La Russia si vendicherebbe dell'aggressione occidentale in Europa orientale e nei Balcani?
Nel 2014, gli Stati Uniti hanno sostenuto un cambio di potere in Ucraina con l'intenzione dichiarata di farne una piattaforma di intervento contro la Russia, gettando così i semi della discordia. Tuttavia, con i progressi russi sul territorio ucraino, la situazione sembra cambiare, preannunciando un possibile spostamento strategico di Mosca verso l'Europa orientale e i Balcani. Sfruttando i suoi legami storici con la Serbia e la presenza di comunità russe sparse in diverse nazioni dell'Europa orientale, la Russia potrebbe manovrare queste risorse per neutralizzare i Paesi interessati nel loro braccio di ferro con l'Occidente, in gran parte guidato dagli Stati Uniti.
I serbi si preparano all'azione
In occasione di un ricevimento di prestigio a Mosca, a margine del Forum sul multipolarismo, si sono levate voci che proclamavano "Viva Hezbollah", mostrando così una solidarietà inaspettata. Il marcato discorso della delegazione serba, che affermava un'alleanza contro l'Occidente e il sionismo, è stato seguito a stretto giro dall'incisivo intervento del geopolitico russo Alexander Dugin. Egli ha descritto gli eventi in Palestina come una vera e propria guerra di sterminio condotta dall'Occidente, inquadrando così il conflitto palestinese in un più ampio schema di confronto tra gli Stati Uniti, portabandiera dell'Occidente, e le forze eurasiatiche.
I membri della delegazione serba hanno espresso una visione critica degli eventi nell'ex Jugoslavia, vedendoli non come esercizi di autodeterminazione ma piuttosto come manovre per la ridefinizione politica dei Balcani, orchestrate dall'Occidente per consolidare il proprio dominio regionale prima di affrontare la Russia. Secondo loro, i conflitti nella regione tra il 1991 e il 1995, e in Kosovo dopo il 1999, sono stati precursori dei problemi del Medio Oriente arabo dopo il 2003, in seguito all'invasione americana dell'Iraq. La loro analisi evidenzia una percezione preoccupante della situazione in Kosovo, sottolineando che la Serbia non cederà alle pressioni occidentali e che è ispirata dai successi russi in Ucraina per pensare di reclamare ciò che ritiene di aver perso negli ultimi decenni.
La regione storica del Kosovo è stata a lungo la culla del nazionalismo serbo, essendo stata il punto di partenza per la formazione di un regno indipendente fino al XIV secolo, prima di essere occupata dall'Impero Ottomano. Nel XIX secolo, una significativa migrazione albanese ha iniziato ad affluire nella regione dall'Albania. Nel corso del XX secolo, la popolazione albanese del Kosovo è aumentata mentre quella serba è diminuita, alimentando così le tensioni tra le due comunità. Gli anni Novanta sono stati segnati da un'intensificazione dei conflitti, incoraggiata dal sostegno degli Stati Uniti e delle potenze occidentali all'indipendenza degli albanesi del Kosovo, nel contesto del desiderio di Washington di stabilire una grande base militare nella regione per contrastare l'influenza russa nei Balcani. Nel 1999, la NATO ha condotto una campagna aerea contro la Serbia, costringendo il Paese a riconoscere de facto l'indipendenza del Kosovo. Il 17 febbraio 2008, le autorità del Kosovo hanno proclamato unilateralmente la loro indipendenza dalla Serbia e da allora sono state riconosciute come Stato sovrano da 104 Paesi membri delle Nazioni Unite. Sebbene la Serbia non riconosca ufficialmente questa indipendenza e continui a considerare il Kosovo come una provincia autonoma, accetta l'autorità delle istituzioni kosovare nel quadro di un accordo di normalizzazione concluso nel 2013 sotto gli auspici dell'Unione Europea.
La Russia riafferma la sua presenza in Europa orientale
La Russia sta rafforzando la sua presenza in Europa orientale dopo aver resistito all'attacco occidentale guidato dagli Stati Uniti in Ucraina. Cerca di consolidare le sue conquiste in Ucraina, in particolare ad Avdiivka, estendendo il suo controllo sui territori russofoni un tempo attribuiti all'Ucraina dai comunisti. La Russia intende inoltre spostare il conflitto nell'Europa orientale per destabilizzare l'Unione Europea e riconquistare la sua influenza in questa regione, considerata cruciale per la difesa del suo territorio. Questa mossa arriva dopo la minaccia della NATO di tagliare la rotta terrestre che attraversa la Bielorussia, la Polonia e termina nell'enclave russa di Kaliningrad, situata sul Mar Baltico. Molte minoranze russe che vivono in Estonia, Lettonia e Lituania guardano a Mosca per avere protezione.
Allo stesso tempo, la Russia sta intensificando i suoi sforzi nella regione della Transnistria, nella Moldavia orientale, dove gli abitanti chiedono l'indipendenza e l'intervento di Mosca per proteggerli dall'oppressione del governo centrale moldavo sostenuto dall'Occidente. Mosca ha risposto affermando che la sua priorità è proteggere gli abitanti della Transnistria, che considera suoi compatrioti. Sebbene la regione abbia dichiarato la propria indipendenza dalla Moldavia, non è stata riconosciuta a livello internazionale. Tuttavia, Mosca mantiene relazioni speciali con la Transnistria in campo politico, militare, culturale ed economico, nonostante le accuse della Moldavia di occupazione della regione da parte della Russia, sostenute dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti.
La Transnistria è una stretta striscia di terra a est della Moldavia, lungo la riva sinistra del fiume Dniester, dove alla fine degli anni '80 è scoppiato un conflitto armato a causa dell'adozione da parte del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Sovietica Moldava di leggi linguistiche che rendevano il moldavo l'unica lingua ufficiale del Paese. Da allora, tra la Moldavia e la Transnistria persistono tensioni, esacerbate nel 2022 dalla guerra in Ucraina.
Fonte: https://www.alsafanews.com