LA QUARTA TEORIA POLITICA (introduzione)
Fine del XX secolo : fine dell’era moderna
Il ventesimo secolo è finito, ma solo ora stiamo iniziando a rendercene conto. Il ventesimo secolo è stato il secolo delle ideologie. Se nei secoli precedenti nella vita dei popoli e delle società hanno avuto un ruolo enorme le religioni, le dinastie, le aristocrazie e gli stati nazionali, nel ventesimo secolo la politica si è trasferita su un piano puramente ideologico, ridisegnando la mappa del mondo, i gruppi etnici e le civiltà in una forma nuova. In parte, le ideologie politiche hanno incorporato in se stesse tendenze civilizzatrici precedenti e più profonde; in parte sono state completamente innovative.
Tutte le ideologie politiche, giunte al culmine della loro influenza e diffusione nel ventesimo secolo, sono state il prodotto dell’era moderna e hanno incarnato - sia pure in modi diversi e con simboli diversi - lo spirito della modernità.
Oggi stiamo abbandonando rapidamente l'era moderna. Pertanto, si parla sempre più spesso di “crisi delle ideologie”, persino di “fine delle ideologie”. È giunto il momento di affrontare con maggior attenzione questo argomento.
Le tre teorie politiche principali e il loro destino nel XX secolo
Le tre ideologie fondamentali del XX secolo sono state:
- il liberalismo (a destra e a sinistra);
- il comunismo (compreso il marxismo, il socialismo e la socialdemocrazia);
- il fascismo (inclusi il nazionalsocialismo e altre varianti della “terza via”: il sindacalismo nazionale di Franco, il giustizialismo di Peron, il regime di Salazar, ecc.).
Essi hanno lottato tra di loro fino alla morte, creando nella lotta tutta la drammatica e sanguinosa storia politica del ventesimo secolo.
È logico attribuire a queste ideologie (teorie politiche) numeri ordinali, in base sia al loro significato sia all'ordine in cui sono sorte.
La prima teoria politica è il liberalismo. Essa è apparsa per prima (nel XVIII secolo) e si è rivelata la più stabile e di successo, avendo infine sconfitto le ideologie avversarie nella storica battaglia del ventesimo secolo. Con questa vittoria ha anche dimostrato, tra le altre cose, la validità della sua pretesa di incarnare in modo completo l'eredità dell'Illuminismo. Oggi è chiaro: è il liberalismo che più di ogni altra teoria politica corrisponde all’era moderna. Anche se in precedenza è stata contestata (drammaticamente, attivamente, talvolta in modo convincente) da un’altra teoria politica: il comunismo.
È giusto indicare il comunismo (così come il socialismo in tutte le sue varianti) come la seconda teoria politica. Essa è apparsa più tardi del liberalismo, come reazione critica all’emergere del sistema borghese-capitalistico, l’espressione del quale era il liberalismo.
Infine, il fascismo è la terza teoria politica. Rivendicando la sua interpretazione dello spirito della modernità (molti ricercatori, in particolare Hannah Arendt , giustamente hanno indicato il totalitarismo come una delle forme politiche della modernità), il fascismo ha fatto appello anche alle idee e ai simboli della società tradizionale. In alcuni casi, questo ha dato luogo a eclettismo; in altri, all’aspirazione dei conservatori di condurre una rivoluzione, piuttosto che resisterle e portare la società nella direzione opposta (Arthur Moeller van den Bruck, D. Merežkovskij, ecc.).
Il fascismo è nato più tardi rispetto alle altre principali teorie politiche ed è scomparso prima. L’alleanza tra la prima e la seconda teoria politica insieme ai calcoli geopolitici suicidi di Hitler l’hanno sconfitta nel momento della sua ascesa iniziale. La terza teoria politica è morta “di morte violenta”, non ha visto la vecchiaia e la decomposizione naturale (a differenza dell’Unione Sovietica). Ecco perché questo fantasma vampiresco e sanguinario, ombrato dell’aura di “male del mondo”, è così attraente ai gusti decadenti della postmodernità e perché spaventa ancora l’umanità.
Il fascismo, scomparendo, ha lasciato spazio ad una battaglia tra la prima teoria politica e la seconda. Questa battaglia ha preso la forma della “Guerra Fredda” e ha creato la geometria strategica del “mondo bipolare” che è durata quasi mezzo secolo.
Nel 1991 la prima teoria politica (liberalismo) ha sconfitto la seconda (socialismo). Questo ha segnato il declino del comunismo mondiale.
Così, alla fine del XX secolo, delle tre teorie politiche in grado di mobilitare le vaste masse di tutto il pianeta, ne era rimasta solo una: quella liberale.
Ma quando è rimasta sola, tutti all’unisono hanno iniziato a parlare di “fine delle ideologie”. Perché?
La fine del liberalismo e il postliberalismo
La vittoria del liberalismo (la prima teoria politica) ha coinciso con la sua stessa fine. Sembrerebbe un paradosso, ma solo in apparenza. Il liberalismo inizialmente si è presentato come un’ideologia; non tanto dogmatica quanto il marxismo, ma non meno filosofica, sottile e lucida. Il liberalismo si è opposto ideologicamente al marxismo e al fascismo, conducendo contro di loro non solo una guerra tecnologica di sopravvivenza, ma difendendo il diritto di monopolizzare la formazione di un'immagine del futuro. Mentre le altre ideologie concorrenti erano in vita, il liberalismo si è rafforzato proprio come ideologia, cioè come un insieme di idee, opinioni e progetti caratteristici di un soggetto storico.
Ciascuna delle tre teorie politiche aveva il proprio soggetto.
Il soggetto del comunismo era la classe; il soggetto del fascismo era lo Stato (nel fascismo italiano di Mussolini) o la razza (nel nazionalsocialismo di Hitler). Nel liberalismo il soggetto era l’individuo, liberato da tutte le forme di identità collettiva, da qualsiasi “appartenenza” (l'appartenance).
Mentre la lotta ideologica ha avuto avversari formali, tutte le nazioni e le società (almeno teoricamente) potevano scegliere a quale soggetto rivolgersi: la classe, la razza/lo Stato o l’individuo. La vittoria del liberalismo ha risolto questo problema: l'individuo è diventato il soggetto normativo per tutta l'umanità.
È qui che nasce il fenomeno della globalizzazione, si manifesta il modello della società postindustriale, inizia l'era postmoderna. D’ora in poi, il soggetto individuale non è più il risultato di una scelta, ma una certa realtà universalmente vincolante. L’uomo viene liberato dalla “appartenenza”, l’ideologia dei “diritti umani” diventa generalmente accettata (almeno in teoria) e, di fatto, obbligatoria.
L’umanità, composta da individui, gravita naturalmente verso l’universalismo, diventa globale e integrata. Nasce così il progetto di “stato mondiale” e di "governo mondiale" (globalismo).
Un nuovo livello di sviluppo tecnologico consente di ottenere l'affrancamento dalle strutture di classe delle società industriali (postindustrialismo).
I valori del razionalismo, scientismo e del positivismo vengono riconosciuti come “forme velate di strategie repressive totalitarie” (grandi narrazioni) e vengono criticate, parallelamente ad una glorificazione della totale libertà e indipendenza dell’individuo da ogni fattore limitante, compresi la ragione, la morale, le identità (sociale, etnica, persino sessuale), la disciplina, ecc. (postmodernismo).
A questo stadio, il liberalismo cessa di essere la prima teoria politica, e diventa l’unica pratica post-politica. Viene la “fine della storia”; la politica è sostituita dall'economia (il mercato globale), gli stati e le nazioni sono coinvolte nel crogiolo della globalizzazione mondiale.
Dopo aver vinto, il liberalismo scompare, trasformandosi in qualcosa di totalmente diverso: nel postliberalismo. Esso non ha più una dimensione politica, non è più una questione di libera scelta, ma diventa una sorta di “destino” (da cui la tesi della società postindustriale: “l’economia come destino”).
Così, l’inizio del ventunesimo secolo coincide con la fine delle ideologie, più precisamente di tutte e tre. Esse hanno avuto esiti diversi: la terza teoria politica è stata distrutta nel periodo della sua "adolescenza", la seconda è morta di vecchiaia, la prima è degenerata trasformandosi in qualcosa di diverso: il postliberalismo, la “società del mercato globale”.
Ma in ogni caso, nella forma in cui tutte e tre le teorie politiche esistevano nel ventesimo secolo, non sono più adatte, efficaci o pertinenti. Esse non spiegano nulla e non ci aiutano a capire cosa sta accadendo e ad affrontare le sfide globali. Da questa constatazione segue la necessità di una quarta teoria politica.
La Quarta Teoria Politica come opposizione allo status quo
La Quarta Teoria Politica non apparirà spontaneamente. Essa potrebbe comparire o meno. La premessa affinché appaia è il dissenso: dissenso con il postliberalismo come prassi universale, con la globalizzazione, con la postmodernità, con la “fine della storia”, con lo status quo, con lo sviluppo inerziale dei processi fondamentali di civilizzazione agli albori del ventunesimo secolo.
Lo status quo e l’inerzia generalmente non implicano alcuna teoria politica. Il mondo globale dovrebbe essere governato solo dalle leggi economiche e dalla morale universale dei “diritti umani”. Tutte le decisioni politiche sono sostituite da quelle tecniche. La tecnica e la tecnologia sostituiscono tutto il resto (il filosofo francese Alen De Benoist definisce tutto ciò “la gouvernance”). Il posto dei politici che prendono decisioni storiche è occupato da manager e tecnici che ottimizzano la gestione della logistica. Le masse di persone sono equiparate ad una singola massa di oggetti individuali. Pertanto, la realtà postliberale (più precisamente, la virtualità, la realtà sempre più distanziatasi dalla realtà) conduce direttamente alla completa abolizione della politica.
Si potrebbe obiettare che i liberali “mentono” quando parlano di “fine delle ideologie” (questa era la mia polemica con il filosofo A. Zinoviev), che di fatto essi rimangono fedeli alla loro ideologia e negano semplicemente il diritto all'esistenza di tutto il resto. Questo non è del tutto vero. Quando il liberalismo da orientamento ideologico diventa l’unico contenuto della realtà sociale e tecnologica a disposizione, non è più un'“ideologia”, diventa un fatto esistenziale, un ordine “oggettivo” delle cose che non è solo difficile mettere in discussione, ma assurdo. In epoca postmoderna, il liberalismo passa dalla sfera del soggetto alla sfera dell’oggetto. Questo in futuro porterà ad una completa sostituzione della realtà con la virtualità.
La Quarta Teoria Politica è concepita come un’alternativa al postliberalismo; non come un'impostazione ideologica contro un'altra impostazione ideologica, ma come un'idea che contrasta con la materia, come il possibile che entra in conflitto con il reale, come un non ancora esistente che intraprende una lotta con il già esistente.
Allo stesso tempo, la Quarta Teoria Politica non può essere una continuazione della seconda o della terza teoria politica. La fine del fascismo, così come la fine del comunismo, non sono state solo un equivoco accidentale, ma l’espressione della chiara logica della storia. Essi hanno sfidato lo spirito della modernità (il fascismo apertamente, il comunismo in maniera velata - vedi la considerazione di M. Agursky o di S. Kara-Murza del periodo sovietico come una speciale versione escatologica della società tradizionale) e hanno perso.
Ciò significa che la lotta contro la metamorfosi postmoderna del liberalismo sotto forma di postmodernismo e globalismo deve essere qualitativamente diversa, basata su nuovi principi e deve proporre nuove strategie.
Tuttavia, il punto di partenza di questa ideologia — possibile, ma non garantito, non fatale, non predeterminato; derivante dalla libera volontà dell’uomo, del suo spirito, e non da processi storici impersonali — è proprio il rifiuto dell’essenza stessa del postmoderno.
Comunque, questa essenza (così come la ragione fondamentale sottostante alla modernità stessa, inizialmente non evidente, che ha così pienamente realizzato il suo contenuto, che ha esaurito le sue possibilità interne e si è ironicamente ridotta al riciclaggio delle fasi precedenti) è qualcosa di completamente nuovo, sconosciuto in precedenza, e solo intuitivamente e in parte previsto durante le precedenti fasi della storia ideologica e della battaglia ideologica.
La Quarta Teoria Politica è una “crociata” contro:
- la postmodernità;
- la società postindustriale;
- il pensiero liberale realizzato in pratica;
- il globalismo e le sue fondamenta logistiche e tecnologiche.
Mentre la terza teoria politica ha criticato il capitalismo da destra e la seconda teoria lo ha criticato da sinistra, nella nuova fase queste vecchie topografie politiche non esistono più: in relazione al postliberalismo è impossibile determinare dove sia la sinistra e dove la destra. Vi sono solo due posizioni: consenso (centro), dissenso (periferia).
La Quarta Teoria Politica è la concentrazione in un progetto condiviso e in un impulso comune di tutto ciò che è stato scartato, rovesciato e degradato durante la costruzione della “società dello spettacolo” (postmodernità).
“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra angolare” (Marco 12,10).
Il filosofo Aleksandr Sekatsky sottolinea giustamente l’importanza dei “marginalia” per la formazione di una nuova concezione filosofica, suggerendo come metafora l’espressione della “metafisica degli scarti”.
La battaglia per la postmodernità
La Quarta Teoria Politica affronta la reincarnazione di un vecchio nemico. Essa sfida il liberalismo come la seconda e la terza teoria politica nel passato, ma lo sfida in una nuova condizione. La novità principale di questa condizione sta nel fatto che, delle tre principali ideologie politiche, solo il liberalismo ha mantenuto il diritto all’eredità dello spirito della modernità ed ha ottenuto il diritto di formare la “fine della storia” sulla base dei suoi presupposti.
La fine della storia poteva teoricamente essere diversa: un “Reich planetario” (nel caso di vittoria dei nazisti), un “comunismo mondiale” (se i comunisti avessero avuto ragione). Ma la “fine della storia” si è rivelata essere liberale (il filosofo A. Kojeve è stato uno dei primi ad averlo valutato correttamente, quindi le sue idee sono state utilizzate da Fukuyama). Ma se è così, allora ogni richiamo alla modernità e alle sue varianti, a cui in diversa misura i rappresentanti della seconda (in misura maggiore) e della terza teoria politica fanno appello, perde la sua rilevanza. Essi hanno perso la battaglia per la modernità (vinta dai liberali). Pertanto, il tema della modernità (così come, tra l'altro, della modernizzazione) non è più all’ordine del giorno. Ora ha inizio la battaglia per il postmodernismo.
Ed è qui che si aprono nuove prospettive alla Quarta Teoria Politica. Quella postmodernità attualmente in corso di attuazione (postmodernità postliberale), annulla essa stessa la rigorosa logica della modernità — dopo che l’obiettivo è stato raggiunto, i passi fatti per raggiungerlo perdono il loro significato. La pressione del corpus ideologico diventa più blanda. La dittatura delle idee è sostituita dalla dittatura delle cose, dai codici di accesso (login-passwords), dai codici a barre. Nel tessuto della realtà postmoderna nascono nuovi buchi.
A suo tempo la terza teoria politica e la seconda teoria politica (intesa come una versione escatologica del tradizionalismo) hanno cercato di “cavalcare la modernità” nella loro lotta con il liberalismo (la prima teoria politica); oggi c’è la possibilità di fare qualcosa di simile con il postmoderno, sfruttando questi “nuovi buchi” nel tessuto della postmodernità.
Contro le dirette alternative ideologiche, il liberalismo ha sviluppato mezzi perfettamente efficaci, e su questi si è basata la sua vittoria. Ma proprio questa vittoria comporta il rischio più grande per il liberalismo. È necessario solo individuare i nuovi punti vulnerabili per il nuovo sistema globale, per decifrare i codici di accesso al fine di hackerare il sistema. O almeno provarci. Gli eventi dell’11 settembre a New York dimostrano che è possibile anche tecnologicamente. La società della rete può dare qualcosa anche ai suoi più convinti avversari.
In ogni caso, è necessario innanzitutto comprendere la postmodernità e la nuova situazione, non meno profondamente di quanto Marx abbia compreso la struttura del capitalismo industriale.
Dalla postmodernità, dall'eliminazione del programma dell'Illuminismo e dall'insorgenza della società dei simulacri, la Quarta Teoria Politica deve trarre la sua "oscura ispirazione", percependo tutto ciò come un incentivo alla lotta, e non come un qualcosa di predestinato.
Da questo si possono trarre alcune conclusioni pratiche sulla struttura della Quarta Teoria Politica.
Ripensare il passato e i vinti
Se la seconda e la terza teoria politica sono inaccettabili come punti di partenza per opporsi al liberalismo, soprattutto nel modo in cui esse stesse si sono concepite, cosa hanno favorito e come hanno agito, nulla impedisce di ripensare il fatto stesso della loro sconfitta come qualcosa di positivo. Poiché la logica della storia dell'era moderna ci ha portato alla postmodernità, il postmoderno era l'essenza segreta dell'era moderna, che si è svelata solo alla fine.
La seconda e la terza teoria politica si sono concepite come contendenti per l'espressione dello spirito della modernità. E in questa contesa hanno fallito miseramente. Tutto ciò che è collegato a queste ingiustificate intenzioni nelle precedenti ideologie, è meno interessante agli occhi dei fautori della Quarta Teoria Politica. Ma il fatto stesso che hanno perso, dovrebbe essere attribuito alle loro virtù piuttosto che ai loro difetti. Avendo perso, hanno dimostrato con quella stessa sconfitta di non appartenere allo spirito della modernità, che a sua volta si è trasformata in una matrice postliberale. E questo è il loro vantaggio. Inoltre, ciò significa che i rappresentanti della seconda e terza teoria politica - consapevolmente o inconsapevolmente - si trovavano al fianco della Tradizione, sebbene non ne avessero tratto le necessarie conclusioni o non lo avessero riconosciuto.
La seconda e la terza teoria devono essere ripensate, separando in esse ciò che deve essere scartato da ciò che ha valore in sé. Come ideologie finite, complete, che insistono letteralmente su loro stesse, sono completamente inadeguate - sia teoricamente che praticamente - ma alcuni elementi marginali che non si sono realizzati e sono stati lasciati ai margini o nell'ombra (ricordiamo ancora la "metafisica degli scarti") possono inaspettatamente presentarsi estremamente preziosi e ricchi di significato e intuizioni.
In ogni caso la seconda e la terza teoria politica devono essere ripensate in una nuova chiave, da nuove posizioni, ma solo dopo aver rifiutato la fede in quei costrutti ideologici su cui si è retta la loro "ortodossia". L'ortodossia è il loro tratto meno interessante e meno utile. Un approccio più produttivo sarebbe la loro lettura incrociata: "Marx attraverso una visione positiva dalla destra" o "Evola attraverso una visione positiva da sinistra". Ma una così affascinante impresa "nazional-bolscevica" (nello spirito di N. Ustryalov or E. Niekisch) non è sufficiente in quanto l'unione meccanica della seconda e della terza teoria politica non ci porterà da nessuna parte. Solo retrospettivamente saremo in grado di delineare la loro area comune, che è stata duramente contrapposta al liberalismo. Questo esercizio metodologicamente prezioso è utile come un riscaldamento prima della piena elaborazione della Quarta Teoria Politica.
Una lettura veramente importante e decisiva della seconda e terza teoria politica è possibile solo sulla base di una già esistente Quarta Teoria Politica, dove il principale oggetto - sebbene radicalmente negato come valore! - è il postmoderno con i suoi presupposti: la pace globale, la gouvernance, la società di mercato, l'universalismo dei diritti umani, il "reale dominio del capitale", ecc.
Il ritorno della Tradizione e della Teologia
La tradizione (religione, gerarchia, famiglia) e i suoi valori sono stati rovesciati all'alba della modernità. In realtà, tutte e tre le teorie politiche sono state concepite come costruzioni ideologiche artificiali degli uomini, comprendendo (in modi diversi) "la morte di Dio" ( F. Nietzsche ), il "disincanto del mondo" ( M. Weber ), "la fine del sacro". Questo era il cuore della modernità: l'uomo al posto di Dio; la filosofia e la scienza in luogo della religione; i costrutti razionali, volitivi e tecnologici al posto della Rivelazione.
Ma se la modernità si esaurisce nel postmoderno, insieme con ciò termina la "teomachia" (la battaglia diretta contro Dio). Gli uomini della postmodernità non sono ostili alla religione, ma piuttosto sono indifferenti ad essa. Inoltre, alcuni aspetti della religione - di solito legati alle regioni dell'inferno (la "struttura demoniaca" dei filosofi postmoderni) - sono abbastanza attraenti. In ogni caso, l'epoca della persecuzione della Tradizione è finita, anche se, secondo la logica del postliberalismo, questo probabilmente porterà alla creazione di una nuova pseudo-religione mondiale basata su frammenti disparati di culti sincretici, uno sfrenato e caotico ecumenismo, e sulla "tolleranza". E sebbene questo stato di cose sia in qualche modo più spaventoso del semplice ateismo e del materialismo dogmatico, l'indebolimento della persecuzione della fede può essere un'opportunità, se i fautori della Quarta Teoria Politica saranno coerenti e intransigenti nella difesa degli ideali e valori della Tradizione.
Ciò che è stato bandito dalla modernità, oggi può essere coraggiosamente affermato come programma politico. E ciò non sarà più visto in modo così ridicolo e fallimentare come una volta, in quanto tutto nella postmodernità sembra ridicolo e fallimentare, compresi i suoi aspetti più "glamour": non è un caso che gli eroi postmoderni siano "freaks", "mostri", "travestiti" e "degenerati" - questo è lo stile. Sullo sfondo dei clown mondiali, niente e nessuno sembrerà "troppo arcaico" - neanche le persone della Tradizione che ignorano gli imperativi della vita moderna. La validità di questa affermazione è dimostrata non solo dagli importanti successi del fondamentalismo islamico, ma anche dalla crescita dell'influenza di sette protestanti estremamente arcaiche (dispensazionalisti, mormoni, ecc.) sulla politica degli Stati Uniti (Bush ha iniziato la guerra in Iraq perché, nelle sue parole, «Dio mi ha detto di colpire l'Iraq» - cosa del tutto in linea con lo spirito dei predicatori protestanti metodisti).
Quindi, la Quarta Teoria Politica può tranquillamente richiamarsi a ciò che ha preceduto la modernità, traendovi ispirazione. Il riconoscimento della "morte di Dio" cessa di essere un "imperativo categorico" per coloro che vogliono restare rilevanti. Gli uomini della postmodernità sono già così assuefatti a questo evento che non riescono più a comprendere appieno - «chi dite che è morto?». Ma i fautori della Quarta Teoria Politica possono ugualmente scordarsi di questo "evento" - «crediamo in Dio, ma ignoriamo coloro che insegnano la sua morte così come ignoriamo i discorsi dei folli».
Così la teologia ritorna, e diventa un elemento importante della Quarta Teoria Politica. Col ritorno della teologia, la postmodernità (globalizzazione, postliberalismo, società postindustriale) è facilmente riconoscibile come il "regno dell'Anticristo" (o dei suoi analoghi nelle altre religioni - "Dajal" per i musulmani, "Erev Rav" per gli ebrei, "Kali-Yuga" per gli indù, ecc.). Questa non è solo una metafora mobilitante per le masse; è un fatto religioso, il fatto dell'Apocalisse.
Mito e arcaismo nella Quarta Teoria Politica
Se per la Quarta Teoria Politica l'ateismo della modernità cessa di essere qualcosa di obbligatorio, allora anche la teologia delle religioni monoteiste, che ha sostituito a suo tempo altri culti sacri, non sarà la verità ultima (o meglio, potrebbe esserlo, ma potrebbe anche non esserlo). Teoricamente, nulla limita la profondità di trattamento degli antichi, arcaici valori che, appropriatamente identificati e compresi, possono occupare un posto definito nella nuova costruzione ideologica. Liberi dalla necessità di sviluppare la teologia sotto il razionalismo della modernità, i fautori della Quarta Teoria Politica possono trascurare totalmente gli elementi teologici e dogmatici che nelle società monoteiste (in particolare nelle fasi finali) sono stati colpiti dal razionalismo, il che, per inciso, ha portato alla rovina della cultura cristiana in Europa all'inizio nel deismo, e più tardi nell'ateismo e nel materialismo, nel corso di un progressivo sviluppo del programma dell'era moderna.
Non solo i simboli più elevati e saggi della Fede possono essere ripresi nuovamente, come uno scudo, ma anche quei momenti irrazionali di culti, riti e leggende che hanno confuso i teologi nelle epoche precedenti. Se rifiutiamo l'idea di progresso, come insita nell'era moderna (che, come abbiamo visto, si è conclusa), allora tutto ciò che è più antico acquisisce per noi un valore e una credibilità per il semplice fatto di essere più antico. Antico significa buono. E più antico è, meglio è.
La più antica delle creazioni è il paradiso. I fautori della Quarta Teoria Politica devono adoperarsi per la sua riscoperta nel futuro.
Heidegger e “l’Evento”
Infine, è possibile definire il fondamento più profondo - ontologico! - della Quarto Teoria Politica. Non stiamo parlando della teologia e della mitologia, ma della profonda esperienza filosofica del pensatore che ha fatto un tentativo unico di costruire un'ontologia fondamentale: la più generale, paradossale e profonda dottrina sull'Essere. Si tratta di Martin Heidegger.
In breve, l'idea di Heidegger è la seguente. All'alba del pensiero filosofico, gli uomini (più precisamente gli europei, ancor più precisamente i greci) hanno posto la questione dell'Essere al centro della loro attenzione. Ma tematizzandolo, hanno corso il rischio di essere confusi dalle sfumature di una complessa relazione tra l'Essere e il pensare, tra l'Essere puro (Seyn) e la sua espressione nell'esistenza (Seiende), tra l'Essere-nel-mondo dell'essere umano (Dasein) e l'Essere-in-sé (Sein). Questo errore si riscontra già nell'insegnamento di Eraclito su physis e logos; in seguito si vede chiaramente con Parmenide, e infine con Platone, che ponendo le idee tra l'uomo e le cose sensibili e la verità definita come corrispondenza alle idee (teoria referenziale della conoscenza), raggiunge il suo culmine. Da qui nasce l'alienazione, che porta progressivamente alla comparsa del "pensiero calcolante", e poi allo sviluppo della tecnica. Poco a poco, l'uomo perde di vista il puro Essere e si incammina sulla strada che porta al nichilismo. L'essenza della tecnica (basata sul rapporto tecnico con il mondo) esprime questo nichilismo costantemente in aumento. Nella modernità, questa tendenza raggiunge il suo culmine - lo sviluppo tecnico (Ge-stell) spodesta infine l'Essere ed eleva al trono "niente". Heidegger disprezzava ferocemente il liberalismo, considerandolo un'espressione del "pensiero calcolante" che era alla base del "nichilismo occidentale".
La postmodernità, che Heidegger non ha fatto in tempo a vedere, è in ogni senso l'oblio finale dell'Essere, la "mezzanotte", dove il nulla (nichilismo) inizia ad emergere da tutte le fessure.
Ma la filosofia di Heidegger non era disperatamente pessimista. Credeva che il nulla è il lato opposto del puro Essere, che - in modo così paradossale! - ricorda all'umanità di se stessa. E se decifriamo correttamente la logica dello sviluppo dell'Essere, allora l'umanità pensante può salvare se stessa, alla velocità della luce, nel momento stesso in cui il rischio sarà massimo. "Dove c'è il rischio maggiore, lì c'è la salvezza", afferma Heidegger citando la poesia di Hölderlin.
Heidegger chiama questo improvviso ritorno dell'Essere con un termine speciale: Ereignis, "l'Evento". Esso si verifica esattamente nel mezzo della mezzanotte del mondo, nel punto più scuro della storia.
Lo stesso Heidegger esitava costantemente per quanto riguarda la questione se quel punto fosse stato raggiunto o "non ancora". L'eterno "non ancora" ...
Per la Quarta Teoria Politica, la filosofia di Heidegger può rivelarsi l'asse principale su cui tutto il resto sarà incardinato - dal ripensamento della seconda e terza teoria politica al ritorno della teologia e della mitologia.
Così, al centro della Quarta Teoria Politica, come centro magnetico, si colloca il vettore diretto verso l'Ereignis ("l'Evento"), in cui avrà luogo il trionfale ritorno dell'Essere proprio nel momento in cui l'umanità lo ignorerà completamente e irrevocabilmente - al punto che le sue ultime tracce evaporeranno.
La Quarta Teoria Politica e la Russia
Oggi molti intuiscono che non c'è spazio per la Russia nel "nuovo mondo meraviglioso" del globalismo mondiale, della postmodernità e del postliberalismo. Non solo, lo "stato mondiale" e il governo mondiale stanno gradualmente abolendo tutti gli stati nazionali. Il punto è che tutta la storia russa è una contesa dialettica con la cultura occidentale e l'Occidente, la battaglia per l'affermazione della propria (a volte colta solo intuitivamente) verità russa, la sua idea messianica, la sua versione della "fine della storia", in qualsiasi modo sia stata espressa - attraverso l'ortodossia di Mosca, l'impero secolare di Pietro o la rivoluzione comunista mondiale. Le migliori menti russe hanno visto chiaramente che l'Occidente si stava muovendo verso l'abisso, e oggi, guardando dove l'economia neoliberale e la cultura postmoderna hanno portato il mondo, possiamo vedere chiaramente che questa intuizione, che ha spinto intere generazioni del popolo russo a trovare un'alternativa, era perfettamente giustificata.
La crisi economica globale attuale è solo l'inizio. Il peggio deve ancora venire. L'inerzia dei processi postliberali è tale che è impossibile cambiarne il corso; la "tecnologia emancipata" (O. Spengler) per salvare l'Occidente cercherà mezzi sempre più efficaci, ma puramente tecnici. Questo è un nuovo stadio dell'offensiva del Ge-stell, la diffusione della macchia nichilistica del mercato mondiale a tutto il pianeta. Muovendosi da una crisi all'altra, da una bolla all'altra (migliaia di americani manifestano con lo slogan "Dacci una nuova bolla!" - non potrebbero essere più sinceri), l'economia globalista e le strutture della società postindustriale rendono la notte dell'umanità sempre più nera; così nera che, gradualmente, dimentichiamo che è notte. "Che cosa è la luce?" si chiede la gente, senza averla mai vista.
È chiaro che la Russia dovrebbe andare in un'altra direzione. La propria. Ma è proprio qui la questione. Divergere dalla logica del postmodernismo in un "singolo paese" è praticamente impossibile. Il modello sovietico è crollato (questo era il crollo della seconda teoria politica). Dopo di che, la situazione ideologica è cambiata in modo irreversibile, così come l'equilibrio strategico del potere. Affinché la Russia possa salvare se stessa e salvare gli altri, non è sufficiente pensare ad un qualche mezzo tecnico o ad espedienti ingannevoli. La storia del mondo ha una sua logica. E la "fine delle ideologie" non è un fallimento accidentale, ma l'inizio di una nuova fase. Apparentemente, l'ultima.
In una simile situazione, il futuro della Russia dipende dai nostri sforzi per lo sviluppo di una Quarta Teoria Politica. Finché sceglieremo tra opzioni "locali" che il regime della globalizzazione ci offre, con solo una correzione superficiale dello status quo, non andremo lontano; perderemo solamente tempo. La sfida della postmodernità è estremamente importante: è radicata nella logica dell'oblio dell'Essere, nel ritiro dell'umanità dalle sue origini esistenziali (ontologiche) e spirituali (teologiche).
Non è possibile rispondere con sfavillanti innovazioni o surrogati di pubbliche relazioni. Pertanto, per risolvere i problemi più pressanti - la crisi economica mondiale, il contrasto a un mondo unipolare, la conservazione e il rafforzamento della sovranità, ecc. - dobbiamo rivolgerci alle fondamenta filosofiche della storia, per fare uno sforzo metafisico.
È difficile dire come procederà lo sviluppo di questa teoria. Solo una cosa è chiara: questa non può essere una questione individuale o l'impresa di un cerchio ristretto di persone. Lo sforzo dovrà essere universale, collettivo. E in questo contesto possiamo essere d'aiuto ai rappresentanti di altre culture e popoli (sia in Europa che in Asia) che sono altrettanto consapevoli della tensione escatologica del momento presente e che stanno cercando disperatamente una via d'uscita dal vicolo cieco globale.
Ma si può affermare già da ora che la Quarta Teoria Politica, basata sul rifiuto dello status quo nelle sue dimensioni pratiche e teoriche, nella sua versione russa sarà orientata all'“Ereignis russo”, a quell'“evento” - unico e irripetibile - per cui molte generazioni di russi hanno vissuto e atteso dalle origini del nostro popolo fino all'offensiva in corso nei tempi recenti.
Translator: Donato Mancuso