Il rapporto dell’ONU sui crimini delle autorità ucraine
Il 13° rapporto dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani in Ucraina tra il 16 novembre 2015 e il 15 febbraio 2016, sotto gli accordi di Minsk, è scioccante per Kiev. Secondo le Nazioni Unite, più di 3 milioni di persone vivono nelle zone direttamente colpite dal conflitto. Il numero esatto di persone che ha lasciato il territorio ucraino è ancora ignoto, anche se le stime di massima vanno da 800000 a 1000000 di persone. Il governo ucraino ha stimato che più di un milione di persone ha lasciato l’est dell’Ucraina per Russia, Bielorussia ed Europa. Questa cifra non corrisponde a quella del Servizio di migrazione federale russa, però: nel 2015, circa 4 milioni di ucraini hanno attraversato il confine, di cui quasi 2,6 stabilitisi in Russia. Più di un milione di persone è arrivato dal sud-est dell’Ucraina. I residenti delle regioni di Donetsk e Luqansk sono autorizzati a vivere liberamente in Russia. La discrepanza nelle cifre mostra chiaramente che l’Ucraina non è interessata ai suoi cittadini, sia nel Paese che all’estero. Ciò significa che uno degli obiettivi della campagna militare lanciata contro l’oriente del Paese è scacciare la popolazione dalla zona del conflitto, soprattutto verso la Russia. Dato che i profughi dalle repubbliche in Ucraina subiscono discriminazioni nell’accesso ai servizi pubblici, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, le autorità di Kiev non sembrano neanche volere i residenti del Donbas.
L’ONU afferma anche che coloro che vivono vicino alla linea di contatto (quasi 800000 persone) soffrono particolarmente, e la vita di queste persone è costantemente a rischio. La missione delle Nazioni Unite ritiene che l’assistenza ai residenti del Donbas sia insufficiente, anche calcolando i convogli umanitari dalla Russia, anche se è l’Ucraina che sopprime i programmi sociali introducendo anche il ‘blocco’ che, purtroppo, è tralasciato dal rapporto. L’ONU ritiene che il regime di autorizzazione introdotto dall’Ucraina e il disturbo causato dai posti di blocco rafforzino l’isolamento di chi vive nelle RPD e RPL. Code di 300-400 auto in attesa ai punti di controllo vengono osservate regolarmente e questo recentemente si è concluso in tragedia. Dato che in un punto di controllo ucraino non era aperto di notte, i civili in coda nelle auto di notte furono bersagliati dagli ucraini impiegando illegalmente armi pesanti (oltre i 122 mm), causando la morte di cinque persone, tra cui una gestante.
Nel periodo oggetto della relazione, le forze armate ucraine sono avanzate in zone popolate e numerosi attacchi contro le zone residenziali di Gorlovka, Shakhtarsk e Debaltsevo sono menzionati nella relazione. Dagli accordi di cessate il fuoco di Minsk (dal 15 febbraio 2015) vi sono state 843 vittime tra i civili, 235 morti (216 adulti e 19 bambini) e 608 feriti (554 adulti e 44 bambini). Allo stesso tempo, la missione ONU osserva che non sa attribuire alcune vittime alle parti del conflitto. Osserva, inoltre, che il numero reale di vittime e feriti sia superiore a quello indicato nel rapporto. Il numero di persone scomparse è particolarmente scioccante. La parte ucraina ha riportato 741 scomparsi, mentre la RPD ne ha registrato 420. Inoltre, la missione delle Nazioni Unite ha accertato che circa 1000 corpi negli obitori nel territorio controllato dal governo non sono ancora stati identificati. Ancora una volta i numeri accusano un governo ucraino che non bada alle persone. Il numero di persone che Kiev ha dichiarato scomparse è un terzo inferiore al numero dei corpi non identificati! E i dati ignorano anche i morti rimasti nelle zone delle ostilità; le operazioni di ricerca sono praticamente inesistenti. Come il rapporto delle Nazioni Unite afferma, non c’è nemmeno un meccanismo volto a raccogliere le dichiarazioni dei parenti degli scomparsi.
La missione delle Nazioni Unite non ha neanche preso in considerazione il numero di tombe di ignoti nei cimiteri. La stragrande maggioranza degli scomparsi non va cercato nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk, ma tra le migliaia di corpi sepolti in silenzio o ancora negli obitori. E’ possibile che il numero ufficiale di coloro che non torneranno mai più sia enormemente sottovalutato. Gli sforzi ucraini volti a cercare ed identificare gli uccisi e gli scomparsi vengono indicati nel rapporto delle Nazioni Unite con la parola “inazione”. Kiev non può ammettere di evitare le responsabilità attuando segretamente la politica dei “corpi non identificati” e suggerendo ai parenti che gli scomparsi sono prigionieri dei ‘separatisti’ di RPD e RPL. Il rapporto ammette che alcuni scomparsi siano vivi, ma detenuti in centri di detenzione segreti nelle repubbliche o nel territorio ucraino. La missione delle Nazioni Unite ha finalmente capito che prigioni segrete e torture in Ucraina sono un sistema parte dello Stato e della sua politica. Delle 1925 indagini penali per accuse di torture nel 2015, 1450 sono chiuse. Il rapporto è anche l’ennesima testimonianza che non si tratta di una guerra civile, ma di una guerra tra chi ha preso il potere con un colpo di Stato militare e il popolo dell’Ucraina, una guerra ipocritamente indicata come ‘operazione antiterrorismo’. Come notato nel rapporto, “nel Paese, l’OHCHR continua a ricevere denunce di sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie e in isolamento, torture e maltrattamenti di persone accusate dalle autorità ucraine di ‘violazione dell’integrità territoriale’, ‘terrorismo’ o accuse correlate; individui sospettate di essere membri o affiliati ai gruppi armati”. Persone che non sono solo torturate ma anche detenute senza processo. A Slavjansk, per esempio, il seminterrato del liceo locale viene utilizzato per tale scopo. Una cantina utilizzata per torture ed esecuzioni sommarie fu scoperta dagli ispettori delle Nazioni Unite nel distretto di Izjum, Kharkov. Inoltre, “una rete di luoghi di detenzione non ufficiali, spesso situati nei seminterrati degli edifici regionali del SBU, è stata identificata”. Il SBU ha simili scantinati a Odessa e Kharkov. Nel febbraio 2016, 20-30 persone erano detenute nel seminterrato dell’edificio regionale del SBU di Kharkov, e la stragrande maggioranza dei prigionieri non era stata arrestata legalmente e non era accusata. Il rapporto rileva inoltre che il SBU strappa confessioni con la tortura, e a coloro che sottoscrivono le confessioni viene detto che dovrebbero lamentarsi, poiché le loro famiglie, compresi i figli, ne soffriranno. Il servizio di sicurezza dell’Ucraina indica tali metodi come uso “proporzionale” e “giustificato” della forza.
Il 13.mo rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani in Ucraina è apparso il 3 marzo 2016, ma solo ora la bomba mediatica è esplosa dopo un articolo sul Times in cui Ivan Simonovic, assistente del segretario generale delle Nazioni Unite per i diritti umani, parla del rapporto e anche di cinque prigioni segrete del SBU a cui una delegazione della sottocommissione delle Nazioni Unite sulla prevenzione della tortura non fu consentito l’accesso, spingendo la delegazione a troncare la visita in Ucraina… Il 13.mo rapporto distrugge completamente il mito delle migliaia di prigionieri nelle RPD e RPL. Non ve n’è traccia, nel febbraio 2016 la SBU diede alla missione delle Nazioni Unite una lista di 136 persone sospettate di essere detenute nelle repubbliche, ma non se ne sa nulla di sicuro. L’elenco delle autorità della RPD, tuttavia, è completamente diverso. “1110 persone sono state arrestate dal governo ucraino, tra cui 363 membri dei gruppi armati, 577 persone arrestate per le loro idee politiche e 170 civili che non hanno nulla a che fare con il conflitto”, dice il rapporto delle Nazioni Unite. Il SBU ha esagerato creando essenzialmente un sistema di campi di concentramento. Il rapporto delle Nazioni Unite paragona le azioni del SBU al sequestro di ostaggi. Era impossibile tacere lo scandalo, ma mentre tale regime esiste in Ucraina, le indagini sulle sue attività criminali seguiranno quelle sulla strage del rogo di Odessa del 2 maggio 2014. Cioè i carnefici rimarranno liberi o agli arresti domiciliari, mentre le vittime sono imprigionate per anni.Il 13° rapporto dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani in Ucraina tra il 16 novembre 2015 e il 15 febbraio 2016, sotto gli accordi di Minsk, è scioccante per Kiev. Secondo le Nazioni Unite, più di 3 milioni di persone vivono nelle zone direttamente colpite dal conflitto. Il numero esatto di persone che ha lasciato il territorio ucraino è ancora ignoto, anche se le stime di massima vanno da 800000 a 1000000 di persone. Il governo ucraino ha stimato che più di un milione di persone ha lasciato l’est dell’Ucraina per Russia, Bielorussia ed Europa. Questa cifra non corrisponde a quella del Servizio di migrazione federale russa, però: nel 2015, circa 4 milioni di ucraini hanno attraversato il confine, di cui quasi 2,6 stabilitisi in Russia. Più di un milione di persone è arrivato dal sud-est dell’Ucraina. I residenti delle regioni di Donetsk e Luqansk sono autorizzati a vivere liberamente in Russia.
La discrepanza nelle cifre mostra chiaramente che l’Ucraina non è interessata ai suoi cittadini, sia nel Paese che all’estero. Ciò significa che uno degli obiettivi della campagna militare lanciata contro l’oriente del Paese è scacciare la popolazione dalla zona del conflitto, soprattutto verso la Russia. Dato che i profughi dalle repubbliche in Ucraina subiscono discriminazioni nell’accesso ai servizi pubblici, secondo il rapporto delle Nazioni Unite, le autorità di Kiev non sembrano neanche volere i residenti del Donbas. L’ONU afferma anche che coloro che vivono vicino alla linea di contatto (quasi 800000 persone) soffrono particolarmente, e la vita di queste persone è costantemente a rischio. La missione delle Nazioni Unite ritiene che l’assistenza ai residenti del Donbas sia insufficiente, anche calcolando i convogli umanitari dalla Russia, anche se è l’Ucraina che sopprime i programmi sociali introducendo anche il ‘blocco’ che, purtroppo, è tralasciato dal rapporto. L’ONU ritiene che il regime di autorizzazione introdotto dall’Ucraina e il disturbo causato dai posti di blocco rafforzino l’isolamento di chi vive nelle RPD e RPL. Code di 300-400 auto in attesa ai punti di controllo vengono osservate regolarmente e questo recentemente si è concluso in tragedia. Dato che in un punto di controllo ucraino non era aperto di notte, i civili in coda nelle auto di notte furono bersagliati dagli ucraini impiegando illegalmente armi pesanti (oltre i 122 mm), causando la morte di cinque persone, tra cui una gestante.
Nel periodo oggetto della relazione, le forze armate ucraine sono avanzate in zone popolate e numerosi attacchi contro le zone residenziali di Gorlovka, Shakhtarsk e Debaltsevo sono menzionati nella relazione. Dagli accordi di cessate il fuoco di Minsk (dal 15 febbraio 2015) vi sono state 843 vittime tra i civili, 235 morti (216 adulti e 19 bambini) e 608 feriti (554 adulti e 44 bambini). Allo stesso tempo, la missione ONU osserva che non sa attribuire alcune vittime alle parti del conflitto. Osserva, inoltre, che il numero reale di vittime e feriti sia superiore a quello indicato nel rapporto. Il numero di persone scomparse è particolarmente scioccante. La parte ucraina ha riportato 741 scomparsi, mentre la RPD ne ha registrato 420. Inoltre, la missione delle Nazioni Unite ha accertato che circa 1000 corpi negli obitori nel territorio controllato dal governo non sono ancora stati identificati. Ancora una volta i numeri accusano un governo ucraino che non bada alle persone. Il numero di persone che Kiev ha dichiarato scomparse è un terzo inferiore al numero dei corpi non identificati! E i dati ignorano anche i morti rimasti nelle zone delle ostilità; le operazioni di ricerca sono praticamente inesistenti. Come il rapporto delle Nazioni Unite afferma, non c’è nemmeno un meccanismo volto a raccogliere le dichiarazioni dei parenti degli scomparsi. La missione delle Nazioni Unite non ha neanche preso in considerazione il numero di tombe di ignoti nei cimiteri. La stragrande maggioranza degli scomparsi non va cercato nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk, ma tra le migliaia di corpi sepolti in silenzio o ancora negli obitori. E’ possibile che il numero ufficiale di coloro che non torneranno mai più sia enormemente sottovalutato. Gli sforzi ucraini volti a cercare ed identificare gli uccisi e gli scomparsi vengono indicati nel rapporto delle Nazioni Unite con la parola “inazione”. Kiev non può ammettere di evitare le responsabilità attuando segretamente la politica dei “corpi non identificati” e suggerendo ai parenti che gli scomparsi sono prigionieri dei ‘separatisti’ di RPD e RPL. Il rapporto ammette che alcuni scomparsi siano vivi, ma detenuti in centri di detenzione segreti nelle repubbliche o nel territorio ucraino. La missione delle Nazioni Unite ha finalmente capito che prigioni segrete e torture in Ucraina sono un sistema parte dello Stato e della sua politica. Delle 1925 indagini penali per accuse di torture nel 2015, 1450 sono chiuse. Il rapporto è anche l’ennesima testimonianza che non si tratta di una guerra civile, ma di una guerra tra chi ha preso il potere con un colpo di Stato militare e il popolo dell’Ucraina, una guerra ipocritamente indicata come ‘operazione antiterrorismo’. Come notato nel rapporto, “nel Paese, l’OHCHR continua a ricevere denunce di sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie e in isolamento, torture e maltrattamenti di persone accusate dalle autorità ucraine di ‘violazione dell’integrità territoriale’, ‘terrorismo’ o accuse correlate; individui sospettate di essere membri o affiliati ai gruppi armati”. Persone che non sono solo torturate ma anche detenute senza processo. A Slavjansk, per esempio, il seminterrato del liceo locale viene utilizzato per tale scopo. Una cantina utilizzata per torture ed esecuzioni sommarie fu scoperta dagli ispettori delle Nazioni Unite nel distretto di Izjum, Kharkov. Inoltre, “una rete di luoghi di detenzione non ufficiali, spesso situati nei seminterrati degli edifici regionali del SBU, è stata identificata”. Il SBU ha simili scantinati a Odessa e Kharkov. Nel febbraio 2016, 20-30 persone erano detenute nel seminterrato dell’edificio regionale del SBU di Kharkov, e la stragrande maggioranza dei prigionieri non era stata arrestata legalmente e non era accusata. Il rapporto rileva inoltre che il SBU strappa confessioni con la tortura, e a coloro che sottoscrivono le confessioni viene detto che dovrebbero lamentarsi, poiché le loro famiglie, compresi i figli, ne soffriranno. Il servizio di sicurezza dell’Ucraina indica tali metodi come uso “proporzionale” e “giustificato” della forza.
Il 13.mo rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani sulla situazione dei diritti umani in Ucraina è apparso il 3 marzo 2016, ma solo ora la bomba mediatica è esplosa dopo un articolo sul Times in cui Ivan Simonovic, assistente del segretario generale delle Nazioni Unite per i diritti umani, parla del rapporto e anche di cinque prigioni segrete del SBU a cui una delegazione della sottocommissione delle Nazioni Unite sulla prevenzione della tortura non fu consentito l’accesso, spingendo la delegazione a troncare la visita in Ucraina… Il 13.mo rapporto distrugge completamente il mito delle migliaia di prigionieri nelle RPD e RPL. Non ve n’è traccia, nel febbraio 2016 la SBU diede alla missione delle Nazioni Unite una lista di 136 persone sospettate di essere detenute nelle repubbliche, ma non se ne sa nulla di sicuro. L’elenco delle autorità della RPD, tuttavia, è completamente diverso. “1110 persone sono state arrestate dal governo ucraino, tra cui 363 membri dei gruppi armati, 577 persone arrestate per le loro idee politiche e 170 civili che non hanno nulla a che fare con il conflitto”, dice il rapporto delle Nazioni Unite. Il SBU ha esagerato creando essenzialmente un sistema di campi di concentramento. Il rapporto delle Nazioni Unite paragona le azioni del SBU al sequestro di ostaggi. Era impossibile tacere lo scandalo, ma mentre tale regime esiste in Ucraina, le indagini sulle sue attività criminali seguiranno quelle sulla strage del rogo di Odessa del 2 maggio 2014. Cioè i carnefici rimarranno liberi o agli arresti domiciliari, mentre le vittime sono imprigionate per anni.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora