La NATO guarda all’America Latina
31.07.2019
L'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, più comunemente nota come NATO, sembra riaggiustare la propria attenzione, soprattutto se si considera che la Colombia fa già parte dell'organizzazione come partner e sia il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg che il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno già annunciato ad aprile che nel 2019 il Brasile ha avuto molte opzioni per diventare il prossimo Paese ad ottenere lo status di “partner globale” dell'Alleanza. Gli Stati Uniti con Argentina, Brasile e Paraguay hanno già raggiunto un accordo in materia di antiterrorismo. Decisamente, la NATO e gli Stati Uniti si sono rivolti al Sud America.
In questo movimento per l'integrazione dei Paesi dell'America Latina nella NATO rimane una questione importante: l'obbligo di difendere tutti i membri. Questo è l'articolo 5 del trattato Atlantico, che consente ai Paesi membri di chiedere sostegno per difendersi. Va ricordato che “partner globale” sia uno status inferiore a quello di “membro”, una posizione già detenuta da Paesi come Giappone ed Australia, ma superiore all'accordo bilaterale tra NATO ed altri Paesi, come nel caso dell'Argentina, che divenne un importante alleato della NATO nel 1997 e quindi, in teoria, l'invocazione dell'articolo 5 non sarebbe possibile.
Tuttavia, non è irragionevole che, se necessario, questa difficoltà teorica sia superata con un approfondimento dello status di “partner globale” verso una nuova posizione. Questa posizione, pur senza raggiungere la categoria di “membro” che per ragioni geografiche i Paesi dell'America Latina non possono mantenere, consente un'integrazione globale. Inoltre, non è irragionevole prevedere una modifica del trattato o la creazione di una nuova organizzazione internazionale che superi i recinti geografici che contengono l'Alleanza atlantica.
Non è la prima volta che la NATO si sta dirigendo verso territori in teoria lontani dalle coordinate e dalle missioni in cui dovrebbe operare e questo non è un caso.
All'inizio degli anni '90, quando il blocco sovietico fu distrutto, sembrò che l'organizzazione fosse condannata alla dissoluzione, ma un timone la indirizzò verso un nuovo obiettivo: il terrorismo. La svolta non è stata casuale, non lo è mai. La guerra, anche dopo la sconfitta economica del nemico sovietico, dovette continuare perché lo scopo non era mai stata la libertà, tanto meno la democrazia - ricorda Kissinger – lo scopo consisteva nell'acquisto e nella vendita di armi e nella sottomissione coloniale degli europei, chiamati “alleati”. Il trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti, Dwight D. Eisenhower ammonì, nel suo discorso di addio presidenziale del 17 gennaio 1961: “Dobbiamo proteggerci dall'acquisizione di influenza ingiustificata, sia essa richiesta o meno, da parte del complesso militare-industriale.”
Fu allora che, nel primo decennio del 21° secolo, le famiglie di presunti grandi nemici - Bush e Bin Laden - furono riunite in un cartello industriale e nello stesso hotel di lusso mentre le torri gemelle crollarono. Ciò ha permesso a queste famiglie di guadagnare milioni di dollari con la vendita di una moltitudine di armi, come i veicoli blindati Bradley, alla NATO per sostenere la loro sopravvivenza.
Inoltre, la guerra al terrorismo ha avuto l'effetto di inondare a seconda dei casi Wall Street, l'industria delle armi, i paradisi fiscali e il mercato nero di dollari e armi. Ha anche avuto un effetto mondiale: milioni di morti e decine di milioni di sfollati e rifugiati.
Tuttavia - o proprio per questo - la circolazione di armi, l'estrazione di capitale e la crisi umanitaria non hanno impedito la crisi. Con essa arrivò il risveglio dell'orso russo e l'alba della Cina, che insieme al prevedibile esaurimento del petrolio in pochi decenni ha significato un terremoto sulla scacchiera geopolitica. In questo nuovo contesto, la NATO - che passava dalla guerra per la libertà e la democrazia mentre i suoi padroni rovesciavano i governi per diventare la polizia mondiale e i padroni dei padroni continuavano a rovesciare i governi - perse di nuovo il suo significato. Il Nord Atlantico era abbastanza distante da quasi tutto, persino dalla Russia, che lungi dall'essere un nemico, la maggior parte dei Paesi dell'Europa e dei membri della NATO considerava strategica. Un potenziale partner strategico.
Con la fine della predominanza del petrolio, che a livello commerciale dovrebbe verificarsi tra il 2040 e il 2050 e la minacciosa ribellione dei “partner” europei dal comportamento americano contro la Russia e l'Iran, la NATO ha avuto bisogno di un nuovo significato, una nuova metamorfosi e ha deciso che il suo nuovo obiettivo sarebbe stato l'America Latina.
Con l'influenza perduta in Medio Oriente, dove Russia e Cina discutono già apertamente della leadership nella regione - specialmente dopo la distruzione del cosiddetto Stato Islamico e il rafforzamento della Siria – con la ribellione europea, mentre la Cina lotta per il controllo economico e la Russia è essenziale nel settore dell'approvvigionamento energetico e nell'articolazione dell'Eurasia, il riavere l'influenza americana sembrava fondamentale, soprattutto perché negli ultimi due decenni una primavera progressiva ha minacciato di rendere la regione definitivamente indipendente. Perdere il Medio Oriente, l'America Latina e i Caraibi sarebbe drammatico e definitivo per gli Stati Uniti.
Per tutti questi motivi, sembra essere diventato il prossimo obiettivo il ritiro delle truppe statunitensi dal Medio Oriente, la concentrazione degli sforzi per rovesciare la rivoluzione bolivariana in Venezuela e il soffocamento di Cuba in una mini guerra fredda. Prima fu la Colombia ad aderire alla NATO, poi il Brasile fu tentato dall'estrema destra di Bolsonaro e infine arrivò l'accordo antiterroristico con l'Argentina, il Paraguay e il suddetto Brasile. La lotta per la libertà, che si è conclusa con il martirio del presidente cileno Allende a favore del genocida fantoccio americano Pinochet, è riemersa fortemente in America Latina.
È in gioco la libertà di mettere e rimuovere governi basati su interessi commerciali americani; la libertà di saccheggiare Paesi e popoli in modo da aumentare la concentrazione di capitale; la libertà di costringere i Paesi a spendere il 2% del loro PIL in armi, il 4% o altro, sempre a beneficio del complesso militare-industriale degli Stati Uniti; la libertà di trasformare il Venezuela in uno Stato fallito per conservare petrolio e ricchezza; la libertà di condannare Assange e proteggere alleati come l'Arabia Saudita che fanno a pezzi i giornalisti; la libertà di sottomettere e pervertire le democrazie per trasformarle in moderni regimi autoritari... In definitiva, la difesa del neoliberismo e della globalizzazione.
Sono in gioco l'America Latina e i Caraibi, così come il loro futuro.
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Articolo originale di Paul Antonopoulos:
Traduzione di Costantino Ceoldo – Pravda freelance