L’assassinio Darya Dugina è stato uno scellerato attacco terroristico
Darya Dugina, la figlia del filosofo e professore russo Alexander Dugin, è stata assassinata sabato sera quando la jeep che stava guidando è esplosa su un’autostrada di Mosca a causa di quella che gli investigatori ritengono essere una bomba piazzata in precedenza al suo interno. Si sospetta anche che il bersaglio fosse il padre, dopo che alcune fonti hanno rivelato che anche lui avrebbe dovuto trovarsi a bordo del veicolo, ma che all’ultimo momento ha deciso di tornare a casa dalla festa della famiglia Tradizione e Storia con mezzi alternativi. Sebbene non siano ancora state rese pubbliche prove in merito, molti iniziano a credere che dietro questo scellerato attacco terroristico ci sia Kiev.
Il professor Dugin è forse il secondo russo più “famigerato” dopo il presidente Putin nell’immaginario occidentale, dopo essere stato falsamente accusato di essere una versione moderna di “Rasputin”. Secondo questa narrazione di guerra d’informazione artificialmente costruita nell’ultimo mezzo decennio, le opere precedenti del filosofo avrebbero convinto il leader russo a ripristinare l’influenza della sua ex superpotenza sui Paesi che costituivano l’Unione Sovietica. La realtà, tuttavia, è che questa tendenza geostrategica è stata il risultato naturale della graduale ripresa della Grande Potenza dal crollo post-sovietico e della difesa più sicura delle sue linee rosse di sicurezza nazionale in Eurasia.
Ciononostante, è nell’interesse dei gestori della percezione occidentale inventare una drammatica teoria del complotto per manipolare più facilmente il proprio pubblico. Tuttavia, invece di rimanere nell’ambito dei media, questa falsa interpretazione degli eventi geostrategici ha avuto conseguenze mortali, in quanto è riuscita a convincere il regime neonazista di Kiev che il professor Dugin costituiva una cosiddetta “minaccia” che, secondo loro, doveva essere eliminata a tutti i costi. Questa sequenza di eventi porta a diverse conclusioni molto importanti.
In primo luogo, le accuse infondate come quelle contro il professor Dugin possono diffondersi a macchia d’olio se fanno leva in modo creativo sull’immaginazione del pubblico a cui si rivolgono. In secondo luogo, queste fake news possono avere conseguenze molto reali se influenzano le persone a compiere atti di violenza contro il soggetto che viene diffamato. In terzo luogo, i civili come lui e sua figlia, che conducono la loro vita quotidiana, sono i cosiddetti “bersagli morbidi” che possono essere colpiti più facilmente delle figure governative, perché non hanno servizi di sicurezza a tempo pieno che li proteggono. In quarto luogo, i servizi segreti ucraini stavano ovviamente monitorando i loro movimenti, cercando di penetrare nei loro circoli, e quindi preparandosi a colpire in un momento futuro.
In quinto luogo, il professor Dugin e sua figlia sono personaggi pubblici che di conseguenza condividono i loro programmi di eventi sui social media, il che, col senno di poi, ha contribuito a questo cosiddetto “crimine di opportunità” che era stato pianificato per essere commesso con mezzi indiretti attraverso l’autobomba che alla fine è stata utilizzata come parte di questo complotto di assassinio. Da ciò si può ipotizzare che il colpevole abbia piazzato l’ordigno mentre i due si trovavano al festival di sabato o qualche tempo prima, senza che sia chiaro se sia stato fatto esplodere tramite un timer che non poteva essere fermato (ecco perché è saltato in aria nonostante il filosofo avesse cambiato i suoi piani all’ultimo minuto) o se sia stato fatto manualmente per uccidere deliberatamente sua figlia.
In ogni caso, l’assassinio di Darya rappresenta il passaggio del Rubicone nel conflitto ucraino, in cui Kiev ha intensificato gli attacchi terroristici fino a prendere di mira i familiari di civili che, grazie alle fake news, sono stati falsamente convinti di essere ufficialmente dei politici molto influenti, come sembra abbiano creduto che fosse suo padre. Il fatto che la donna sia stata uccisa nonostante l’obiettivo presumibilmente designato abbia deciso inaspettatamente di tornare a casa con un altro veicolo, suggerisce che gli autori abbiano comunque deciso di portare a termine il loro piano per inviare almeno un messaggio a lui e a Mosca più in generale che hanno deciso di intensificare la loro guerra ibrida contro la Russia sostenuta dagli Stati Uniti.
Questo assassinio mirato, indiscutibilmente influenzato da mezzo decennio di fake news su quel filosofo, mostra le conseguenze letali della campagna di guerra dell’informazione americana. Conferma inoltre che i proxy dell’egemone unipolare in declino a Kiev sono veri e propri sponsor statali del terrorismo che devono essere trattati come tali dalla comunità internazionale. Questo scellerato attacco terroristico minaccia il legittimo ordine basato sulle regole sancito dalla Carta delle Nazioni Unite e conferma quindi che gli Stati Uniti stanno deliberatamente seminando il caos in un disperato ultimo tentativo di erodere il morale russo dopo la lenta ma costante avanzata delle loro forze nell’ultimo semestre della loro operazione militare speciale.
Decine di miliardi di dollari di equipaggiamenti militari occidentali guidati dagli Stati Uniti a Kiev non sono riusciti a plasmare il corso del conflitto, che continua a tendere verso un’inevitabile vittoria russa, nonostante l’incertezza sul momento esatto in cui tale risultato sarà ufficialmente riconosciuto dagli avversari. Solo la parte che sta perdendo ricorrerebbe a tali atti di terrorismo, dal momento che chiaramente non ha le capacità convenzionali per modificare gli eventi sul campo a proprio favore. Gli osservatori obiettivi possono quindi concludere che la guerra per procura della NATO guidata dagli Stati Uniti contro la Russia attraverso l’Ucraina non è riuscita a raggiungere il suo grande obiettivo strategico di paralizzare la Grande Potenza e potrebbe quindi essere nella sua fase finale convenzionale.
Pubblicato in partnership su One World
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini