Sulla questione russa
Sopra le foreste di Bryansk, gli usignoli di Kursk e i girasoli di Belgorod si staglia un punto interrogativo. Sembra un enorme gancio levigato, sul quale la Russia è stata sospesa per secoli. Il punto sotto il punto interrogativo è un’enorme goccia di sangue. È l’eterna questione russa.
Ricordo la perestrojka. Gorbaciov che parlava incessantemente, suonando come una cicala. Eltsin che riaffiorava alla superficie della vita politica russa come gli annegati. I propagandisti del Cremlino lo deridevano, lo bestemmiavano, lo mettevano a tacere. Mentre riemergeva, Eltsin era attraccato su una sponda o sull’altra. Un giorno era un nazionalista russo, l’altro un comunista radicale, l’altro ancora un occidentale illuminato. Un giorno combatteva la corruzione, il giorno dopo difendeva la natura.
Così è emerso un “centro parallelo” accanto all’incompetente e balbettante “centro del Cremlino”. Il potere si stava lentamente, costantemente biforcando. Apparvero i disertori dal “centro del Cremlino” al “parallelo”, da Gorbaciov a Eltsin. Erano sempre più numerosi. Tra loro c’erano membri del partito, giornalisti, personaggi pubblici, diplomatici, ufficiali dei servizi segreti.
Il “centro parallelo” spuntava come un porcino gonfio dopo la pioggia. Il “centro del Cremlino” si restringeva come una spugnola. Le élite si sono divise, lacerando la società, dividendo il popolo. E così iniziò la caduta dell’impero, un’epoca di grandi tradimenti. Il puntino sotto il punto interrogativo si staccò, un’enorme chiazza di sangue cadde, inondando il Paese con il sangue di innumerevoli colpi di stato e guerre.
Sono in uno stato di confusione. Non ho un quadro degli eventi, non sono a conoscenza di informazioni. Non ho centri di intelligence che lavorano per me, non ho davanti a me immagini di filmati spaziali. Non sono presente ai negoziati segreti. Non credo ai propagandisti che invocano la distruzione di Kharkiv e di tutto ciò che è vivo al suo interno. Non posso essere come i blogger rabbiosi che sputano sentenze, gettando lo stesso seme di ortica di informazioni piantate l’una contro l’altra, da cui cresce il mostruoso cardo dell’analisi – è buono in quanto non contiene un granello di verità ed è facile da liquidare.
Su cosa si può fare affidamento per evitare attacchi di panico e crolli avventati? Mi affido alla fede nella storia russa. È sprofondata nell’abisso, e ancora una volta si è precipitata verso la luce. E la Russia, dopo aver subito una sconfitta storica, si vendica, passa al contrattacco, passando dalla grande agitazione alla grandezza. Questo movimento è doloroso, sacrificale, bagnato da lacrime e sangue. Nascono “eroi di lunga volontà”, che non scappano alla vista dei droni sul Cremlino, non cadono nello sconforto quando sentono bruciare Bryansk e Belgorod. Ma continuano a svolgere il lavoro che gli è stato affidato. “E quello che deve essere fatto da chi, lasciamolo fare a tutti”.
Se il cannoneggiamento dei cannoni del nemico non è sufficiente a soffocare l’intollerabile conflitto nella gerarchia militare, allora lasciamo che quel cannoneggiamento suoni più forte finché non sarà soffocato dal rombo degli aerei che si alzano da Engels.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini