M5S: l'avatar della democrazia o la democrazia degli avatar?

29.10.2016
La vicenda dell'approvazione del nuovo "Statuto" del M5S e del procedimento cautelare promosso dai 23 attivisti partenopei espulsi nell'analisi di un "insider"

“La libertà non è star sopra un albero
non è neanche il volo di un moscone
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione"

Giorgio Gaber

Le cronache politiche di questi giorni ci raccontano delle accese  polemiche innescate dalla votazione indetta dal Capo politico del MoVimento 5 Stelle per  l'approvazione del nuovo Regolamento e per le modifiche del Non statuto del M5S: un passo che si è reso necessario a seguito di un'ordinanza del Tribunale di Napoli pronunciata  nel procedimento cautelare promosso da 23 attivisti partenopei del movimento pentastellato che erano stati espulsi con l'accusa di aver fatto parte di un “gruppo segreto”di discussione creato su Facebook e che, a quanto è dato capire, aveva come oggetto la richiesta dell'indizione di un'assemblea degli iscritti per la scelta del candidato Sindaco per le elezioni amministrative del capoluogo campano.

L'ordinanza del Tribunale aveva infatti rilevato che le espulsioni erano state irrogate in base ad un Regolamento mai approvato dagli iscritti e che comunque non poteva derogare alle norme statutarie dettate in materia di espulsione dal cosiddetto “Non Statuto”.

Le polemiche cui abbiamo accennato riguardano le  modalità scelte da Beppe Grillo per l'approvazione del nuovo Regolamento e per le modifiche del Non Statuto e hanno visto i sostenitori della visione “tradizionale” della democrazia diretta contrapporsi a quanti, all'interno (e ai vertici) del M5S ritengono che il MoVimento si fondi su una visione innovativa in grado di riscrivere la grammatica politica e gli stessi paradigmi su cui si è fondata, fino ad oggi, la vita e l'organizzazione delle associazioni.

La contrapposizione riguarda  dunque, prima ancora delle questioni giuridiche, che saranno sciolte dalla Magistratura civile nel caso  che i dissenzienti ricorrano alle vie giudiziarie,  la concezione di cosa si intenda per “partecipazione e discussione” nell'ambito della funzione di indirizzo politico  e di regolamentazione  della vita interna dell'associazione.

Il rischio, a ben vedere, è  quello che la realtà virtuale di Internet finisca per virtualizzare lo stesso concetto di democrazia e di attività politica, confondendo il concetto di “connessione in rete”  con quello di partecipazione attiva e sostituendo la discussione assembleare con la sola possibilità di accettare o rifiutare, con   un “sì” o con un “no”, proposte calate dall'alto.

La virtualizzazione del processo decisionale  porta invero a sostituire il metodo assembleare, fulcro di quei concetti di democrazia e comunità che hanno i loro archetipi europei nell'Agorà ateniese e nell'Althing islandese, con quello referendario e plebiscitario in cui l'unico apporto dell'associato è quello di ratificare o meno le scelte del  Capo politico.

C'è dunque qualcosa di stonato nell'entusiasmo con cui è stato accolto dai vertici del M5S il mancato raggiungimento del quorum del 75% di partecipazione alla votazione stabilito dal codice civile, così come c'è qualcosa che non quadra -almeno sotto il profilo lessicale- nel voler coniugare i sintagmi “capo politico” e “democrazia orizzontale”.

In molti poi hanno trovato inquietante le continue, invasive sollecitazioni al voto inviate  a mezzo email e sms a coloro che, in base all'occhiuto sistema informatico, risultavano non aver fatto ancora il loro “dovere”; e sotto un profilo sociopolitico sarebbe interessante poter verificare la relazione tra queste pressanti sollecitazioni e la curva dei voti espressi dopo ogni singola sollecitazione.

La politica è dunque ad un bivio: riprendersi i propri spazi reali, fatti di luoghi fisici, di discussione e di elaborazione condivisa, riscoprendo il civismo basato sul concetto di appartenenza ad una comunità, o diventare sempre più liquida e virtuale con il rischio che le utopie si trasformino in distopie.