L’influsso del Dasein duginiano sulla Grande Guerra Santa [parte 1]
Anima cosciente e Anima collettiva
Il passaggio del Dasein, ossia dell’Esser-ci, dalla metafisica prevalentemente ma non solo individuale di Martin Heidegger – dai contorni decisamente fenomenologici nei suoi esordi, esistenzialista nel suo procedere per compiersi infine nel nuovo inizio della contemplazione del Nulla quale parte costitutiva dell’Essere che si svela e si nasconde, come Evento che l’Esser-ci deve percepire ipso facto senza condizionamenti – alla metafisica di Aleksandr Dugin in cui la natura dell’Esser-ci procede oltre attestando un senso collettivo al Dasein stesso irrorato di contenuti etnosociologici e geopolitici di ordine multipolare – che trova pieno significato nel Popolo quale ente metafisico che si edifica come Civiltà-Stato fino alla pienezza di un Imperium intriso dall’Idea platonica di governo dei migliori e dal fondamento spirituale del governo divino negli eventi umani proprio della teologia della Storia e dell’escatologia –, apre alcuni cantieri di riflessione nella materia propria dell’Antropologia mistica, i quali in ordine sparso cercheremo di affrontare con umiltà e rigore in alcuni articoli.
L’Antropologia mistica si occupa sostanzialmente di una riflessione critica ex post, ossia del pensiero che scaturisce da una precedente profonda esperienza spirituale (in itinere), ossia da una sperimentazione del Divino percepito dall’anima cosciente come irruzione nella propria vita individuale durante fenomeni di ordine contemplativo, quindi come Evento in cui l’anima cosciente attraverso la preghiera continua, la preghiera d’intimità, la meditazione discorsiva, la meditazione senza oggetto (apofatica), il silenzio interiore profondo, viene coinvolta nella percezione graduale o improvvisa della presenza del Divino, del Totalmente Altro, dell’Altro-da-sé.
L’Antropologia mistica, inoltre, si occupa dei mezzi preparatori di purificazione ascetica per aprirsi all’Evento del Divino, i quali sostanzialmente sono concentrati nella lotta contro i vizi capitali e nella pratica delle virtù contrarie, al fine di coalizzare la presenza e l’aiuto del Divino attraverso una cooperazione, una Ascesi il cui fine ultimo è l’uccisione dell’ego e la nascita del Sé, ossia la deificazione dell’uomo quale immagine del Divino. Tematica questa che la Tradizione ci trasmette appunto con la sintetica definizione di Grande Guerra Santa, sottolineando appunto l’inclinazione fortemente guerriera di quelle anime decisamente risolute a conquistare quello che, ad esempio nella mistica cattolica (anche con l’ausilio della Parola di Dio e dei Sacramenti), Santa Teresa d’Avila descriveva come la conquista del Castello interiore e San Bernardino da Siena, dai toni ancor più accesamente medioevali indicava come il saccheggio del Paradiso.
Ma il fine primario, ossia ciò che differenzia l’Antropologia mistica dalla Teologia mistica è il diverso oggetto della loro ricerca intellettuale fondata su una profonda sperimentazione interiore. Infatti, mentre nella Teologia mistica monoteista (cristianesimo, ebraismo islam) l’oggetto della ricerca è puntato sulla struttura della relazione, ossia su come avviene e su cosa avviene nel rapporto intimo tra Dio e l’anima cosciente, l’oggetto proprio della ricerca in Antropologia mistica è rivolto invece alla natura stessa dell’anima cosciente (anima/coscienza metafisica e coscienza neuroscientifica) nonché alle strutture individuali e di relazione sue proprie che si svelano durante l’Evento del Divino, al fine di riaffermare con decisione e in modo nuovo lo statuto ontologico della realtà dell’anima, realtà negata dalla Modernità e dal distruttivo decadimento del Postmoderno che Aleksandr Dugin così mirabilmente delinea:
«La scoperta della dimensione interiore dell’uomo, benché riassunta dal modernista Georges Bataille (1943) nel suo saggio L’esperienza interiore, non è affatto appannaggio dei moderni. Già l’apostolo Paolo scriveva dell’uomo interiore. La stessa dottrina dell’anima, caratteristica delle religioni tradizionali, parla esattamente di questo. La modernità, con il suo affidarsi al materialismo e alla teoria dell’evoluzione, ha perso quasi completamente questa dimensione, costruendo la sua epistemologia e la sua psicologia sul modello di un uomo senza anima, cioè senza una dimensione interiore sovrana. Il fatto che questa dimensione sia stata scoperta spontaneamente da alcuni artisti d’avanguardia – surrealisti, anticonformisti, ecc. – nel corso dell’immersione nella comprensione della crisi della Modernità non significa che l'uomo interiore sia una scoperta del XX secolo. Caratteristicamente, in parallelo a questa scoperta spontanea, il tradizionalista Julius Evola (1927, 1930, 1949) e il suo maestro René Guénon (1909) hanno fornito le descrizioni più estese della soggettività radicale. La stessa linea fu attivamente sviluppata dai personalisti che seguivano Mounier (1961-1962) e Henri Corbin (1983) e i suoi seguaci (Jambet 2002, Lardreau 1976, Lory 2018, ecc.) le hanno conferito un significato più marcato nella figura dell’Angelo (citato nello stesso contesto da Rilke e Heidegger a commento della sua poesia). Di conseguenza, nella Postmodernità questo tema è secondario, e i realisti critici in generale si oppongono radicalmente a qualsiasi riferimento alla dimensione interiore – a meno che non si tratti della dimensione interiore delle cose stesse, completamente priva di qualsiasi connessione con il Dasein (Harman 2002). Al di fuori del contesto postmoderno, questo tema è di nuovo la problematica del Soggetto radicale (Dugin 2009) – la questione più importante della filosofia». [1]
Ricapitolando alcuni aspetti dell’Antropologia mistica [2] : a) riguardo la natura dell’anima cosciente vista contemporaneamente come essenza consapevole individuale (aspetto statico del Motore immobile umano) di energia luminosa (aspetto dinamico del Motore immobile umano);
b) la quale come essenza si rivela attraverso intuizione, empatia, penetrazione, consapevolezza strutture portanti della sua costituzione antropologica;
c) come energia dinamica si manifesta primariamente tramite le strutture esistenziali di quiete interiore, coraggio, determinazione, imperturbabilità;
d) all’interno di un suo specifico Esser-ci la cui energia vitale si reifica nelle strutture operative di silenzio, attenzione, abbandono che rappresentano appunto il clima interiore e l’esplicitazione della vita dell’anima cosciente nel mondo e nella relazione.
Premesso questo, appare dunque chiaro che la concezione geopolitica multipolare ed etnosociologica collettiva del Dasein duginiano, va a dilatare di conseguenza la stessa concezione di anima cosciente oltre i propri confini individuali verso l’orizzonte dell’Anima mundi. Questo dilatarsi, apre una serie di immense riflessioni generali sull’Anima collettiva dei Popoli, sul loro Dasein, che stimola l’Antropologia filosofica ad ampliare la sua riflessione critica molto al di là delle legittime deduzioni o delle comparazioni tra la realtà dell’anima cosciente individuale e quella dell’Anima collettiva:
«… molte civiltà, molti poli, molti centri, molti sistemi di valori sullo stesso pianeta e all’interno della stessa umanità. Molti mondi» [3], quindi molti Dasein, molti Esser-ci nel mondo, molte Anime collettive.
Ascesi e Anima collettiva
«Qualsiasi nazione, anche la più piccola, si considera un “etnocentro”. È al centro, tutti gli altri sono alla periferia. Lui è il “popolo” e tutti gli altri sono solo “parzialmente popolo” perché tutti gli altri sono “sottocentro”. Greci e barbari, noi e “altri” (cioè “stupidi”, ma si può anche dire “non-me”), induisti e intoccabili. E, naturalmente, ebrei e “goyim”. I goyim non sono “del tutto umani” e se si comportano male, non sono affatto “umani”. (…) L’Occidente ha cercato di allontanarsi da una logica così diretta e piuttosto brutale, seppur non sia andato lontano, sono cambiati solo i criteri dell’”etnocentro occidentale”. Ora l’etnocentro è costituito dai globalisti liberali di sinistra (come il club di Soros) e tutti gli altri sono “subumani”, cioè “illiberali”. Se sono “illiberali”, devono essere sterminati. La Cancel Culture è una nuova pratica di vecchi genocidi. Nella guerra israelo-palestinese si sovrappongono diversi etnocentrismi. Gli israeliani sono più arcaici e diretti: non ebrei = goyim = non umani. L’Occidente è un po’ più complesso: i palestinesi non sono liberali = barbari = subumani. I palestinesi, ovviamente, sono anche etnocentrici: ebrei = occupanti, artefici del genocidio arabo, stupratori (non musulmani!) = “subumani” (almeno). Nessuna cultura è riuscita a liberarsi completamente di questo atteggiamento e, quando scoppia un conflitto acuto, l’etnocentro si risveglia contro ogni previsione, incrinando i cliché culturali più superficiali. L’unica cosa che varia è l’autoriflessione: se si accetta l’etnocentrismo come un dato di fatto, si può lavorare con esso, domarlo o mitigarlo, ma non appena si dichiara e, soprattutto, si crede che l’etnocentrismo sia stato superato, esso esplode immediatamente con rinnovato vigore. È una questione di consapevolezza e di capacità di controllare l’etnocentrismo, non della sua abolizione. Può essere abolito solo insieme all’essere umano. Questo è ciò a cui i transumanisti stanno gradualmente arrivando con lo slogan “solo se non c’è la guerra”. Perché non ci sia la guerra, è necessario distruggere l’umanità, o meglio, è necessaria una “guerra totale”. È abbastanza ovvio che non sto giustificando nessuno, piuttosto sto condannando – specie gli eccessi – attraverso la spiegazione. I russi, tra l’altro, gestiscono l’etnocentrismo in modo molto sottile. Sì, anche noi ci consideriamo il centro del mondo: la Terza Roma, la Santa Russia, siamo una nazione portatrice di Dio. Sì, abbiamo dei nemici e probabilmente sono posseduti dal diavolo, ma allo stesso tempo il nostro etnocentro è aperto. Siamo abbastanza flessibili e molto poco inclini a disumanizzare il nemico fino in fondo, gli lasciamo sempre qualcosa di umano. Qualsiasi linearità è soggetta a un’escalation di violenza e all’incapacità di fermarla o almeno di controllarla a un certo punto. Ecco perché l’etnocentrismo russo è non lineare. Un nemico sconfitto, ad esempio, in determinate circostanze può diventare russo». [4]
Questa sintetica analisi di Aleksandr Dugin riguardo l’etnocentrismo come fenomeno sociopolitico che si ripercuote sugli equilibri geopolitici del Pianeta, ci stimola a riflettere appunto sulla necessità, la consapevolezza e la capacità di gestire lo stesso etnocentrismo con i crismi di un’autentica Ascesi sociale – per usare un termine caro al Magistero sociale della Chiesa, ribadito più volte nel pensiero controrivoluzionario di Giovanni Cantoni (1938-2020) – la quale potrà essere sicuramente facilitata da una affermazione positiva del Progetto Multipolare già in atto. I fondamenti di tale Progetto sono legati ad una maggiore conoscenza/simpatia tra i Popoli, a un dialogo continuo e proficuo tra gli attori del Multipolarismo, come dimostrato ad esempio dall’amicizia personale tra Vladimir Putin e Xi Jinping. E, quindi, al conseguente scambio di ordine filosofico-culturale tra Civiltà-Stato diverse – come dimostra ad esempio l’impegno del Professor Dugin col suo incarico di Senior Fellow presso la Fudan University di Shangai dal 2018 – che va a precedere, a colmare e a completare le aridità delle transazioni economiche finanziarie, e la realtà a volte asettica della collaborazione tecnologica e militare tra i vari attori del Multipolarismo.
Affermiamo dunque, senza ombra di dubbio, che il Progetto Multipolare visto all’interno della dinamica dello Spirito rappresenti in primis un’autentica forma di Ascesi sociale, una vera Grande Guerra Santa che l’Anima collettiva di ogni Popolo che ha aderito a tale Progetto deve sostenere con sé stessa attraverso un’adesione agli elementi comuni ed etici del Diritto naturale – nonostante le legittime differenze religiose, confessionali e filosofiche tra loro permanenti –, che lo spingano a una maggiore e reale conoscenza del Dasein degli altri Popoli. Conoscenza dell’altro-da-sé, la quale se fortemente orientata filosoficamente e culturalmente dai principali attori del Progetto stesso, vale a dire le élite metapolitiche e soprattutto quelle politiche, funge da autentica pratica di quelle Virtù sociali quali la comprensione, la vicinanza, la tolleranza, il rispetto della e delle diversità, la collaborazione, l’amore per le differenze etniche ecc. Questo genere di virtù collettive, fanno cadere i peggiori peccati sociali dell’Anima collettiva nei confronti dell’alterità ossia quelli del pregiudizio etnico, dell’ostentazione di superiorità e di potere, della superbia arrogante, della sete aggressiva di dominio, dell’ostinata incomprensione e della derisione, delle vulgate nonché dei meme, che non hanno un fondamento storico ma sono solo esasperazioni colorite di alcuni difetti e lacune sociali presenti in ogni Popolo anche se non estendibili alla totalità del Popolo stesso.
Nel prossimo articolo ci occuperemo del parallelismo strutturale esistente tra l’Anima collettiva ossia tra il Dasein della Quarta Teoria Politica con l’anima cosciente, basandoci sulle affermazioni del Prof. Dugin espresse nel Volume La Quarta Teoria Politica. Lanciando così ed esplorando nuove piste di indagine a favore di un approfondimento antropologico per il nuovo inizio della Filosofia in cui theoria e praxis, separate dallo spirito della Modernità, riscoprono la loro radice comune e agiscono all’unisono in modo indifferenziato, come già avviene nel modo di essere e di operare dell’anima cosciente dopo il suo risveglio, tornando così a dominare il corpo e la mente. Così è dell’inizio della nuova Filosofia, così è della Quarta Teoria Politica che non è una replica delle tre precedenti: la Quarta Teoria Politica è un risveglio, è il Risveglio!
Nel frattempo continuiamo in modo indefesso e costante ad edificare l’Impero interiore attraverso la Grande Guerra Santa, perfettamente consci che: «Il Regno di Dio è dentro di voi», [5] e che l’Impero Europa non si realizzerà senza la conversione dei cuori e il loro ritorno a Cristo Gesù Re dei Cuori e Imperator mundi.
René-Henri Manusardi
[1] Tratto dal Paragrafo La scoperta della dimensione interiore dell’uomo, dal Saggio di Aleksandr Dugin: Postmoderno alternativo: un fenomeno senza nome, pubblicato sul website Geopolitika.ru, del 21 settembre 2023.
[2] Cfr. René Manusardi, Visiologia. Un contributo socioclinico alla neuroscienza della meditazione, Primiceri Editore, Padova 2018.
[3] Aleksandr Dugin, La Quarta Teoria Politica, NovaEuropa, Milano 2017, p. 295.
[4] Estratto dall’Intervento di Aleksandr Dugin sui Canali Telegram in occasione delle dichiarazioni del ministro della Difesa israeliano Yoav Galant, nel corso della nuova Guerra tra Israele e Hamas, 9 ottobre 2023.
[5] Vangelo di Luca 17,21.