Il testimone si moltiplica

20.08.2024
Darya Dugina, 15 dicembre 1992 - 20 agosto 2022

Farsi carico del TESTIMONE martirizzato per il suo testimoniare, per il suo portato culturale, intellettuale e, oserei dire sapienziale, per me significa rendere dinamico, fecondo e fruibile il suo pensiero, la sua evocazione radicale. C’è chi per il proprio ideale cade arma in pugno sul terreno del conflitto fisico e chi viene assassinato in quanto apostolo dell’Idea che diffonde con l’arma della cultura, della filosofia, della poesia.

È importante celebrare la ricorrenza ed evocare l’anima del martire, dell’eroe assassinato: è benefico per la comunità di appartenenza ribadirne la “presenza”, ma, io credo, si onora il suo essersi sacrificato per l’Idea se la sua idea viene COLTIVATA, assimilata, assunta come balsamo benefico per migliorarci, per tonificarci e diventare più forti, più incisivi, più letali per il nemico. In questa maniera il TESTIMONE si moltiplica, si fa armata e porta il nemico che il TESTIMONE l’ha soppresso, allo sconforto e su quel terreno dove inevitabilmente sarà sconfitto.

Darya è dunque il mio testimone e le sue “armi” io, a modo mio, le ho raccolte impegnandomi in un duello all’ultimo respiro.

Dopo averla ricordata come giovane donna andata oltre, ho subito risfoderato la sua spada, ovvero portato anima e cuore sul suo elaborato culturale.

Prossimamente, con la pubblicazione del suo terzo libro (centrato sulla dissertazione che pone a confronto il concetto di “confine” a quello di “frontiera”), potrete “sentire” questa spada roteare nell’aria e calare con micidiali fendenti sulla testa dell’“ultimo uomo” nietzscheano (“l’uomo più disprezzabile, quello che non sa più disprezzarsi”, “l’uomo impossibilitato a generare stelle”). Di questo testo di prossima pubblicazione vi offro in anteprima un brano estrapolato dalla Prefazione di Aleksandr Dugin.

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*Il discorso della frontiera*

Darya Dugina considerava la frontiera in modo multidimensionale.

Al primo livello, è l’area del contatto tra due civiltà. E qui sta la sua unicità, perché qui quasi impercettibilmente finisce una cosa e inizia un’altra. È un luogo dove tutto è possibile, dove i criteri rigorosi di una struttura sono sfocati e i contorni dell’altra non si sono ancora completamente manifestati. Darya, riflettendo sul destino della Novorossiya, gli eventi del 2014 e in particolare l’OSM, ha riconosciuto l’intera Ucraina come una frontiera unica. Questa è una terra indecisa e vacillante tra la Russia-Eurasia, che conosceva e sentiva fin dall’infanzia (essendo nata e cresciuta in una famiglia eurasiatica), e l’Europa stessa. L’Ucraina, letteralmente “periferia”, è proprio il nome russo della frontiera[.]. Non un confine come linea, ma un’intera striscia culturale intermedia. Dasha intendeva la parlata ucraina, la musica ucraina (in particolare le piaceva il gruppo folk “DakhaBrakha”) come il “discorso” della frontiera. Qui, le strutture russe si dissolvono gradualmente ed emerge il “discorso” polacco, persino con calchi linguistici austriaci o austro-ungarici. Dunque non qualcosa di indipendente, ma un passaggio, una zona crepuscolare tra due focolai di civiltà – russa e occidentale-europea. Se allarghiamo lo sguardo, anche l’Europa orientale nel suo insieme è una frontiera. C’è qualcosa che ci avvicina e qualcosa che li avvicina. Poiché Darya Dugina aveva una seria esperienza di incontro con la cultura francese, parlava perfettamente l’inglese e si sentiva a casa in Italia, aveva qualcosa con cui confrontarsi. Per lei l’Ucraina non era la zona del nemico, che doveva essere sconfitto ad ogni costo (per un russo, l’Ucraina non è mai stata tale), ma un confine pericoloso dove il bene si trasforma in male, i vicini in stranieri, l’amico in nemico, la verità in bugie – gradualmente, impercettibilmente, fluidamente. Come nel nastro di Möbius[.]: sei in Russia e vai in Ucraina, senza girare da nessuna parte, ma poi ti ritrovi, senza rendertene conto, di nuovo in Russia – e viceversa. Nel campo del nemico.

Molti hanno questo sogno ricorrente. Sei a casa tua, in uno spazio familiare, sul tuo territorio, ma impercettibilmente tutto inizia a cambiare e sei già circondato da stranieri, nemici, che cercano solo di ucciderti.