Il VII Reggimento di linea "Real Africano" del Regno di Napoli. Seconda parte

13.02.2017

Come abbiamo visto alla fine della prima parte, i nostri protagonisti vennero trasferiti nella città partenopea dopo l’avvento di Giuseppe Bonaparte a Re di Napoli.

Vista la difficoltà di costituire una forza armata con truppe locali all’inizio del Decennio Francese l’esercito napoletano fu affiancato dalla più forte Armée de Naples, francese, e rafforzato con l’inserimento di reparti stranieri come i Pionniers, la cui unità assunse il nuovo nome di Corpo Real Africano.

Le nuove reclute, per quest’unità, furono prima costituite da nord africani e levantini e poi in misura sempre maggiore da napoletani, vista le difficoltà di arruolare truppe di colore nel Mediterraneo. 

Inizialmente la leva obbligatoria, introdotta nel 1807 per volontà del nuovo sovrano, non corrispose alle attese: furono creati solo due reggimenti di fanteria di linea, sul modello francese, con quattro battaglioni ciascuno a causa dell’insufficienza dei coscritti che risultarono essere seimila sui trentaduemila previsti. Queste unità furono subito impiegate lontane da Napoli: prima in Italia Settentrionale poi in Spagna, come rinforzi agli eserciti napoleonici. Nel frattempo il Corpo Real Africano prese parte alle misure anti brigantaggio in Calabria e zone limitrofe come supporto alle unità combattenti.

Giuseppe Bonaparte lasciò il Regno di Napoli nel maggio 1808, per diventare Re di Spagna, e il 20 giugno emanò dalla Spagna lo Statuto di Baiona, garantito da Napoleone, con il quale si davano precise garanzie politiche ai Napoletani. Intanto l’Imperatore nominava, il 15 luglio 1808, nuovo Re di Napoli e di Sicilia suo cognato Gioacchino Murat, che assunse il nuovo nome di Gioacchino Napoleone. Annesso allo Statuto vi era anche un Trattato di Baiona, che Murat aveva dovuto accettare per diventare Re, dove vi erano segnate i diversi obblighi che Napoli doveva assolvere verso Napoleone tra le quali vi era l’obbligo di dover contribuire alle guerre napoleoniche con un contingente di sedicimila fanti e duemilacinquecento cavalieri.

In tutto il periodo conosciuto come Decennio Francese, Napoli contribuì al potenziale militare napoleonico con non meno di centomila soldati e diecimila marinai. Inoltre circa un quinto dell’’esercito fu inviato all’estero, tra cui diversi galeotti e briganti spediti a combattere in Spagna, in modo da ottenere  i classici due piccioni con una fava: contribuire allo sforzo bellico napoleonico e liberare le carceri del Regno. 

Il 7 dicembre 1810 il Corpo Reale Africano divenne il 7° reggimento di fanteria di linea “Real Africano”, conosciuto in seguito come “Principe Luciano” in onore del secondogenito di Murat, Napoleone Luciano Carlo. Nel nuovo esercito napoletano solo questo reggimento e il 1°  leggero, in precedenza conosciuto come Real Corso, erano stati costituiti (almeno inizialmente) da stranieri. 

In tempo di pace questi reggimenti erano organizzati su tre battaglioni di sette compagnie ciascuno (cinque di fucilieri, una di granatieri, una di volteggiatori), ognuna di 150 uomini. In guerra i reggimenti passavano a quattro battaglioni ciascuno e ognuno aveva un colore distintivo: per esempio per il 7° era il giallo.

Il 25 dicembre 1810 fu assegnato al 7° reggimento come comandante il colonnello Francesco MacDonald, nato a Pescara il 19 febbraio 1776 da padre scozzese militare del reggimento “Re”, un’unità che in precedenza aveva servito la Spagna, costituita da scozzesi e irlandesi fuggiti dalla Gran Bretagna dopo la sconfitta definitiva degli Stuart.

La madre, irlandese, proveniva anche lei da una famiglia di militari. Nel 1793 MacDonald partecipò come alfiere del reggimento “Real Napoli” all’assedio di Tolone. Dopo una serie di vicissitudini fu nominato, nel 1798, aiutante del brigadiere Giuseppe Brocco, marchese di Pietramaggiore, con il quale partecipò alla guerra franco-napoletana sul fronte dell’Adriatico. 

Dopo la partenza precipitosa dei Borbone e la proclamazione della Repubblica a Napoli, il 23 gennaio 1799, MacDonald aderì al nuovo governo, servendo prima nella Legione campana poi in quella lucana. In breve tempo raggiunse il grado di capitano, servendo nello Stato Maggiore Generale alla fine della Repubblica.

Per evitare il carcere, a causa del ritorno dei Borbone a Napoli, MacDonald fu costretto ad emigrare a Marsiglia. In Francia, il 3 maggio 1800, si arruolò nella Legione Italica, come capitano sopranumerario in una compagnia di granatieri, con la quale partecipò alla conquista della Lombardia, alla fine della campagna entrò, il 16 marzo 1802, nel corpo topografico.

Il 5 aprile 1804 il generale Trivulzio lo nominò suo aiutante di campo, rimanendo con lui fino alla sua morte, avvenuta a Parigi il 3 marzo 1805. Tornato in Lombardia nel maggio 1805, fu promosso caposezione dell’ufficio topografico con il compito di stilare una carta geografica militare del Regno d’Italia.

Con la creazione della terza coalizione antinapoleonica la guerra divampò di nuovo, e MacDonald ne prese parte come membro dello Stato Maggiore. Una delle conseguenze di questa guerra fu che i Borbone lasciarono per la seconda volta Napoli trovando rifugio in Sicilia, permettendo così ai francesi di conquistare, nei primi mesi del 1806, la parte continentale del Regno. Napoleone per rafforzare la posizione di suo fratello Giuseppe, nuovo sovrano di Napoli, ordinò a tutti gli ufficiali e soldati napoletani che prestavano servizio negli eserciti napoleonici di tornare a Napoli per servire il nuovo Re di Casa Bonaparte.

Ritornato in patria, assunse il comando del 7° reggimento e con esso partecipò, nel 1812, alla Campagna di Russia. Murat, assunse il comando della cavalleria napoleonica e dovette contribuire alla spedizione con una divisione  di 10.000 uomini che poi passò a 8.500 per non compromettere la difesa del Regno contro le incursioni anglo-siciliane. Il comando fu affidato il 26 aprile al generale francese Detrés, come capo di Stato Maggiore fu scelto Florestano Pepe mentre a Ferdinando Sambiase, Principe di Campana, fu affidata la cavalleria.

La divisione fu incentrata su due brigate: la I° Brigata al comando del Maresciallo di Campo Giuseppe Rosaroll (il 5° e il 6° reggimento fanteria di linea e marinai della guardia reale); II° Brigata Maresciallo di Campo Angelo D’Ambrosio (7° reggimento di fanteria di linea; veliti della Guardia Reale, cinque squadroni di cavalleria della Guardia Reale ed una compagnia di artiglieria a cavallo). Il 7°, composto da due battaglioni con sessantanove ufficiali e milleottocentoottantanove soldati, faceva parte della II° Brigata al comando del generale Angelo D’Ambrosio, ufficiale giovane ma competente.

Nato a Reggio Calabria il 22 settembre 1774, dopo essere diventato ufficiale, prese parte alla spedizione napoletana inviata a difendere Tolone nel 1793 ma fu ferito e fatto prigioniero dai francesi. Dopo il trattato di Campoformio, il 17 ottobre 1797, fu liberato e prese di nuovo servizio nell’esercito combattendo di nuovo a Roma nel 1798. Nel 1799 prese parte attiva alla Repubblica Partenopea e dopo la sua caduta andò in esilio prima a Corfù e poi a Venezia. Con il Trattato di Luneville, il 9 febbraio 1801, stipulato tra la Repubblica di Francia e il Sacro Impero Germanico, D’Ambrosio poté tornare a Napoli dove scelse di intraprendere la carriera legale. Con l’avvento di Giuseppe Bonaparte riprese la carriera militare partecipando alla guerra in Spagna, dove per meriti di guerra fu promosso colonnello. Sotto Murat prese parte alla fallimentare spedizione in Sicilia del 1810, dove fu di nuovo ferito e detenuto dai francesi a Malta. Riuscì a evadere dall’isola e nel 1812 fu promosso generale di brigata e insignito del titolo di barone.

La divisione, in partenza per la Russia, fu passata in rivista da Murat nella piazza d’armi di Capodichino il 21 aprile e l’itinerario previsto fu Napoli – Roma – Firenze – Bologna – Mantova – Verona – Alto Adige – Ratisbona – Danubio – Glogau. In quest’ultima cittadina si dovevano radunare anche gli altri contingenti provenienti dalla Penisola Italiana. Furono presi accordi diplomatici per quanto riguardava le singole tappe e i rifornimenti tra i ministri della guerra del Regno di Napoli e del Regno d’Italia, con i rappresentanti del governo francese a Roma e Firenze. 

Giunti a Glogau la destinazione finale per le unità napoletane fu Danzica dove dovevano unirsi al IX Corpo d’armata del Maresciallo Claude Victor, a cui era stata affidata la retroguardia della Grande Armata.

Il viaggio iniziò il 2 maggio, con le unità ordinate per singoli scaglioni, che alla fine di giugno raggiunsero Verona, l’ultima tappa Danzica con la I° Brigata che sopraggiunse il 9 settembre e la II° che giunse il 17 settembre.