La profonda correlazione tra uniformazione ideologica e degradazione estetica

20.11.2023

Proprio nel momento in cui la Disney finisce sotto tiro finanche del "fuoco amico" - cioè viene attaccata da testate mainstream come Wired e Huffington Post - ci tengo a fare una precisazione rispetto a quanto da me scritto due giorni fa.

Ritengo che l'assoggettamento della produzione culturale alla propaganda ideologica sia la causa - il primo motore - della lunga sequenza di flop che, negli ultimi due anni, ha investito il genere dei cinecomic.

Questo non significa, però, che la disaffezione del pubblico sia direttamente collegata a un rigetto dell'ideologia woke professata dagli studios.

Suddetta disaffezione deriva, invece e in larghissima misura, dal trovarsi di fronte a produzioni dalla sceneggiatura sempre più raffazzonata, personaggi sempre meno coinvolgenti, nonché serie tv che raccontano in dieci ore una trama di corto respiro che sarebbe stata tranquillamente strutturabile in un'ora e mezza.

Questo dato, però, impone la seguente domanda: in che misura l'uniformazione ideologica è causa dell'abbassamento qualitativo a livello estetico-formale?

Ebbene, credo che la risposta a questa domanda indichi un forte nesso causale tra i due aspetti.

Senza bisogno di prodigarsi ora in una lista enciclopedica di esempi, anche a livello di buon senso dovrebbe risultare evidente che la propaganda - di qualsiasi tipo e colore - impone alle arti un principio di strumentalità, di semplificazione e di uniformazione. Con l'assoggettamento del linguaggio artistico alla propaganda, cioè, spariscono gli stili, spariscono le poetiche e, in sintesi, sparisce tutto ciò che possa essere qualificato come "originalità". Con l'assoggettamento alla propaganda, insomma, abbiamo la netflixizzazione della produzione culturale: quest'ultima diviene cioè un insieme monocolore e monogusto dominato da una sorta di "aurea mediocritas" onnipervasiva e azzerante ogni tratto stilisitico e autoriale. 

In questo senso, possiamo quindi enunciare la tesi che il pubblico si sia disaffezionato ai cinecomic a causa delle conseguenze estetiche dell'asservimento di questi ultimi a un'ideologia, non a causa d'una reazione di rigetto verso quella specifica ideologia.

Un certo rigetto ideologico, d'altro canto, possiamo dire che covi sottotraccia, ma esso si manifesta - come nel caso del fallimento, presso l'opinione pubblica, della propaganda NATO sulla guerra russo-ucraina - più come passivo disinteresse che come opposizione attiva e cosciente.

A riprova di quanto affermo, forse sarebbe bene ricordare il film campione d'incassi del 2023, ovvero Barbie.

Credo nessuno possa contestare che quello sia un film all'insegna dell'estremismo woke più forsennato ma, nondimeno, Barbie è stato un film che - a differenza degli ultimi cinecomic Marvel e DC - ha saputo mettere in campo elementi d'innovazione stilistico-estetica. Grazie a tali elementi, un film di propaganda woke ha trovato consenso di massa oltre ogni aspettativa.

Quindi, tanto sul piano politico quanto su quello culturale, è bene andarci piano con l'affermare che sia imminente un tracollo dell'ideologia dominante: quest'ultima lavora sui tempi lunghi e, da quel punto di vista, i suoi promotori sono mossi dalla convinzione fanatica che, alla fine - al netto di eventuali battute d'arresto - l'umanità intera finirà con l'adeguarsi ai dettami trasngenderisti e dintorni.

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