L’Iran che resiste

30.05.2019

Il ritiro americano dal JCPOA, il famoso accordo sul nucleare tra Stati Uniti ed Iran e che a suo tempo era stato sponsorizzato anche da Russia ed Unione Europea, ha aperto la porta a più di uno scenario possibile ma quando le Nazioni si scontrano, i popoli ne pagano le conseguenze.

Qual è dunque la situazione attuale dell’Iran? Come vive le decisioni americane il popolo iraniano? Dal momento che la narrativa proposta dai grandi media occidentali parteggia per la linea americana, ho provato ad arricchire la visuale con alcune domande a Davood Abbasi, di ParsToday.

D) Già all’indomani della firma del trattato JCPOA, l’America di Barack Obama ha imposto una nuova serie di sanzioni all’Iran, di fatto cominciando subito a tradire la sua parte dell’accordo. Perché l’Iran si è fidato degli americani?

R) Secondo me l’Iran sapeva benissimo che gli americani non avrebbero tenuto fede all’accordo. Il buio periodo di dominio americano in Iran, ai tempi dell’ultimo Scià, Mohammad Reza Pahlavì e le azioni degli ultimi 40 anni, periodo di vita della Repubblica Islamica, hanno insegnato a tutti gli iraniani che non ci si può fidare degli Stati Uniti. Pertanto, non credo che personaggi illustri come il presidente Rohani o il ministro degli esteri Zarif, si fossero realmente fidati della firma degli americani.  La loro mossa è stata intelligente allo stesso modo, perchè purtroppo i media occidentali e persino una parte dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, avevano l’abitudine di insinuare che l’Iran stava progettando la bomba. Con l’accordo e la presenza degli ispettori internazionali in Iran, questa accusa non può più essere rivolta ed anche nel caso di una fuoriuscita di Teheran da questo accordo, si potrà stabilire e appurare che il programma iraniano è unicamente civile.

D) In quel momento non c’erano quindi alternative all’accordo?

R) Le alternative c’erano ma credo che la scelta sia stata giusta. L’economia del Paese aveva bisogno di un attimo di respiro, c’era bisogno di acquistare alcuni aerei nuovi, c’era bisogno di almeno un periodo di riduzione delle sanzioni.  Lo spirito giusto però, come anticipato, era quello di sapere sin dall’inizio, che non sarebbe durato a lungo e pensare sin dall’inizio al dopo. Bisognerà aspettare i prossimi mesi per vedere se ciò è stato effettivamente fatto. Per ora, la tenuta dell’economia e del governo iraniano dinanzi alle “sanzioni più dure della storia” è davvero esemplare e non ci sono fenomeni particolarmente critici all’interno dell’Iran.

La gente prosegue le sue attività, l’economia prosegue per il suo corso e credo che si possa dire che il Paese, è immune a qualsiasi tipo di sanzioni.  In questi giorni si è appreso che la Cina ha acquistato, nel mese di aprile, 700 mila barili di greggio al giorno; l’India, proprio nelle ore precedenti, aveva dichiarato che riprenderà i propri acquisti, stimati attorno ai 300 mila barili al giorno. Con questo milione di barili venduti al giorno (ammesso e non concesso che l’Iran non venda pure altrove), il governo iraniano può facilmente gestire l’economia, il mercato interno e svolgere le sue funzioni. In realtà riuscirebbe a farlo anche con la metà di queste vendite e quindi direi che le sanzioni si stanno rivelando un fiasco incredibile per l’amministrazione Trump.

D) Ed allora cosa farà il presidente Trump? Opterà per l’attacco militare?

R) Vede, se gli Usa avessero avuto una sola possibilità di successo in un conflitto militare contro l’Iran, vogliosi di guerre come sono, lo avrebbero già aggredito cento volte, come hanno fatto con altre Nazioni in passato. Il problema è che gli Stati Uniti sanno perfettamente che l’Iran è troppo forte; quindi non attaccheranno mai, ma usano la guerra psicologica: con spostamenti di truppe e militari, vogliono far credere di aver preso in considerazione l’opzione della guerra. Io ritengo che in questo momento il presidente Donald Trump sia in grande difficoltà sulla questione dell’Iran e a testimoniare il suo smarrimento, ci sono le sue dichiarazioni a dir poco contraddittorie. Nel giro di una settimana ha detto prima che è giunta la fine dell’Iran e poi ha detto anche che l’Iran può diventare una grande Nazione col governo che ha oggi e che lui vorrebbe negoziare. Trump è al corrente che si avvicinano le elezioni e lui, tra circa due anni, dovrà saper dire all’elettorato americano, cosa ha fatto sul dossier Iran. Se la campagna elettorale partisse oggi, i democratici direbbero che con l’accordo con l’Iran, avevano risolto pacificamente la questione, avevano instaurato ottimi contatti con Teheran ed avevano reso felici gli alleati europei ed asiatici.

Trump, in questo momento, non avrebbe nulla da dire, se non quello di aver violato l’accordo, demoralizzando tra l’altro gli alleati degli Stati Uniti, Europa in primis, che avevano grandi interessi economici nella collaborazione con Teheran. È chiaro che tutta la storia delle sanzioni dure, le minacce militari e la retorica pesante, sono un tentativo di Trump per convincere gli iraniani a sedersi al tavolo e rinegoziare un altro accordo, più vantaggioso per l’Occidente. Purtroppo, però, l’operato del presidente Trump è cosi infantile, primitivo e amatoriale, che anche se l’Iran avesse voluto fare più concessioni, ora non è più in condizione di farle. La popolazione iraniana non accetterebbe mai e poi mai un negoziato con una Nazione che ha appena violato l’accordo nucleare. La popolazione iraniana non accetterebbe mai di sedersi al tavolo dei negoziati con chi si rivolge male al Paese e con chi minaccia l’Iran e per di più ha imposto delle sanzioni dure che vanno a colpire soprattutto la gente.

D) La posizione del presidente Rohani, noto agli occidentali dai tempi dell’affaire Iran-Contras, è uscita rafforzata dopo la firma dell’accordo. E ora che Trump lo ha stracciato?

R) Inutile dire che la fuoriuscita di Trump dall’accordo ha messo in grande imbarazzo i riformisti iraniani dinanzi alla popolazione. Loro avevano convinto l’elettorato a votarli promettendo di risolvere le divergenze col resto del mondo e di abolire le sanzioni; ci erano anche riusciti, ma poi il ritiro di Trump dall’accordo e il ritorno delle sanzioni ha mostrato che le loro previsioni non erano corrette. Infatti, alla luce di ciò, io prevedo che alle prossime elezioni presidenziali sarà un conservatore a vincere e che i riformisti siano in una posizione abbastanza debole.

D) È vero che il presidente Rohani ha proposto di ricorrere ad un referendum popolare per decidere sul proseguimento del programma nucleare? Non si tratterebbe comunque di una mossa rischiosa e dal sapore disperato?

R) Il presidente Rohani non ha il potere per indire tale referendum. E poi non avrebbe senso mettere a referendum un diritto inalienabile delle Nazione, riconosciuto anche dalle leggi internazionali. Il trattato di non proliferazione, di cui l’Iran è firmatario, acconsente lo sviluppo della tecnologia nucleare per fini pacifici. Per la produzione di medicine e di energia elettrica. Ironia della sorte, l’Iran, con le sanzioni che ci sono, ha bisogno di entrambi. Ammesso che il referendum si faccia, oltre il 90% della gente voterebbe il sì al nucleare, perché lo ritiene un diritto ed un qualcosa di necessario per il progresso della Nazione.

D) Qual è stata la reazione delle forze armate iraniane alla decisione di Trump?

R) Le forze armate sono in massima allerta, per poter rispondere a qualsiasi aggressione; questo è il loro dovere. Tra l’altro avendo anche avuto un ruolo nella lotta all’Isis in Siria e Iraq negli ultimi anni, sono forze armate molto preparate. Come esperienza, hanno anche gli 8 anni di guerra contro l’Iraq. Credo siano le più preparate della regione e credo siano assolutamente rispettabili anche in materia di equipaggiamento. Proprio per tali ragioni, l’opzione dell’attacco all’Iran è solo una trovata propagandistica. La loro reazione, quindi, è stata quella di alzare il livello dell’allerta.

D) E quella delle forze politiche presenti in parlamento?

R) Le forze politiche presenti in Parlamento sono composte da riformisti e conservatori. I conservatori hanno subito dichiarato che i fatti dimostrano ciò che avevano sempre detto loro: con gli americani non si può trattare, perchè non sono degni di fiducia e che loro capiscono solo il linguaggio delle cattive maniere e non quelle delle buone. I riformisti hanno cercato di giustificare un po’ la loro posizione ma dopo ci hanno rinunciato. In questo momento c’è una certa unità e l’obiettivo bipartisan è quello di approvare misure che diminuiscano le pressioni delle sanzioni sulla gente. 

D) Come si è espresso il clero e, in particolare, la Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei?

R) Il clero ha condannato la posizione degli Stati Uniti, ritenendola comunque in regola con il ruolo storico di questa Nazione e l’Ayatollah Khamenei ha ribadito che la Nazione deve investire sulle sue forze indigente, sulla sua produzione interna, sulle sue capacità, e sviluppare quindi ancora di più quella che viene detta “economia della resistenza”. Tra l’altro le visite nei Paesi limitrofi del presidente e del ministro degli esteri indicano che l’Iran sta cercando di tessere insieme ai suoi vicini una fitta rete di scambi che le sanzioni non possono fermare. 

D) Dopo la decisione di Trump di ritirarsi dal trattato, la gente comune e la gioventù iraniana si sono forse sentite defraudate di una parte del loro futuro?

R) Si sono sentiti ingannati dagli Stati Uniti. La rabbia è stata univoca perchè questa volta l’Iran aveva firmato un accordo, e sono stati loro a venir meno ai loro impegni.

D) Come vive la popolazione iraniana questo momento così carico di tensione, in cui un qualsiasi incidente può scatenare una guerra terribile con gli americani?

R) In realtà all’interno del Paese non c’è tutta questa tensione. La gente è abituata da 40 anni alle minacce degli Usa e non le prende sul serio. La vita prosegue spensierata e felice e questo possono confermarlo i tantissimi turisti italiani che sono stati in Iran nell’ultimo periodo. Tutti parlano di un popolo accogliente, felice, sorridente. Ho intervistato molti di loro per la rubrica “Turisti italiani in Iran” dell’IRIB e potrei anche mettere a vostra disposizione i file audio. In Iran nessuno è preoccupato e sa anche che nel remoto caso di una guerra, il Paese sarebbe in grado di difendersi.

D) I rapporti tra Russia ed Iran sembrano a volte quelli di una collaborazione difficile, basata sulla necessità piuttosto che su una reale fiducia. Che ne pensa?

R) La Russia non è nostra alleata. La Russia non è alleata di nessuno. E questo è anche il più grande punto debole della Russia. Gli americani, da tanti anni, cercano di giocare nell’arena internazionale con degli alleati: l’Europa e alcune potenze asiatiche come il Giappone, la Corea del Sud, l’India. Certe volte faticano pure a metterli in riga, ma alla fine li trattano da alleati. La Russia gioca da sola sullo scenario internazionale, non si fida di nessuno e qualora ci siano dei potenziali alleati, li vende appena può come merce di scambio, nelle sue interazioni con l’Occidente. Questo è grave ed i primi a farne le spese sono gli stessi russi. È chiaro che in una situazione del genere, l’Iran collabora con la Russia quando gli interessi siano comuni, ma non si fida e, a mio avviso, ha tutte le ragioni per non fidarsi.

D) Vi è molta diffidenza nei riguardi dell’Iran. A causa degli aspetti più tradizionali dell’Islam sciita o dei suoi aspetti di giustizia sociale, che potrebbero soppiantare i vecchi paradigmi politici per altro già molto decaduti?

 

R) Non comprendo bene questa domanda. Posso solo dire che l’Iran rappresenta quella parte di Islam saggio, responsabile e moderato che all’Occidente converrebbe rafforzare ed avere come alleato. L’Occidente, in primis gli Usa, ha scelto da sempre l’alleanza di settori dell’Islam che sono molto pericolosi e intransigenti: l’Arabia Saudita ne è l’esempio più palese.