende la tempistica. Putin, questa tempistica, non l’ha potuta influenzare in nessun modo. Ne siamo in parte responsabili essendoci posti su questa posizione liquidando la “Primavera russa”.
Varianti della situazione: non accadrà nulla (come sempre) o nonostante ciò qualcosa accadrà?
Da ciò cosa ne consegue? Mosca spera che anche questa volta “in un qualche modo se la caverà”. In altre parole, che Poroshenko farà tintinnare le armi, rinvierà le elezioni, si presenterà come “salvatore della Patria”, si farà nuovamente eleggere presidente, e tutto rimarrà come prima. Forse andrà a finire così. Se è su questo che si punta, allora non si deve far nulla, tutto si calmerà da sé. Nel frattempo si può continuare a prendere in giro Poroshenko che “si è seduto nuovamente in una pozzanghera”; questo è il punto di vista ufficiale di Mosca e la tesi principale della sua macchina di propaganda. Non lo si può comunque escludere, è possibile che sia così.
Ma supponiamo, che tutto non sia così. “Non sia così” significa una cosa: Poroshenko inizierà sul serio una guerra con la Russia. Questo lo può fare in qualsiasi momento, di pretesti ce ne sono in abbondanza: l’offensiva nel Donbass, che, molto probabilmente, è già iniziata, o sta per iniziare; un’escalation di tensione nel Mare d’Azov; un nuovo round di rivendicazioni per “restituire la Crimea”; un assalto alle chiese del Patriarcato di Mosca. Uno pretesto qualsiasi da solo o tutti insieme. Può succedere? Una coscienza assonnata risponderebbe “non può”: un fucile appeso a una parete sul palco, da solo, non sparerà mai. Sì, questa è la logica dei sogni geopolitici: “Non sparerà mai”.
Ma su cosa può contare Poroshenko facendo un passo così radicale? Nel sostegno della NATO e degli Stati Uniti. Oggi negli Stati Uniti, per questo passo, non c’è il miglior presidente, tuttavia, in fin dei conti, non è lui che decide tutto: c’è il “Deep State” americano, i neocons (come Bolton) al potere, la pianificazione strategica del bilancio del Pentagono e i problemi critici nell’Unione europea. Una guerra con la Russia non sarebbe nucleare, ma locale, per procura, questo è l’espediente. E in questa guerra l’Occidente ritiene non ci saranno rischi. Se Mosca invaderà l’Ucraina si trasformerà definitivamente in uno “stato-paria”. Non importa se l’Ucraina verrà nuovamente smembrata, questo è il dato che meno interessa all’Occidente. Ma ogni colpo sparato da parte della Russia, porterà particolarmente dei vantaggi ai globalisti.
Ed ecco il dato più interessante: il Cremlino ne è ben consapevole, quindi cercherà di schivare il più possibile. Un “piano astuto”, un qualcosa di questo genere.
Ma ecco che, probabilmente, in questo c’è anche il calcolo di Poroshenko. Iniziare un conflitto con la Russia, che sfuggirà di mano, per poi ottenere qualcosa. A proposito, la logica “malorossiskaya” (in Russia il territorio dell’Ucraina veniva anche chiamato “Malorossiya” – “Piccolarussia”), in parte è anche quella dei cosacchi: anarchismo russo- occidentale, calcolo combinato e caoticità.
Se anche la Russia si dovesse spostare su una direzione “troppo lontana”, questo potrebbe comunque diventare una sorta di “vittoria”. E poiché Poroshenko politicamente non ha quasi nulla da perdere, francamente non è popolare in Ucraina, dove, per inciso, nessuno ora è più popolare, con un regime che si fonda solo su una propaganda radicale e russofoba, il rischio è giustificato. Pertanto, l’escalation nelle relazioni con la Russia, per lo stesso Poroshenko è vantaggiosa, persino non sta nemmeno rischiando nulla. Inoltre, se riuscirà a trascinare, anche simbolicamente, la NATO nel conflitto, come lui stesso ritiene per “domare i russi”, questo sarà sufficiente per ricevere dividendi se non geopolitici, almeno morali ed elettorali. Se tutto è così, allora le sue azioni non sono così spericolate come potrebbe sembrare.
La guerra come un’opportunità
In totale: una trasformazione dell’attuale conflitto in guerra è possibile. Questo almeno non può essere escluso. Probabilmente Poroshenko ha calcolato i rischi, si è consultato con le forze influenti dell’Occidente, non solo negli Stati Uniti, ma anche nell’Unione Europea (principalmente Inghilterra) e, molto probabilmente, ha guadagnato un serio sostegno. È chiaro che Putin eviterà e aspetterà fino all’ultimo. Ma anche questo l’Occidente l’ha certamente previsto e probabilmente ha elaborato dei passi per limitare il campo di manovra del presidente russo. Se Kiev e l’Occidente ritengono che ora sia giunto il momento per una guerra russo-ucraina, hanno tutte le leve per mettere in atto questo piano.
Nel 2014, Mosca ha consegnato a loro l’iniziativa. Ora, sia il tempo della guerra, sia le sue condizioni di partenza non possono essere scelte da noi (russi n.d.r.). Non si può essere sicuri che inizierà esattamente ora, ma è altrettanto avventato presupporre che non stia accadendo nulla e che nulla accadrà mai in alcun modo; soprattutto, che nulla possa accadere in questo momento.
Traduzione a cura di Eliseo Bertolasi