L’assenza degli storici e l’assalto dei banderisti

02.03.2022

Non sono uno storico ma di storia un po’ ne capisco e un po’ la conosco e dunque mi domando come mai, nel corso di questa tempesta mediatica in cui vengono chiamati alle armi, a favore del fronte occidentalista-demoliberista-globalista-NATO, geopolitici, analisti, strateghi, psicologi, psichiatri (queste ultime due categorie per stabilire che Putin è pazzo e ha turbe che si trascina fin da bambino…. Ah! la psicanalisi neofreudiana buona per tutte le minestre!) tutti “oggettivissimi”, ça va sans dire, come mai, mi domando, non compare in TV uno storico che, udendo le scempiaggini politicamente corrette, non scoppi a ridere e intervenga per una messa a punto storicamente rigorosa. Sì, domanda retorica dal momento che la ragione la conosco molto bene.

È il caso della questione nazisti ucraini, i banderisti, per esempio e, di rincalzo, come mai non c’è un richiamo dei trascorsi rapporti tra ucraini e polacchi, oggi segnalati come generosissimi soccorritori degli esuli ucraini.  Ma, in termini più sintetici possibili, data la sede facebookiana, procediamo con ordine a beneficio di chi è interessato.

Quanti sanno che i polacchi accusano gli ucraini in concorso con i tedeschi di massacri (addirittura di genocidio) della propria popolazione in Volina e Galizia orientale, in alcune parti della Polesia e nella regione di Lublino tra il 1943 e il 1945? Il culmine del massacro, tra i 50.000 e 100.000, di donne e bambini polacchi con tanto di stupro, torture, smembramento e rogo sarebbe avvenuto, secondo i polacchi, tra luglio e agosto del 1943.

Da parte di quali ucraini? Secondo i polacchi proprio ad opera dei banderisti, cioè di coloro a cui oggi si richiamano la gran parte dei nazionalisti ucraini, a cominciare dal Battaglione Azov che costituisce il nerbo radicale dell’esercito ucraino ed è guardia pretoriana del presidente ucraino. Quelli che, secondo un rapporto OSCE del 2016 (e non dei putiniani) è responsabile dell’uccisione di massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell’uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica.

E veniamo a Stepan Bandera, l’eroe ucraino e all’essenza ideologica dei suoi estimatori ucraini, ispiratori del battaglione Azov. Bandera nel 1934 venne condannato a morte per aver organizzato l’uccisione del Ministro degli interni polacco e rinchiuso nella prigione polacca di Wronki, sentenza poi commutata in ergastolo e quindi, “incomprensibilmente” (qui ci sarebbe da scrivere un romanzo) liberato nel settembre 1939.

Il sentimento antisovietico (più che antirusso, poiché gran parte degli ucraini ritenevano i russi “prigionieri” dell’ideologia “comunista”) si determina a seguito di quello che gli ucraini chiamano Holomodor, la grande carestia che colpì gli ucraini tra il 1932 e il 1933 che causò milioni di morti, 10 milioni secondo alcune stime. Tale carestia viene imputata, dai nazionalisti ucraini, alle “politiche agricole” staliniste (anche se la cosa è nei fatti storicamente controversa). È su questo accadimento che si innesca la nascita dell’ideologia banderista.

Bandera, ancor prima della proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina il 30 giugno 1941 organizzò il suo movimento e, in seguito, reputò di appoggiarsi alle truppe tedesche per conseguire l’affrancamento/liberazione della sua nazione dall’URSS. La facile narrazione ideologica racconta perché era nazista, ma di nazismo nella sua ideologia non c’è granché. Lo si accusa anche di aver perseguitato gli ebrei, ma quando avvenne l’epurazione degli ebrei lui era semplicemente prigioniero degli stessi tedeschi. Già fatto prigioniero e condotto a Berlino dai tedeschi il 5 luglio del 1941. Dopo interrogatori vari, fu rilasciato il 14 dello stesso mese ma con l’obbligo di restare a Berlino (evito di dilungarmi sul perché e per come di questo arresto), come di quello seguente, nel gennaio 1942 quando fu internato Campo di concentramento di Sachsenhausen, per essere detenuto nella sezione speciale per prigionieri politici. Rilasciato nell’aprile 1944 i tedeschi lo contattarono per vagliare la sua disponibilità ad organizzare attività di sabotaggio ai danni dell’Armata Rossa e liberato nel settembre di quello stesso anno, ma non rientrò in Ucraina: i tedeschi gli fecero basare il suo quartier generale a Berlino. Dunque, quando avvenne la persecuzione degli ebrei Bandera era prigioniero in Germania e io non conosco un solo scritto antiebraico o antigiudaico che dir si voglia (ma può essere un mio limite di conoscenza) di Bandera. Sta di fatto che è acclarato che Bandera si opponeva tanto ai sovietici quanto all’occupazione nazista dell’Ucraina (anche qui, sarebbe lungo portare pezze d’appoggio, chi lo desidera può fare ricerca). Documentata è la persecuzione che subì tanto dai sovietici, quanto dai polacchi e dai tedeschi. Del resto, se suo padre (un reverendo) viene fucilato dai sovietici e due sorelle imprigionate in un gulag, due suoi fratelli vengono invece internati nel lager di Auschwitz e assassinati da prigionieri polacchi ristretti nello stesso reparto. In fine, un altro fratello cade al fronte combattendo contro i tedeschi.

Detto tutto questo voi capite bene la semplificazione che in questi giorni se ne fa della storia di Bandera, del rapporto tra polacchi e ucraini e di conseguenza dei “nazisti ucraini”, Battaglione Azov in primis. I neofascisti-neonzisti rivendicano il banderismo in termini elogiativi perché fascista e/o nazista; gli antifascisti lo indicano con disprezzo sempre perché “nazista” e di conseguenza gli uni e gli altri fanno del Battaglione Azov dei perfetti nazisti quando in realtà altro non sono che dei liberisti in maschera che hanno ideologizzato il banderismo/fascismo. Insomma, pari pari come alcune frange neofasciste italiche che stanno al fascismo come la marmellata alla carbonara.  Girano alcune foto con gruppi paramilitari (non solo del battaglione Azov) dove li si vede con la bandiera nazi, quella americana e quella NATO. Enfatizzare gruppuscoli di sciroccati in stato confusionale ideologico è stupido e da ignoranti. La realtà è più complessa e i banderisti ucraini di oggi sono semplicemente soldati al servizio del globalismo demoliberale, cosa che né certi “fascisti” né certi “antifascisti” riescono a capire.

Dunque, io resto in attesa di vedere uno storico serio in TV che dipani la matassa storica, del rapporto nevrotico tra gli ucraini e i polacchi, del rapporto degli ucraini con l’Occidente e quello con la Russia (qui, in verità, ogni tanto qualcuno si sbilancia nel cercare di spiegare il perché e il per come del sentimento russo/putiniano verso l’Ucraina, ma è sempre poca cosa).

Foto: Gleb Garanich, Reuters

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