Per una metafisica della 4TP: Contributi all’interiorità del Soggetto Radicale

30.11.2023

La dimensione antropologica ed escatologica della lotta totale

    Non sta a noi scegliere il tempo e il modo effettivo in cui un Soggetto Radicale, da aspirazione umana di ordine esistenziale e da conseguente adesione intellettuale ai valori e alle verità predicate dalla Quarta Teoria Politica, possa trasformarsi e trasfigurarsi in concreta realtà umana metafisica e spirituale che nella sua essenza è res di ordine mistico-escatologico. Non è in nostro potere scegliere ciò, né stabilirlo né organizzarlo né operarlo né metterlo in pratica. Per realizzare questa condizione ultraumana, la quale rappresenta il Dasein proprio del Soggetto Radicale, a noi vengono chieste solo due cose:

    - la volontà di procedere usque ad mortem, per aspera ad astra e per crucem ad lucem nella realizzazione della propria trasformazione esistenziale con l’aiuto implicito od esplicito del Divino, senza arretrare mai e costi quel che costi;

    - nonché la capacità innata o acquisita dall’esperienza, di sapersi abbandonare nelle mani dello stesso Divino, soprattutto per poter risalire dalla «immersione nella gelida cascata delle acque materiali e infernali»[1] del Postmoderno ed essere vincitore di Satana, la scimmia di Dio.

    Il Soggetto Radicale, storicamente appare alla fine degli Ultimi Tempi – i quali sono iniziati con l’incarnazione del Verbo di Dio Gesù Cristo –, si deve quindi manifestare nell’ultima parte del Kali Yuga e, a differenza del Katechon, non trattiene il maligno (né il suo primogenito l’Anticristo), ma lo combatte apertamente nelle sue manifestazioni spirituali e metafisiche, umane e sociali, politiche e culturali, in ogni dimensione della storia e dell’esistenza umana moderna e postmoderna.

    Tuttavia, sempre parlando in ordine storico, il Soggetto Radicale ha avuto degli antesignani, dei precursori nelle figure del Santo e dell’Illuminato. Che cosa renda simile il Soggetto Radicale a queste autorevoli figure del passato ma ancora flebilmente presenti nel nostro mondo odierno, è presto detto. Nei santi delle confessioni religiose come negli illuminati delle correnti metafisiche e così nei Soggetti Radicali, si manifesta da parte di Satana e dei suoi accoliti diabolici e antropici, una persecuzione accanita nei loro confronti di varia natura, legata al loro vissuto esistenziale e che tende all’annientamento umano, sociale, economico, professionale, finanziario e sopra ogni cosa spirituale, all’incomprensione familiare, alla perdita delle amicizie, degli affetti e altro ancora, il cui fine diabolico esplicito consiste nell’allontanarli violentemente dalla luce e dalla sequela del Divino.

    In questo modo, attraverso queste persecuzioni, la loro struttura esistenziale non cedente al volere di Satana, il loro Dasein compie un balzo verso la dimensione atemporale, un autentico salto nel vuoto a cui segue un precipitare nell’Urgrund, il fondo senza fondo, per infine risalire vincitori sulle vette del Divino, pronti per la guerra dello spirito accanto alle schiere celesti. Questa sospensione del fenomeno tempo, nel Soggetto Radicale non riguarda lo scorrere della vita quotidiana e neppure i processi di naturale invecchiamento psicosomatico. Il salto nella dimensione atemporale, riguarda invece la percezione da parte dell’anima cosciente dello stesso Soggetto Radicale di una nuova zona interiore, di un terreno di scontro spirituale dove il tempo è sospeso, anzi non esiste proprio, perché esso coincide con l’eternità, con il perenne presente della dimensione eterna, l’eterno presente. L’anima stessa viene immessa per volere del Divino in questo spazio immenso di rivelazione escatologica, in questa tensione appunto apocalittica dove ab initio et ante tempus et ultra tempus et usque ad finem mundi le schiere angeliche si scontrano contro quelle diaboliche, le forze soprannaturali conflagrano contro quelle preternaturali, il bene si batte contro il male.

    Questa nuova dimensione spirituale è contemporaneamente sia interiore sia collettiva, in quanto riguarda il pieno inserimento del Soggetto Radicale nella lotta escatologica in comunione e in piena sintonia con le milizie angeliche. Ci si allontana dalla verità della guerra apocalittica il pensare ad una divisione dello schieramento in due parti, sotto due bandiere, all’interno di due eserciti distinti, quello del bene e quello del male, di due entità che si combattono a distanza o in modo ravvicinato mantenendo la loro fisionomia. È invece, piuttosto, il dipanarsi della visione di ordine spirituale di una condizione di lotta permanente, una sorta di pugna indefessa, di mischia continua, in cui angeli e diavoli volano nel cielo inferiore frammischiandosi e combattendosi di continuo, per stare al di sopra delle teste umane con l’intenzione di proteggerle o di colpirle. Mentre invece il Soggetto Radicale ormai libero – tranne le persecuzioni sataniche suddette, proprie della katharsis e della kenosis – dalla rete diabolica estesa sulla Terra, dal network del male che avvinghia il resto dell’umanità, viene ammesso alla stessa condizione angelica ultraguerriera nella lotta contro le schiere del male.

    In questa dimensione atemporale, al Soggetto Radicale è dato di vivere pienamente all’interno dello svolgimento metafisico del Caos primordiale, della metafisica del Caos appunto, la condizione indistinta e prerazionale delle origini, che in questa lotta escatologica contro il potere delle tenebre si accresce di quella divina energheia, la quale partorirà (maieutica) in modo nuovo e originale e svilupperà nella sua pienezza (entelechia) la filosofia di un nuovo Logos. Filosofia che avrà caratteristiche androgine o meglio olistiche, di sintesi reticolare e di fusione totale tra ciò che nell’ontologia della nuova Creazione sarà rappresentato dal principio maschile unito indissolubilmente al principio femminile, dallo Yin coeso allo Yang, dalla razionalità saldata all’emotività, dall’intuizione congiunta alla percezione, dallo spirituale legato alla visceralità, eventi che il Soggetto Radicale vive già in pienezza a causa della sua indivisa costituzione angelologica.

    Come un angelo di carne, come una carne angelica, il Soggetto Radicale vive e si muove interiormente nell’etere spirituale ultraumano della Metafisica del Caos, lì dove la luce di Dio e la tenebra del male tessono le loro trame mescolandosi con l’energia vitale degli uomini e con l’energia del cosmo, con le loro volontà di bene e con quelle di male, con la loro scelta della grazia e con quella del peccato. Mentre il Soggetto Radicale, scegliendo di combattere nella propria carne e oltre la propria carne la dimensione escatologica del ritorno all’Ordine Divino e di un nuovo inizio della Tradizione, lotta violentemente contro l’ingloriosa stirpe del male, nella misura infinita della mortificazione personale e del malicidio attraverso la Grande e la Piccola Guerra Santa, affinché la gloria di Dio diventi anche la sua gloria, la vittoria di Dio sia la sua vittoria e l’amore di Dio divenga l’unica ragione della sua esistenza a fondamento dell’Imperium:

    «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio». [2]

Metafisica e mistica dell’Abbandono spirituale

    Questa improvvisa o graduale apertura della finestra atemporale, questa immanente astensione della percezione dell’Essere come Evento (Ereignis) e la sua totale scomparsa nell’oblio del Nulla, nell’Urgrund della metafisica del Caos, rappresenta oltremodo una sorta di buco nero cosmico nell’interiorità e nella battaglia escatologica intrapresa dal Soggetto Radicale per l’affermazione dell’Imperium interiore e metapolitico. In questa immanenza atemporale che annienta ogni Dasein, Satana rivela prima al Santo e all’Illuminato e ora al Soggetto Radicale la sua «Rivoluzione antimetafisica», scatenata attraverso la Modernità contro l’Ordine Divino e la sua Tradizione attraverso la negazione della realtà ontologica dell’anima:

    «Possiamo porre il “centro” dentro di noi, all’interno di noi. E questa internalità assoluta coincide precisamente con il Soggetto Radicale o con l’intelletto attivo di Aristotele. Aristotele nel suo Trattato sull’Anima, ha spiegato molto bene che il centro assoluto dell’anima è l’intelletto attivo e ci sono anche altre parti dell’anima che sono le parti dell’intelletto passivo L’intelletto attivo con l’intelletto passivo formano l’unità dell’interiorità.

    Ma questo manca nella tradizione filosofica della Modernità. Precisamente, questa idea che dentro, nell’interiorità dell’anima, esiste qualcosa, una cosa che è più interiore e intima, più interiore dell’interiore stesso ed è trascendenza immanente in noi, dentro di noi, non fuori di noi. Questo esattamente è il centro dell’interiorità e l’elemento o la caratteristica centrale, essenziale, di questa internalità è la libertà assoluta.

    Quando noi poniamo questo centro nell’interiorità assoluta, non ci sono limiti, non c’è la necessità. E, uscendo da questa centralità intima, più interiore che l’interiore stesso, possiamo creare o sviluppare la visione spirituale e questa è l’internalità, cioè quando il punto centrale è l’intelletto attivo o Soggetto Radicale, totalmente libero, libero da tutte le limitazioni. Quando comincia a comunicare con l’intelletto passivo, con questa passività, appaiono aspetti di levitazione, ecc.

    Andando in questo senso dall’interiore verso l’esteriore, finalmente nella frontiera di questo cammino dall’interiore verso l’esteriore, nel limite appare il corpo. Ma il corpo, la materia, la materialità, non è esternalità, non è esterna ma è continuazione nella logica di questa internalità stessa. Il corpo è il concetto individuale, la materia è la cosa che esiste grazie a questa interiorità, a questo intelletto attivo e non da sé stessa.

    Questa è la visione dell’internalità, ma possiamo porre il centro ontologico fuori di noi, fuori dalla nostra anima, fuori dalla visione platonica e aristotelica, classica, cristiana, del Medioevo. Fuori, fuori dall’interiorità, qui comincia la Modernità, questa trasformazione del centro. Dove poniamo il centro dell’essere, fuori o dentro? È molto importante, c’è bisogno di porlo nell’intimità, nel centro dell’interiorità, non nella periferia. Osiamo sempre sbagliare nella differenza che intercorre tra intelletto attivo e intelletto passivo, ma l’intelletto attivo è interiore, è il centro dell’interiorità.

    Questo è il centro, l’essenza dell’essere, nell’internalità, ma la Modernità ha posto questo centro al di là, oltre questa anima, nell’esternalità che non esiste, nello spazio vuoto e illusorio, nella menzogna, nell’errore, fuori dall’ontologia dell’internalità. Questa, è una rivoluzione metafisica o meglio antimetafisica, quella cioè di trasformare il centro dell’essere fuori, oltre questa internalità.

    Ossia, dare a questo vuoto, a questo niente che sta fuori da tutta l’internalità, dargli le proprietà della realtà, di Dio, poiché tutto sta nell’esternalità, Questa esternalità ha una caratteristica essenziale: è necessità, tutto è necessario, tutto è limitato, tutto è definito nell’esternalità, perché questa esternalità è antonimo della libertà e sinonimo della schiavitù». [3]

    Come pure, Lucifero, il signore del male, manifesta la sua volontà maligna, il suo illusorio potere, la brama insaziabile di voler essere il Signore del Mondo, la scimmia di Dio a cui si deve somma riverenza, ponendo lo stesso Ribelle alla sua volontà, lo stesso Soggetto Radicale, in una sofferenza oggettivamente cristica al di là di ogni sua possibile o voluta aderenza confessionale e metafisica. Spalancando su di lui medesimo, la visione brutale e l’interiorizzazione annientatrice del Golgota, di quel Monte Calvario dove egli, Soggetto Radicale, dovrà ora vivere il dramma metafisico e spirituale dell’abbandono di Dio come Padre, della scomparsa del Divino, del buio totale della Luce eterna. Una violenta rappresaglia, questa, e una punizione diabolica inflitta al Soggetto Radicale per non aver scelto Lucifero come suo Signore, ma di aver invece scelto Dio, il Divino, il Bene e la Verità, con la sua ferma adesione di sequela del Divino e di morte del proprio ego, nell’attesa del risveglio e della risurrezione del Sé, dell’unico e possibile Uomo Nuovo, quello della sempre nuova, vigorosa e immortale Tradizione.

    Nella supplica accorata di Gesù il Cristo a Dio suo Padre nel giorno della sua morte, troviamo la risposta metafisica e spirituale per uscire – nei modi e nei tempi stabiliti dal Divino – da questa impasse, da questo terribile nichilismo esistenziale, oltre il quale sta la nostra morte fisica di Soggetti Radicali, nella tentazione e nel profondo desiderio del suicidio quale atto di disperazione finale e tentativo supremo di porre fine a tali inaudite e incomprensibili sofferenze:

    «Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lema sabactàni?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”». [4]

    Qui, il Cristo, davanti al fallimento umano della sua esistenza e della sua missione spirituale, preso da desolazione e da solitudine infinita, immerso nell’oceano di un dolore fisico, psicologico e morale a noi inconcepibile, non si lascia afferrare dalla disperazione, ma nella sua nichilità si rivolge a questo Dio scomparso, a questo Padre ora ontologicamente assente: egli, il Cristo, non può neanche pensare che Egli l’abbia tradito lasciandolo nelle mani del suo peggior nemico il Diavolo e alla violenza dei suoi accoliti di stirpe umana.

    E cosa fa il Cristo? Chiedendo al Padre il perché sia stato abbandonato in questa situazione tragica, egli stesso continuando a cercare Dio nell’invocazione, infine si abbandona: «Gesù, gridando a gran voce, disse: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”» [5], concludendo così la sua esistenza nel «”Consummatum est!”. “È compiuto!” E, chinato il capo, consegnò lo spirito» [6].

    Analizzando i versetti che accompagnano la morte di Cristo, quale prefigurazione e realizzazione piena di ogni morte mistica ed escatologica, nella tensione esistenziale e nell’incommensurabile dolore che precede la sua morte fisica, possiamo enucleare la presenza di tre concetti, di tre valori, di tre armi spirituali che possiamo fare asceticamente nostri per compiere l’Opus magnum:

    - vivere consapevolmente, con coraggio e senza disperazione lo stato di abbandono da parte del Divino, ossia imparare ad essere abbandonato da Dio e dagli uomini, fino a perderne ogni pena e ogni afflizione a riguardo;

    - abbandonarsi al Divino, soprattutto con la debolezza umana dello stesso abbandono, ossia praticare lo “stato di abbandono” abbandonandosi in ogni cosa, nella contemplazione come nell’azione, nella preghiera come nella misericordia, nella meditazione come nella distrazione, nel silenzio come nella parola, nella vita come nella morte;

    - consegnare sovrumanamente la propria vita e il proprio fallimento esistenziale al Divino, ossia vivere, lottare, combattere, vincere e morire solo per la realizzazione interiore, metapolitica e sociale dell’Imperium, senza badare a sé stessi, e immuni dalle proprie ambizioni e dal proprio tornaconto personale, vivendo solo per il Bene della Causa e per i propri consimili.

    Concludiamo questa esposizione, con le mirabili parole sulla dinamica dell’abbandono spirituale, offerteci dal gesuita e maestro di spiritualità francese Jean-Pierre de Caussade (1675-1751), che ci ricordano l’intransigenza metafisica di Aleksandr Dugin nell’affermare in modo perentorio che «Al di fuori del sacro, c’è solo il nulla» [7] e che quindi, aggiungiamo noi, questa affermazione duginiana ha valore di una ri-presa di coscienza tendente a ri-confermare la realtà ontologica dell’anima dopo le procelle della Modernità e del Postmoderno. Affermazione la quale testimonia che raggiungere lo “stato di abbandono” significa ri-affermare in sé stessi e ri-disegnare in sé stessi, nei Popoli e nelle Società, la dolcezza e l’amore del Sacro, dell’Imperium Divino, di quel Dio che tornerà ancora a guidare il suo Popolo, perché il suo Popolo sceglierà il Sacro della Tradizione e respingerà il Nulla della Modernità e del Postmoderno, scegliendo il bonum della Vita eterna, dove con Lui noi tutti Soggetti Radicali, ultraguerrieri custodi del fuoco della Tradizione regneremo e saremo liberi per sempre:

    «C’è un tempo in cui l'anima vive in Dio e ce n’è uno nel quale Dio vive nell’anima. Quello che è proprio a uno di questi tempi, è contrario all’altro. Quando Dio vive nell’anima, questa deve abbandonarsi totalmente alla sua provvidenza. Quando l’anima vive in Dio, essa si munisce con cura e con regolarità di tutti i mezzi che ritiene in grado di condurla a questa unione. Tutti i suoi pensieri, le sue letture, i suoi programmi, le sue revisioni, sono fissati; è come se avesse una guida al fianco da cui tutto è regolato, perfino il tempo di parlare.

    Quando Dio vive nell’anima, essa non ha più niente che le venga da sé stessa. Non ha che quello che le dà, in ogni momento, il principio che la sorregge: nessuna provvista, non più vie tracciate; è come un bambino che viene condotto dove si vuole e che ha solo il sentimento per distinguere le cose che gli si presentano. Non ci sono più libri indicati per quest' anima; molto spesso essa è priva di un direttore fisso e Dio la lascia senz’altro appoggio che Lui solo.

    La sua dimora è nelle tenebre, nell’oblio, nell’abbandono, nella morte e nel nulla. Sente i suoi bisogni e le sue miserie senza sapere da dove né quando le verrà il soccorso. Attende in pace e senza inquietudine che venga chi l’assisterà, i suoi occhi guardano soltanto il cielo.

    (…) E Dio, che non potrebbe trovare nella sua sposa disposizioni più pure di questa totale rinuncia a tutto quello che essa è, per non essere che per grazia e per operazione divina, le fornisce al momento opportuno i libri, i pensieri, la conoscenza di sé stessa, gli avvertimenti, i consigli, gli esempi dei giusti.

    Tutto è efficace, tutto predica, tutto è apostolico in queste anime solitarie. Dio conferisce al loro silenzio, al loro riposo, al loro oblio, al loro distacco, alle loro parole, ai loro gesti, una certa efficacia che opera nelle anime a loro insaputa. E poichè esse sono influenzate dalla presenza occasionale di mille creature di cui la grazia si serve per istruirle quasi inconsciamente, così a loro volta servono da sostegno, da guida a parecchie anime, senza che vi sia nessun legame palese né un impegno esplicito per ciò. È Dio che opera in loro, ma con interventi imprevisti e spesso sconosciuti, di modo che queste anime sono come Gesù da cui usciva un potere segreto che sanava tutti.

    (…)    È questo uno stato in cui si arriva ad appartenere a Dio attraverso una cessione piena e totale di tutti i propri diritti su sé stessi: sulle proprie parole, azioni, pensieri e comportamenti; sull’impiego del proprio tempo e su tutte le situazioni che possono prodursi. Una sola cosa rimane da fare, ed è quella di aver sempre gli occhi fissi sul Signore che si è scelto e di restare incessantemente in ascolto per intuire e conoscere la sua volontà ed eseguirla con prontezza». [8]

 

29 novembre A.D. 2023, Primi Vespri della Festa di Sant’Andrea Apostolo, Patrono della Scozia

 

[1] A. Dugin, Il Sole di Mezzanotte. Aurora del Soggetto Radicale, AGA Editrice, Milano 2019, p. 41.

[2] Cantico dei Cantici, Cap. 8,6-7.

[3] Dall’ Intervento di Aleksandr Dugin alla Conferenza online POLIS E IMPERO. Con la partecipazione di Lorenzo Maria Pacini, Direttore editoriale di Idee&Azione, Referente italiano del MIE – Movimento Internazionale Eurasiatista, e con Giacomo Maria Prati, valente scrittore e collaboratore di Idee&Azione. Evento registrato in data 16 luglio 2021, sul Canale YouTube di Idee&Azione: https://www.youtube.com/@ideeazione5559.

[4] Vangelo di Matteo, Cap. 15,33-34.

[5] Vangelo di Luca, Cap. 23,46.

[6] Vangelo di Giovanni, Cap. 19, 30.

[7] Aleksandr Dugin, Teoria e Fenomenologia del Soggetto Radicale, Cit. dal Paragrafo: Il Risveglio del Soggetto Radicale, Ed. AGA, Milano 2019, p. 68.

[8] Jean-Pierre de Caussade S.J., L’Abbandono alla Divina Provvidenza, Estratto dal Cap. II Modo di operare nello stato di Abbandono e di passività prima di esservi giunti, WEB Edition in Free Open Content, senza n. di pp. Esiste un’ottima edizione Adelphi a. 2013, nonché un’edizione integrale del Testo espunto da correzioni e tagli per i tipi della San Paolo a. 2008.

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