Netanyahu e la pulizia etnica di Gaza

08.05.2024

La crescente disaffezione della società israeliana nei confronti di Netanyahu, dovuta alla sua nefasta gestione della crisi con Hamas e al suo nullo interesse a salvare gli ostaggi ebrei vivi, avrebbe fatto crollare la sua popolarità al minimo e, secondo le ultime medie elettorali, il Likud di Netanyahu sarebbe dispiaciuto del potere in caso di nuove elezioni.

Netanyahu sarebbe consapevole della sua precaria situazione politica e giudiziaria, per cui, sfruttando l'invisibile dittatura della paura del Terzo Olocausto, proveniente da Hamas, Hezbollah o Iran, ha approfittato della sanguinosa offensiva di Hamas per dichiarare lo stato di guerra (in difesa della sicurezza di Israele) e scatenare una devastante offensiva nella Striscia di Gaza che gli avrebbe permesso di rimandare il processo giudiziario che lo vede imputato per crimini contro l'umanità a seguito del genocidio di Gaza.

Così, l'attacco israeliano al consolato iraniano a Damasco che, secondo l'agenzia siriana SANA, ha causato la morte di tre alti comandanti delle Guardie rivoluzionarie iraniane, tra cui il generale di brigata Mohamed Reda al-Zahedi, e gli ultimi attacchi ai leader di Hamas in Libano, sono stati l'esca israeliana per provocare l'entrata in guerra dell'Iran e, dopo la risposta limitata dell'Iran all'attacco israeliano al consolato iraniano a Damasco, abbiamo assistito alla risposta israeliana.

Secondo il quotidiano israeliano The Jerusalem Post, l'obiettivo di tale attacco sarebbe stato “il sistema di difesa aerea S-300 dell'Iran”, il più avanzato sistema antiaereo delle forze iraniane e un sistema radar che, sempre secondo il quotidiano, “sarebbe stato distrutto da missili balistici lanciati dall'esterno dello spazio aereo iraniano”. Secondo il New York Time, il piano di rappresaglia iniziale di Israele contro l'Iran prevedeva un attacco su larga scala che avrebbe preso di mira i principali oggetti militari in Iran, anche nei pressi della capitale, ma Netanyahu ha deciso di ridurre l'attacco a causa delle pressioni del presidente Joe Biden che cercava di evitare un'ulteriore escalation regionale.

Infine, secondo il portale Axios, Netanyahu avrebbe negoziato con gli Stati Uniti “l'ingresso militare a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, in cambio di un contenimento della risposta militare israeliana all'attacco all'Iran”, che sarebbe stato confermato da fonti militari statunitensi.

Culmine della pulizia etnica a Gaza?

Dopo la punizione asimmetrica inflitta da Israele, tutte le infrastrutture di base, le scuole, le moschee, gli ospedali e il 90% degli edifici di Gaza sarebbero stati rasi al suolo da bombardamenti aerei sistematici che hanno causato più di 34.000 vittime civili palestinesi e diverse altre migliaia sepolte dalle macerie.

Il vero obiettivo della campagna militare di Gaza sarebbe quello di provocare una seconda nakba in cui 1,5 milioni di palestinesi sarebbero costretti ad abbandonare una Gaza trasformata in una massa di macerie e resti umani che renderebbe impossibile il ritorno della popolazione gazana sfollata e confinata nel campo di concentramento a cielo aperto di Rafah, descritto dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Türk, come “apocalittico”, avvertendo “del crescente rischio di genocidio”.

Tale confinamento forzato della popolazione gazana sarebbe una misura di pressione sull'Egitto affinché apra i suoi confini e insedi i palestinesi nella penisola del Sinai, dopo di che Israele procederebbe alla dichiarazione unilaterale di sovranità su Gaza e sulle sue aree marittime. Per completare la pulizia etnica di Gaza, Netanyahu avrebbe ordinato l'assalto finale a Rafah dopo aver sgomberato le migliaia di gazesi detenuti lì, operazione militare che gli Stati Uniti avrebbero accettato come male minore pur sapendo che tale operazione avrebbe potuto concludersi con un nuovo massacro di civili. Così, come riportato dalla Hebrew Public Radio, “Israele si sta preparando ad ampliare un'area umanitaria nella Striscia di Gaza in vista di un possibile attacco alla città di confine di Rafah”.

Secondo l'emittente, la nuova zona umanitaria si estenderebbe dalla città meridionale di Al-Mawasi lungo la fascia costiera fino alla periferia di Deir al-Balah, nella Striscia di Gaza centrale, e potrebbe ospitare circa un milione di gazesi.

Accordo con l'Egitto per accettare i gazesi?

L'Egitto sarebbe un Paese povero de jure e dipenderebbe interamente dai prestiti internazionali del Fondo Monetario Internazionale e degli Stati del Golfo Persico. Così, il debito dell'Egitto nei confronti della Banca Mondiale supererebbe i 164 miliardi di dollari nel giugno 2023, ma sarebbe in aumento poiché le sue tradizionali fonti di reddito, come il turismo e le tasse per l'attraversamento del Canale di Suez, avrebbero subito un notevole taglio data l'instabilità geopolitica dell'area.

In questo contesto, un documento scritto da Gila Gamaliel, ministro dell'Intelligence israeliano e rivelato dal quotidiano israeliano Calcalist, suggeriva di trasferire i residenti di Gaza nel Sinai (Egitto) come soluzione “che porterebbe a risultati strategici positivi a lungo termine”. Netanyahu avrebbe avuto colloqui con il presidente egiziano al-Sisi per accogliere gli abitanti di Gaza e insediarli nel Sinai in cambio della cancellazione di tutti i loro debiti.

Secondo l'accordo, Israele, con il sostegno economico di Stati Uniti, Regno Unito e Germania, si accollerebbe i debiti dell'Egitto nei confronti del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, mentre cercherebbe di convincere i Paesi occidentali alleati a cancellare i debiti egiziani acquisiti con le loro istituzioni finanziarie e data la morsa economica dell'Egitto, non è escluso che la pressione finanziaria delle organizzazioni internazionali finisca per dare i suoi frutti, così assisteremo alla nakba 2.0 e alla fine del sogno palestinese di creare un proprio Stato.

Traduzione di Costantino Ceoldo