Prussianesimo e Socialismo in Oswald Spengler

09.03.2022

Spengler afferma di liberare il socialismo tedesco dall’ombra di Marx. La categoria “socialismo” nel filosofo tedesco non è un sistema dottrinario, né è necessariamente una tappa nella storia universale dell’umanità. Il socialismo, come lo intende lui nella sua opera Preußentum und Sozialismus, è una forma legata a una cultura nazionale. Il popolo tedesco, nella sua specifica forma prussiana, era un popolo di operai e di funzionari. Il socialismo prussiano si oppone all’individualismo inglese e all’anarchismo italiano. È una forma specifica di “prussianesimo” che racchiude un modo particolare e unico di intendere la vita, la politica, la cultura.

Und damit ist die Aufgabe gestellt: es gilt, den deutschen Sozialismus von Marx zu befreien. Den deutschen, denn es gibt keinen andern. Auch das gehört zu den Einsichten, die nicht länger verborgen bleiben. Wir Deutsche sind Sozialisten, auch wenn niemals davon geredet worden wäre. Die andern können es gar nicht sein [Einleitung].

E così il compito è fissato: il compito è liberare il socialismo tedesco da Marx. Socialismo tedesco, perché non ce n’è altro. Anche questa è una delle idee che non si può più nascondere. Noi tedeschi siamo socialisti, anche se non se ne è mai parlato. Gli altri non possono esserlo” [Introduzione].

Tutto il liberalismo tedesco è una bufala. In modo analogo a come in Spagna i sostenitori di Napoleone erano chiamati “francesizzati”, in Germania i sostenitori dello stile di vita inglese (parlamentare, liberalismo) sono bollati da Spengler come “inglesi”. Gli “inglesi” arrivarono in Germania a seguito delle campagne napoleoniche. Il corso che guidò i suoi eserciti francesi in tutta Europa non combatté “per la Francia”, ma combatté piuttosto per l’ideale inglese.

Es war die unsichtbare englische Armee, die Napoleon seit Jena auf deutschem Boden zurückgelassen hatte.

Era l’invisibile esercito inglese che Napoleone aveva lasciato sul suolo tedesco dai tempi di Jena” [La Rivoluzione, 2].

Napoleone costrinse i popoli europei a diventare nazionalisti e liberali. Sradicandoli dal principio monarchico, che era il principio formativo dei popoli, dovettero cercare altri miti organizzatori e fondatori: la “volontà generale”, lo “spirito del popolo”, ecc.

Nel caso tedesco, l’adozione o l’importazione di principi stranieri, siano essi l’egoismo del capitalista inglese (derivato dai pirati e dai predatori che gli inglesi furono nelle loro spedizioni partite dalla loro isola) o il sadismo anarchico francese (con il suo bisogno di sangue al fine di “livellare”, e che nessuno sia più di chiunque altro) è stato disastroso. Un tedesco non può essere un gentiluomo o un uomo d’affari: un tedesco è un “dipendente”, sia in fabbrica, nell’esercito o nell’amministrazione. In Spengler il “modo di essere” determina la forma politica che si addice alla nazione, non c’è un valido internazionalismo. Il vero capitalismo è inglese, il resto sono imitazioni grossolane. Vero socialismo, allo stesso modo, è quello tedesco: non consiste in alcun modo in quel miscuglio di socialismo inglese (la visione di Marx è tratta dall’economia britannica) o di anarchismo rivoluzionario francese. È un socialismo comunitario e gerarchico.

Bisogna capire che il socialismo spengleriano non è rivoluzionario, ma un socialismo “di ordine”, organizzato e disciplinato. Il contrasto con i socialisti rivoluzionari è evidente. Se Napoleone fu, in fondo, l'”anglificatore” dell’Europa, la stessa Francia fu la divulgatrice dell’ideale latino di disgregazione, delle “piccole repubbliche” (trasferite in modo disastroso nell’America spagnola e causa della sua rovina fin dal primo momento stesso in cui il principio anarchizzante gallico mise piede sul suolo del Nuovo Mondo):

Das klassische Land westeuropäischer Revolutionen ist Frankreich. Der Schall tönender Worte, die Blutströme auf dem Straßenpflaster, la sainte guillotine, die wüsten Brandnächte, der Paradetod auf der Barrikade, die Orgien rasender Massen – das alles entspricht dem sadistischen Geist dieser Rasse. Was an symbolischen Worten und Akten zu einer vollständigen Revolution gehört, kommt aus Paris und ist von uns nur schlecht nachgeahmt worden. Wie ein proletarischer Aufstand unter feindlichen Kanonen aussieht, haben sie uns schon 1871 vorgeführt. Es wird nicht das einzige Mal gewesen sein.

“Il classico paese delle rivoluzioni dell’Europa occidentale è la Francia. Il suono delle parole sonore, i fiumi di sangue sul selciato, la sainte guillotine, le notti desolate di fuoco, la sfilata della morte sulla barricata, le orge delle masse frenetiche – tutto ciò corrisponde allo spirito sadico di questa razza. Le parole e gli atti simbolici di una rivoluzione completa vengono da Parigi e sono stati da noi mal imitati. Com’è una rivolta proletaria sotto le armi del nemico, ce lo hanno mostrato già nel 1871. Non sarà stata l’unica volta” [La Rivoluzione, 4].

La mancanza di giustizia sociale, l’oppressione degli umili, giustificano solo in parte sanguinose rivoluzioni. In quanto orge di sangue, non sono sempre prodotti genuini della fazione di coloro che le realizzano. Il cavaliere spagnolo, che, nella sua veste militare e missionaria, ha dominato un impero dove il sole non tramonta mai, non è precisamente rappresentato nel miliziano rosso o nel pistolero falangista del secolo scorso. È l’ideologizzazione (un virus ideologico di origine straniera) che denatura i popoli, anche se ovviamente sono anche i popoli che si stanno degradando in secoli di declino a causa di varie cause storiche e del proprio destino.

È sempre un virus ideologico per un popolo accettare regole di condotta contrarie al suo istinto. Per Spengler, gli istinti guida dell’Europa moderna e contemporanea sono di tre nature:

  • L’istinto inglese: il potere appartiene all’individuo.
  • L’istinto francese: il potere non è di nessuno.
  • L’istinto prussiano: il potere appartiene alla comunità.

Gli inglesi, al sicuro nella loro isola, non avevano quasi bisogno dello Stato, poiché la stessa geografia dell’isola li proteggeva dagli attacchi esterni e li esentava da compiti organizzativi interni: l’iniziativa continuò ad essere, fino al XX secolo, l’iniziativa piratesca privata. Il capitalismo anglosassone è “privato”. Se c’è successo, lo Stato sanziona e ottiene entrate, ma quello Stato non cessa di essere un “comitato di datori di lavoro per poter gestire al meglio i propri benefici”, rendendo così quasi esatta la definizione marxiana. D’altra parte, il socialismo prussiano ha bisogno di concentrare gli sforzi organizzativi perché la sua estensione si sviluppa lungo le pianure, esposte all’aggressione dei “quattro venti”:

Die deutsche Revolution aber ist aus einer Theorie hervorgegangen. Der deutsche, genauer preußische Instinkt war: die Macht gehört dem Ganzen. Der einzelne dient ihm. Das Ganze ist souverän. Der König ist nur der erste Diener seines Staates (Friedrich der Große). Jeder erhält seinen Platz. Es wird befohlen und gehorcht. Dies ist, seit dem 18. Jahrhundert, autoritativer Sozialismus, dem Wesen nach illiberal und antidemokratisch, soweit es sich um englischen Liberalismus und französische Demokratie handelt. Es ist aber auch klar, daß der preußische Instinkt antirevolutionär ist.

“Tuttavia, la rivoluzione tedesca è nata da una teoria. L’istinto tedesco, o più esattamente prussiano, era: il potere appartiene al tutto, al tutto. L’individuo lo serve. Il tutto [das Ganze] è sovrano. Il re è solo il primo servitore del suo Stato (Federico il Grande). Ognuno ha il suo posto. Si ordina e si obbedisce. Si tratta, fin dal Settecento, di un socialismo autoritario, essenzialmente antiliberale e antidemocratico rispetto al liberalismo inglese e alla democrazia francese. Ma è anche chiaro che l’istinto prussiano è antirivoluzionario” [La Rivoluzione, 5].

La teoria del socialismo di Spengler non è di facile comprensione, poiché rifugge da modelli astratti. È una teoria basata sulle circostanze storiche che hanno determinato il corso della storia dell’Europa occidentale. Non si parla di “socialismo” come di un sistema, ma come di un modo di percepire e comportarsi come popolo. Né pontifica sui mali o sulle virtù del capitalismo, ma sulla via per realizzarlo in ogni popolo. Ma, notate bene, anche qui non si tratta di relativismo. È di attualità, ma molto sbagliato, vedere Spengler come un relativista: “ciò che chiamiamo socialismo dipenderà dalle persone che lo incarnano”. Piuttosto si tratta di garantire autenticità distinta, a seconda dei gradi, da modi di vita nazionali radicalmente ed essenzialmente differenti. Un tedesco non è un liberale se non è un “inglese” né un marxista-rivoluzionario se non è “francesizzato”. Lo stesso si può dire di uno spagnolo dell’età dell’oro, che nel libro di Spengler è molto più vicino al prussiano che all’inglese o al francese.

Le rivoluzioni non sono entità esterne alla Storia, come passi nell’ascesa al Progresso, come interruzione del cammino istintivo di un popolo lungo la sua storia in vista di convergere in una sorta di “Storia Universale”. Errore frequente del pensiero progressista, sia dell’ala liberale che dell’ala marxista. Le rivoluzioni sono processi geopolitici, non escalation verso il Progresso:

Jede neue Phase vollzieht sich unter dem Druck einer feindlichen Kombination. Die englische Revolution spielte sich auf einer Insel ab; die französische behielt dank ihrer Tapferkeit im Felde die Entscheidungen in der Hand. In der deutschen Revolution aber zählen Paris, London und Newyork mit, nicht mit ihren Arbeiterbewegungen, sondern mit Truppen, die sie marschieren lassen, wenn die deutsche Revolution eine ihnen nicht erwünschte Form annimmt. Die Marxisten haben es so gewollt und müssen nun damit rechnen. Außer den Handgranaten des Spartakusbundes und den Maschinengewehren der Reichswehr ist noch die französische Besatzungsarmee und die englische Flotte da.

“Ogni nuova fase si svolge sotto la pressione di una combinazione ostile. La rivoluzione inglese ebbe luogo su un’isola; i francesi, grazie al loro coraggio sul campo di battaglia, mantennero le decisioni nelle loro mani. Nella rivoluzione tedesca, invece, Parigi, Londra e New York contano non sui loro movimenti sindacali, ma sulle truppe che marciano quando la rivoluzione tedesca prende una forma che non vogliono. I marxisti l’hanno voluto così e ora devono contare su di esso. Oltre alle bombe a mano della Lega Spartachista e alle mitragliatrici della Reichswehr, ci sono l’esercito di occupazione francese e la flotta inglese” [La Rivoluzione, 7]

È assurdo e infantile non vedere le rivoluzioni in un contesto geopolitico. Nello scacchiere internazionale, chi beneficia di una rivoluzione? Il fatto che, nel bel mezzo di una guerra, un massacro giustificato secondo i criteri del patriottismo, una fazione importante tradisca i propri, anteponendo la propria utopia alla difesa della terra o al cameratismo con i propri consanguinei e connazionali, a cosa è dovuto? Chi si sfregò le mani – per esempio – quando gli spagnoli si ammazzarono tra il 1936 e il 1939, con una crudeltà selvaggia mai vista in loro contro nemici stranieri, francesi o mori? I poteri incoraggiano rivoluzioni e controrivoluzioni e degradano le persone con letali ideologie virali.

Traduzione di Alessandro Napoli