Alla ricerca di Ettore

18.12.2024

Patriarcato. Chi non ha sentito questa parola? Ci viene propinata con fastidiosa cadenza quotidiana. Ci viene anche detto che i problemi della nostra società occidentale sono causati dalla prepotenza maschile, da una definizione sbagliata del ruolo del maschio, malato quasi incurabile di un machismo arcaico e oltre la sua data di scadenza.

Eppure dovrebbe essere evidente che è vero il contrario. Viviamo cioè in una società fin troppo femminile e femminizzata, in cui il principio yin prevale sullo yang e l’altra metà del cielo non si muove in armonia con il suo complemento naturale.

L’amor cortese trova forse ancora spazio in una società ossessionata dall’apparenza e dalla ricerca della soddisfazione immediata, una società in cui molti uomini sembrano apprezzare atteggiamenti e mollezze che avrebbero fatto inorridire gli antichi?

È la mancanza di una virilità vera in molti uomini, assieme alla sua stigmatizzazione ossessiva dovuta alle ultime ondate di femminismo furioso, la radice di alcuni dei mali più marcati della nostra società moderna. Non molti se ne rendono contro, uomini e donne.

C’è tuttavia una reazione nei confronti di decadenza spirituale al maschile. Internet ospita molti video che inneggiano al rifiuto della non-cultura woke e dei suoi trascurabili e inconsistenti valori e si è sviluppata una certa letteratura fatta di esperienze reali, vissute, di analisi pacate ma non meno decise. Tradizione è la parola che risuona malgrado il rumore che vorrebbe annullarla.

Non ci sarebbe stata la follia covidiana se non ci fosse stato anche un certo femminismo d’accatto, ossessivo e odiatore compulsivo della figura maschile, forse perché percepita sia come un competitore naturale che come un qualcosa di (erroneamente) superiore. Durante il Covid, Roberto Giacomelli ci ha deliziati con il suo “Oltre il maschio debole”, piccolo manuale di resistenza al maschile ed ora è la volta di Matteo Carnieletto con il suo “Alla ricerca di Ettore”, viaggio al contempo introspettivo e universale sulla figura maschile, sulla figura paterna e patriarcale, i suoi tremendi doveri.

Ettore e Achille, due figure maschili diverse per scelta e portamento che affrontano il destino che li lega diventando due simboli ancor oggi attuali e suoi quali riflettere.

Matteo Carnieletto è un autore prolifico e accattivante, che riesce ad affidare alla penna pensieri intimi in un modo che io non saprei affrontare. È per questo motivo che gli ho chiesto di parlarci una volta di più di Ettore e Achille.

1) Perché ha sentito il bisogno di scrivere questo libro?

R) Perché, a un certo punto della mia vita, mi sono chiesto: ma io chi sono? Anzi: chi voglio essere? Mi sono guardato dentro di me e ho visto che c'era ancora da migliorare. Mi sono guardato attorno per cercare esempi ma ho notato che non ce n'erano. E così mi sono messo alla ricerca di Ettore, appunto. Parlando con la psicologa che mi seguiva, che rappresenta davvero una mosca bianca in quel mondo, ci siamo imbattuti in questa figura eroica e, insieme, abbiamo deciso di approfondirla...

2) “Esto vir. Scegli l'onore”. Secondo lei che significa “eroe” in questi nostri giorni moderni?

R) Oggi, per me, eroe è chi fa in silenzio ciò che deve fare e, soprattutto, resta ancorato alla vita reale e non a quella virtuale. Forse non ce ne rendiamo conto, ma il fatto che sempre più persone vivano online e non sappiano coltivare i rapporti è la grande emergenza del nostro tempo. Siamo sempre più soli e, quindi, più deboli. Ed è proprio quello che vuole un certo Potere.

3) Allora chi è Ettore e qual è il suo cammino?

R) Ettore è innanzitutto un uomo. Oggi purtroppo la figura maschile viene sapientemente smontata a causa della sua forza, che viene scambiata per violenza. Intendiamoci: c'è un problema di violenza maschile, ma viene proprio da quei maschi che sono maggiormente fragili. Che sono maschi, appunto. E non uomini. È una differenza non di poco conto perché diventare uomo significa compiere un cammino di ascesa, che non termina mai. E poi Ettore è un nobile, quindi una persona che si sottomette a dei doveri; un marito perché onora la propria moglie; un padre perché sa qual è la strada da indicare a suo figlio; e un combattente perché è disposto a dare la propria vita per chi ama.

4) Chi è la nemesi di Ettore e perché i due sono così diversi?

R) Nella realtà di oggi è il maschio debole, mentre nell'Iliade è certamente Achille. Che è un po' il suo alter ego che è anche in ognuno di noi.

5) Eppure hanno un destino comune, come comune è la loro tragica fine...

R) Entrambi muoiono in combattimento, ma accade qualcosa di paradossale. Achille decide di avere una vita breve (del resto non possiamo nemmeno immaginarcelo vecchio e a letto malato) perché sogna una fine gloriosa. Cosa gli succede? Viene ammazzato da Paride, il più pavido tra i combattenti, colpito da una freccia, quindi con un'arma che non permette la lotta ravvicinata, quella in cui puoi sentire e vedere il suo avversario. Tutti noi ricordiamo la fine di Achille, ma quasi con sarcasmo. Ettore invece voleva vivere ma sceglie di morire per provare a salvare chi ama. E tutti noi ricordiamo la sua fine gloriosa e lo strazio del suo corpo, perpetrato da Achille.

6) Nei suoi viaggi, nei suoi reportage ha conosciuto degli Ettore moderni che nulla avevano da invidiare a quello originale?

R) Nella quotidianità si vedono tanti Ettore. O almeno tante sfumature di Ettore. Certamente l'ho visto in mio padre, silenziosissimo, che ha sempre fatto tutto quello che doveva fare, spesso parecchi sacrifici, senza farlo mai pesare. Ma ricordo per esempio un mio amico siriano che, nel pieno della guerra, andava al lavoro e faceva (e proteggeva) due bambini. Fortunatamente non tutto è perduto. Anzi, credo ci sia un gran bisogno di nuovi Ettore e che tanti maschi se ne siano resi conto.

7) Cosa può insegnarci Ettore per rendere la nostra vita più vera e completa? I suoi insegnamenti sono forse senza tempo?

R) I suoi insegnamenti sono indubbiamente eterni. Ettore è un classico, quindi è fuori dal tempo. Anzi: è oltre il tempo. Avere degli esempi validi, e non il calciatore o la star di Only Fans, credo sia utile per vivere più pienamente. E per rispondere a quella domanda che l'uomo ha sempre avuto dentro di sé: chi sono io? E che ci faccio al mondo? Ecco, credo che per rispondere a questo quesito ogni uomo debba prima chiedersi: che cos'è la mia virilità? E quale uso posso farne?