Le iene della Guerra Ibrida fanno a pezzi il Brasile

21.04.2016

La notte lugubre e disgustosa, in cui il presidente-donna della 7° maggiore economia mondiale è stata la vittima designata, data in pasto ad un branco di iene in uno squallido e provinciale Circo Massimo, sarà sempre ricordata con infamia.

Con 367 voti a favore e 137 contro, tutta la sceneggiata-imputazione/Colpo di Stato/cambio di regime contro Dilma Rousseff ha lasciato il Circo Congressuale Brasiliano per dirigersi al Senato, dove verrà approntata una “commissione speciale”. Se questa darà la sua approvazione, allora la Rousseff verrà allontanata per 180 giorni e il suo posto al vertice del potere, fino al verdetto finale del Senato, sarà preso da un Bruto tropicale a basso costo, il Vice-Presidente Michel Temer.

Questa squallida farsa dovrebbe servire da sveglia non solo ai BRICS, ma anche all’Intero Sud. Che bisogno c’è della NATO, della R2R (la famosa “responsabilità di proteggere”) o di “ribelli moderati” quando potete benissimo avere il vostro cambio di regime dando una semplice aggiustatina al sistema politico-giudiziario di una nazione?

La Corte Suprema brasiliana non ha preso in esame la questione, non fino ad ora almeno. Da nessuna parte ci sono prove evidenti che la Rousseff abbia commesso un “reato di responsabilità”; lei ha fatto quello che ogni Presidente americano da Reagan in poi ha fatto (per non parlare poi dei leaders di tutto il mondo): insieme al suo Vice-Presidente, l’umile Bruto, la Rousseff si è dimostrata leggermente creativa con i numeri del bilancio federale.

Il golpe è stato sponsorizzato da un truffatore patentato, il presidente della Camera Bassa Eduardo Cunha, detentore, secondo alcuni, di diversi conti segreti in Svizzera, citato nei Panama Paters e sotto indagine della Corta Suprema. Invece di fare il bello e il cattivo tempo su delle iene quasi analfabete, in un circo razzista e in gran parte cripto-fascista, dovrebbe essere lui medesimo a stare dietro le sbarre. E’ incredibile che la Corte Suprema non abbia intrapreso azioni legali contro Cunha. Il segreto del suo potere sul circo è un gigantesco sistema di corruzione che dura da molti anni, con le corporations che contribuiscono al finanziamento della campagna elettorale sua e di quelle di tutti gli altri.

E qui sta la bellezza di un cambio di regime/rivoluzione leggermente colorata della Guerra Ibrida, quando viene attuata in una nazione così dinamicamente creativa come il Brasile. Questa stanza degli specchi riflette un’immagine politica che avrebbe fatto diventare verdi d’invidia dei decostruzionisti come Jean Baudrillard e Umberto Eco, se fossero ancora vivi; un Congresso pieno zeppo di stupidi/fessi/traditori/truffatori, alcuni dei quali già sotto indagine per corruzione, ha cospirato per deporre un presidente che non è formalmente indagato per corruzione e non ha commesso nessun “reato di responsabilità”.

La restaurazione neoliberale

Tuttavia, senza un voto popolare, per gli assai impopolari gemellini tropicali Bruto Temer e Cunha, sarebbe impossibile governare, anche se essi incarnano perfettamente il progetto dell’immensamente arrogante ed ignorante élite brasiliana, un trionfo neoliberale, con la “democrazia” brasiliana messa due metri sotto terra.

E’ impossibile capire quello che è successo al Circo Massimo domenica scorsa, senza sapere che c’è un branco di partiti politici brasiliani, la cui esistenza è seriamente minacciata dal continuo stillicidio di notizie che arrivano dall’indagine chiamata “Operazione Autolavaggio“. Per garantire la loro sopravvivenza, l”Autolalavaggio” deve essere “sospeso”, e lo sarà, con il pretesto dell’unità nazionale, come proposto dall’umile Bruto Temer.

Ma prima di tutto, “Autolavaggio” deve portare a casa uno scalpo importante. E questo deve essere Lula in galera, al cui confronto la crocifissione della Rousseff sembra una favola di Esopo. I media corporativi, con alla testa il pernicioso impero del “Globo”, celebrerebbero questa come la vittoria finale e a nessuno importerebbe più nulla di un “Autolavaggio” costretto a chiudere.

I 54 e più milioni che hanno votato per la rielezione della Rousseff nel 2014, hanno votato per nulla. Il “progetto” globale è un governo senza voto e senza rappresentanza, un sistema parlamentare in stile brasiliano, che non si preoccupa di fastidiose “elezioni” e che, sopratutto, comprende una flessibilità molto “generosa” per i finanziamenti elettorali e che si guarda bene dall’incriminare potenti aziende/corporations.

In due parole, lo scopo finale è quello di “allineare” perfettamente fra loro il Sistema Esecutivo, Legislativo, Giudiziario brasiliano e gli interessi dei media corporativi. La democrazia è per i creduloni. Le élites brasiliane, che controllano a distanza le iene, sanno molto bene che, se Lula si ricandida nel 2018, vincerà. E Lula lo ha già detto: non lo faranno fesso con cazzate tipo “unità nazionale”, tornerà per le strade a combattere qualunque governo illegittimo si presenti.

Adesso siamo aperti al saccheggio

Per come stanno le cose, la Rousseff corre il rischio di diventare la prima vittima importante dell’indagine “Autolavaggio”, iniziata dall’NSA e vecchia ormai di due anni. La Presidente, dichiaratamente un incompetente manager economico e senza il carisma di un politico importante, ha creduto che “Autolavaggio”, che le ha praticamente impedito di governare, non potesse toccarla, perché lei, personalmente, è onesta. Anche se lo scopo, neanche poi tanto nascosto, di “Autolavaggio” è sempre stato quello di un cambio di regime. A chi importa poi se, nel frattempo, la nazione è sul punto di essere controllata proprio da quelli che sono inquisiti dall’operazione anti-corruzione?

L’umile Bruto Temer, una versione più vanitosa dell’argentino Macrì, è il perfetto esecutore per l’attuazione di un cambio di regime. Rappresenta la potente lobby bancaria, la potente lobby agroalimentare e la potente federazione industriale del motore economico brasiliano, lo Stato di San Paolo.

Il progetto per il neo-svilluppismo dell’America Latina, che avrebbe dovuto unire alcune delle élites locali, investire nello sviluppo del mercato interno, insieme alle classi lavoratrici, adesso è morto, perché quello che si potrebbe definire il capitalismo sub-egemonico o periferico, è in piena crisi dopo la batosta dovuta al crollo di Wall Street del 2008. Tutto quello che rimane è solo una restaurazione neo-liberale. Non ci sono alternative. Questo significa, nel caso del Brasile, il ribaltamento selvaggio dell’eredità di Lula, le politiche sociali, quelle per lo sviluppo tecnologico, la spinta a creare aziende brasiliane grandi e competitive, più università pubbliche, salari migliori.

In un messaggio alla nazione, Bruto Temer lo ha ammesso papale, papale: la “speranza” è che, dopo l’impeachment, ci siano assolutamente “investimenti stranieri”, come per dire: lasciamogli saccheggiare la colonia come vogliono; ritorniamo alla solita storia del Brasile, dal 1500 in poi.

E così Wall Street, le grandi compagnie petrolifere statunitensi e i proverbiali “interessi americani” vincono questo round al circo, grazie, ancora una volta, alle proverbiali élites vassalle/compradore. I dirigenti della Chevron hanno già l’acquolina in bocca alla prospettiva di mettere le mani sui giacimenti petroliferi sovra-salini, questo era già stato promesso loro da un vassallo fidato dell’opposizione brasiliana.

Il Colpo di Stato va avanti. Le vere iene non hanno ancora iniziato il saccheggio. E’ ben lontano dall’essere finito.