L'afrocrazia : per un nuovo paradigma di rinascimento africano

05.08.2021

Quando si cerca di analizzare i mali del continente africano, è fondamentale non dimenticare di affrontare le ideologie sulle quali l'Africa si è allineata per poter emergere nello scacchiere geopolitico. Negli anni '60, le Nazioni africane hanno ottenuto de iure l'indipendenza, ma non de facto. Essere indipendenti non significa detenere unicamente il controllo della propria primazia territoriale. E' necessario essere in grado di applicare un paradigma singolare nell'ottica di un pluriversalismo geopolitico. Questo fu il problema di base dell'Africa, quello di essersi radicata in ideologie esogene concepite da altri, per altri, e dunque non in adequazione con le realtà del continente africano. Durante il post-colonialismo, diverse Nazioni africane hanno adottato alcune ideologie moderne derivanti dall'epoca dei Lumi : liberalismo (sia sul campo sociale che economico), il comunismo, il micro-nazionalismo, la democrazia liberale, la social-democrazia, il capitalismo et cetera.

 

 

All'epoca il mondo era diviso in due blocchi bipolari : ad Est vi era il blocco comunista sovietico e ad Ovest il blocco capitalista occidentale. In quel contesto di guerra fredda, le neo-Nazioni africane furono costrette a scegliere una posizione ben precisa affinché potessero essere riconosciute e sostenute di fronte al nuovo male che stava emergendo, ossia il neocolonialismo occidentale. Non si può negare che l'Unione Sovietica sotto la guida di Nikita Krusciov apportò un grande sostegno ai movimenti di liberazione anti-colonialisti in Africa, ma ciò fu effettuato in un'ottica prettamente ideologica, poiché era necessario diffondere ovunque sul continente africano gli ingredienti del marxismo-leninismo. Personalità rispettabili panafricaniste come Ahmed Sékou Touré (primo presidente della Guinea), Kwame Nkrumah su alcuni aspetti (primo presidente del Ghana)  o Mathie Kérékou (primo presidente del Benin ) optarono per questa via. Tuttavia, non tutti i dirigenti africani accettarono il marxismo-leninismo, poiché ritennero che fu un pensiero troppo limitato per le necessità degli africani, nonostante promuovesse buone idee, che sono tuttavia l'essenza dell'umanismo panafricano, come la solidarietà, l'anti-capitalismo, la sovranità popolare e l'anti-imperialismo. Il rifiuto dell'eterna lotta di classe e l'accettazione della religione come parte integrante delle società tradizionali africane, costituivano il punto di distacco principale tra il socialismo africano e il marxismo di stampo sovietico. Fu questa dinamica epistemica che spinse alcuni dirigenti africani a costituire un ''socialismo con caratteristiche africane'' : tra questi possiamo citare Julius Nyerere (primo presidente del Tanzania) che teorizzò nel libro ''Ujamaa : Essays on socialism'' , un socialismo senza marxismo e senza capitalismo. La sua concezione di Ujamaa doveva basarsi sul comunalismo, perché considerava che le società africane erano comunitarie e comunaliste, non comuniste, si praticava l'uguaglianza, il solidarismo, la condivisione e la fratellanza con tutti.

 

 

 

"L'africano non è comunista nel suo pensiero; è - se posso usare un'espressione - comunitario -." Julius Kambarage Nyerere

Per Nyerere, la lotta di classe eterna in Africa non aveva senso, perché non si poteva dividere l'Uomo in gruppi (in questo caso classi), ma il socialismo doveva mettere al centro l'Essere nella comunità e nel villaggio. Questo pensiero non obliterò in alcun modo la sua dinamica anti-capitalista viscerale. Per lui, il popolo doveva opporsi al capitalismo internazionale e non opporsi al suo simile in società in cui le classi non sono mai esistite (contrariamente all'Europa). 

Un pensiero parallelo lo ritroviamo nell'opera ''Consciencism'' di Kwame Nkrumah. Quest ultimo ebbe la sua fase marxista-leninista, ma non ne accetto i pieni princìpi completi. Anche per lui, la religione (se non dogmatizzata) regolava la vita dell'Uomo africano. Personalità come Nyerere, Nkrumah ed altri contemporanei panafricanisti stavano cercando d'intraprendere una via alternativa agli schemi ideologici derivanti dal mondo occidentale-sovietico. Il socialismo nelle sue diversi varianti africane funzionò finche non mancò un sostegno della potenza sovietica all'epoca. I dirigenti africani avevano visto in quest'ultima un alleato fondamentale nell'opposizione al blocco capitalista occidentale ed imperialista. Ma quando l'URSS iniziò a ''zoppicare'' politicamente parlando, ad attuare più liberalizzazioni e più apertura nei confronti del blocco atlantista, che terminò con il crollo del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e la dissoluzione dell'Unione sovietica il 26 dicembre 1991, le Nazioni africane divennero orfane in un certo senso e abbandonate a sé stesse. 

Nel 1945, i nazionalismi nella loro deriva sciovinistica ed imperialistica che caratterizzarono l'Occidente, persero la guerra di fronte all'asse liberale. Da allora, la diatriba fu bipolare tra le ultime ideologie della mondo moderno, ossia liberalismo contro comunismo/socialismo. Il crollo del Muro di Berlino e la decomposizione dell'URSS, diede spazio all'ultima ideologia che è il liberalismo. Quest ultimo ormai si è instaurato in tutti settori politici ed economici, sia a Sinistra che a Destra. Vi è una Destra che ha abbandonato la sua via sociale, anti-imperialista, per annegare nel neoliberalismo economico (o neoliberismo) e allinearsi su un modello atlantista. Mentre da una parte vi è una Sinistra che ha abbandonato la sua lotta contro il Capitale finanziario, la lotta per i lavoratori, la resistenza anti-imperialista, per la sovranità popolare ed è annegata nel neoliberalismo sociale/culturale (promozione dell'agenda LGBT, l'ideologia gender, l'estremizzazione di un femminismo borghese, la difesa di un mondo senza confini, senza Identità, senza Dio e senza Tradizione ecc..). Il neoliberalismo si è instaurato ovunque ed è diventato una orma per le strutture di ogni colore politico. Si può difendere ogni ideologia e causa, ma per costoro non si può non essere liberali. Infatti, gli stessi movimenti comunisti occidentali post-moderni (che differenziamo qui dal marxismo teorico e scientifico) si oppongono molto al neoliberismo, ma hanno integrato il pensiero del neoliberalismo sociale e culturale globalizzato. Tale è la situazione dell'Occidente moderno ed odierno. In questo contesto di post-bipolarismo, l'Africa si è trovata persa e senza una singolarità ideologica ha integrato il neoliberalismo nel suo paradigma. La socialdemocrazia (socalismo riformista con liberalismo moderato) ha preso rapidamente piede in opposizione ad un liberalismo anch'esso installato in Africa, sostituendo i micro-nazionalismi e i socialismi rivoluzionari. Con i i rispettivi partiti socialdemocratici e liberali, non in armonia con le realtà del popolo, le elite non comprendono che bisogna effettuare una rottura epistemologica con le ideologie che hanno posto un freno all'avanzata del continente africano. 

 

 

 

 

Per quanto riguarda il contesto extra-africano, Alexandr Dugin (intellettuale russo molto influente tra il movimento eurasiatista), ha capito che le tre ideologie moderne sopra citate (Liberalismo, Comunismo, Nazionalismo) sono obsolete e non possono rispondere alle realtà del nostro tempo (come descrive esaustivamente nella sua opera ''La Quarta Teoria Politica'' )  e dunque, bisognerebbe guardare verso una quarta via che armonizzi Tradizione Primordiale, blocchi civilizzazionali (la Panafrica, l'Eurasia, uno Stato Sudamericano ecc..) ,multipolarismo e sovranismo.

 

Tale concetto è in piena armonia con il Panafricanismo che noi altri Africani difendiamo e che i nostri padri (Marcus Garvey, Cheikh Anta Diop, Kwame Nkrumah, Thomas Sankara, Mu'ammar Gheddafi) hanno difeso. Questa quarta via che  dunque non è né liberista (o liberale), né comunista, né nazionalista risponde alla nostre necessità africane, come anche precisato anche nel libro ''L'Afrique libre ou la mort'' di Kemi Seba (figura di spicco della resistenza africana del XXI secolo e presidente-fondatore di Urgences Panafricanistes che rappresento in Italia)ne fa allusion, libro che tra l'altro ha ricevuto la prefezione positiva di Dugin (https://www.geopolitica.ru/it/article/kemi-seba-la-speranza-africana-di-un-mundo-multipolare). Abbiamo bisogno di una filosofia politica senza individualismo, concorrenza, materialismo, razzismo, sciovinismo, imperialismo, colonialismo e metta invece al centro il Muntu (l'Uomo) nell'Ubuntu (Collettività), il solidarismo, l'identitarismo, il federalismo in vista della creazione di un blocco civilizzazionale sovrano, la Tradizione Primordiale nel suo senso divino (da non confondere con il costume che è una creazione dell'Uomo come insegnato dalla scuola perennialista) qualunque sia la nostra sfera religiosa, la Donna Africana, perché è lei la forza motrice e matrice nonché pilastro delle nostre vite. Possiamo riassumere questi concetti con il nome di ''Afrocrazia''. Perché Afrocrazia ? Perché è negli assi menzionati  (difesi un tempo dagli Imperi pre-coloniali) che risiede il destino del nostro vero potere. La decolonizzazione economica, politica, ma anche ideologica, è un fattore che urge per un nuovo rinascimento africano.