Quando la lotta contro il terrorismo incontra quella contro l'omofobia ...
Questi giorni mi è capitato di leggere le notizie relative alla conversione del decreto legge "anti-terrorismo" (n.7/2015), partorito dal governo il 18 febbraio scorso, che prevede varie misure urgenti volte a combattere più efficacemente l'azione e la diffusione di gruppi terroristici. Gli emendamenti al testo del decreto approvati in commissione hanno però suscitato la preoccupazione di molti, il Garante per la Privacy incluso: "la modifica all'articolo 266-bis, comma 1, del codice di procedura penale, presente nel cosiddetto decreto antiterrorismo introdurrebbe per la prima volta la possibilità di spiare dentro il computer di ogni singolo cittadino sospettato di qualsiasi reato e non solo di quelli di matrice terroristica", spiega Quintarelli, deputato di Scelta Civica.
Insomma, l'Italia diventerebbe il primo paese europeo a autorizzare legalmente il ricorso da parte dello Stato a software occulti per indagare non solo i reati collegati al terrorismo, ma qualsiasi reato, commesso utilizzando tecnologie "informatiche o telematiche". Inoltre non si tratterebbe di una semplice intercettazione, autorizzata da un certo momento in poi, ma dell'acquisizione di tutte le comunicazioni e informazioni utili che provengono dal computer dell'indagato, anche anteriori al presunto fatto di reato. Sarebbe così possibile violare, nelle indagini per qualsiasi reato, il "domicilio informatico" dei cittadini.
Leggendo queste cose la mia immaginazione mi ha suggerito la seguente ipotesi: e se, insieme a questo, passasse il disegno di legge sull'omofobia? Eh già, sarebbe una miscela esplosiva: le misure anti-terrorismo da una parte e il ddl Scalfarotto dall'altra. Le prime che consentono di "spiare" nel nostro domicilio informatico (e-mail, file, ecc.) per qualsiasi reato, il secondo che punirebbe il "reato di omofobia".
A quel punto l'immaginazione galoppava e mi presentava i più inquietanti scenari: la polizia giudiziaria che si sente perfettamente autorizzata a utilizzare captatori informatici (come Trojan, Keylogger, ecc.) per controllare tutte le comunicazioni informatiche dei "sospetti omofobi", cioè di tutti quei soggetti, associazioni comprese (ai sensi del ddl Scalfarotto) che diffondono idee "discriminatorie" che potrebbero istigare all'odio omofobico (e ahimè sappiamo quanto può essere ampio il concetto di odio omofobico!) e tutti gli individui sospettati di porre in essere condotte "discriminatorie" sulla base dell'omofobia o transfobia.
Noi di ProVita, ovviamente, segnalati come potenziali e pericolosi omofobi, da tenere sott'occhio, e tanti dei nostri lettori, impegnati anche loro nella battaglia per la vita e per la famiglia, inseguiti da occhi elettronici occulti pronti a sorprenderli al primo atto di discriminazione omofobica.
Uno scenario degno della psicopolizia orwelliana.
Per fortuna il ddl Scalfarotto sembra essere, per il momento, paralizzato.
Per fortuna il Presidente del Consiglio ha bloccato gli emendamenti lesivi della privacy apportati al decreto anti-terrorismo: "L'emendamento che prevedeva l'acquisizione di dati da remoto è stata stralciata dal decreto anti-terrorismo", ha detto il viceministro dell'Interno, Filippo Bubbico. Se ne riparlerà più tardi.
Ho quindi messo a tacere la mia fervida immaginazione, e mi sono detto, rassicurando me stesso, che sarebbe cosa da romanzi, uno scenario irreale in una società "democratica" del 2015.
Poi mi è venuto in mente il famoso caso della NSA, della violazione della privacy e dello spionaggio globale made in USA, i casi di pericolosi omofobi istiganti all'odio sanzionati perché si rifiutavano di preparare una torta di nozze per un "matrimonio" omosessuale o perché esprimevano pubblicamente la loro opinione sull'omosessualità (vedi sentenza CEDU nel caso Vejdeland v Sweden, 2012), e tantissimi altri casi cui ormai l'Occidente è avvezzo.
E non mi sono più sentito così al sicuro.