La “fine della storia” mai avvenuta e la guerra russa all’ordine liberale

14.03.2022

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Tesi sulla fine della storia

Da un punto di vista ideologico, il mondo vive ancora all’ombra della controversia degli anni 90 tra Francis Fukuyama e Samuel Huntington. Qualunque siano le critiche che si possono muovere alle tesi di entrambi gli autori, la loro importanza non è stata in alcun modo sminuita, poiché il dilemma permane e, inoltre, è ancora il contenuto principale della politica e dell’ideologia mondiale.

Permettetemi di ricordare che in relazione al crollo del Patto di Varsavia e poi dell’URSS, il filosofo politico americano Francis Fukuyama ha formulato la tesi della “fine della storia”. Questa si basava sulla considerazione che nel ventesimo secolo – e soprattutto dopo la sconfitta del fascismo – la logica della storia si riduceva a un confronto tra le due ideologie: liberalismo occidentale vs comunismo sovietico. Il futuro, e quindi il significato della storia, dipendeva dall’esito del loro confronto.

Ora, secondo Fukuyama, il futuro è arrivato. Questo momento è stato il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 e l’arrivo al potere a Mosca di liberali che hanno riconosciuto la supremazia ideologica dell’Occidente. Da qui la tesi della “fine della storia”. Secondo Fukuyama, la storia è la storia delle guerre (calde e fredde), dei conflitti e degli scontri. Nella seconda metà del XX secolo tutti gli scontri e le guerre si sono ridotti all’opposizione dell’Occidente capitalista e liberale contro l’Oriente comunista. Quando l’Est è crollato, le contraddizioni sono scomparse. Le guerre cessarono (come pensava Fukuyama). E di conseguenza, la storia era finita.

Rinvio della fine della storia, non negazione

In realtà, è questa teoria che sostiene l’intera ideologia e pratica del globalismo e della globalizzazione. I liberali occidentali ne sono ancora guidati fino ad oggi. È l’idea sostenuta da George Soros, Klaus Schwab, Bill Gates, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg, Barack Obama, Bernard Henri Levy, Hillary Clinton e… Joe Biden.

I liberali ammettono che non tutto è andato liscio dagli anni ’90. Il liberalismo e l’Occidente hanno affrontato vari problemi e nuove sfide (con l’Islam politico, la nuova ascesa della Russia e della Cina, il populismo – anche in America stessa sotto forma di Trump e del trumpismo, ecc.). I globalisti sono convinti che la fine della storia è stata un po’ ritardata, posticipata, ma è inevitabile e arriverà abbastanza presto. Il convinto globalista Joe Biden ha vinto (probabilmente in modo poco corretto) le elezioni sotto lo slogan di un nuovo – ultimo – sforzo per rendere reale la fine della storia, ciò significa assicurare definitivamente il trionfo del liberalismo su scala globale (Bild Back Better è la stessa cosa di “Tornare di nuovo alla globalizzazione e questa volta con più successo”). La stessa linea è stata proclamata dal fondatore del World Economic Forum di Davos, Klaus Schwab, come programma planetario del “Grande Reset”.

Fukuyama e le sue tesi non furono scontate, ma semplicemente l’attuazione di questo piano, ideologicamente ineccepibile dal punto di vista della visione liberale del mondo nel suo insieme, fu rimandata. Per 30 anni, il liberalismo ha continuato a permeare la società – nella tecnologia, nei processi sociali e culturali, nella diffusione delle politiche di genere (LGBTB+), nell’educazione, nella scienza, nell’arte, nei social media, nella cultura della cancellazione ecc. E questo non valeva solo per i paesi occidentali, ma anche per società semi-chiuse come i paesi islamici, la Cina o la Russia.

Riemersione delle civiltà

Già negli anni ’90 un altro autore americano, Samuel Huntington, ha contrastato Fukuyama con un’interpretazione alternativa del momento storico contemporaneo. Fukuyama era un liberale convinto, un sostenitore del governo mondiale e della de-nazionalizzazione e de-sovranità degli Stati nazionali. Huntington, d’altra parte, aderiva alla tradizione del realismo nelle relazioni internazionali, cioè riconosceva la sovranità come principio supremo; ma, a differenza di altri realisti che interpretano la politica mondiale in termini di Stati nazionali, Huntington credeva che dopo la fine della guerra fredda e la scomparsa del blocco orientale e dell’URSS, non ci sarebbe stata la fine della storia, ma nuovi attori che sarebbero emersi e sarebbero stati in competizione tra loro su scala planetaria. Li chiamò “civiltà” e predisse, in un suo famoso articolo, il loro scontro reciproco.

Huntington procedeva da quanto segue: i campi del “capitalista” e del “socialista” non sono stati creati in un vuoto di disegni ideologici astratti, ma su una base culturale e civile molto definita di popoli e territori diversi; questa base è stata stabilita molto prima dell’inizio della modernità occidentale e delle sue semplicistiche ideologie riduzioniste (liberalismo, comunismo, nazionalismo); quando la disputa delle ideologie moderne finirà (come è successo con la scomparsa di una delle ultime due, il comunismo), i contorni profondi delle antiche culture, religioni e civiltà emergeranno da sotto la superficie.

Nemici veri e falsi del liberalismo globale

La giustezza della tesi di Huntington divenne particolarmente evidente all’inizio del XXI secolo, quando l’Occidente si confrontò con l’Islam radicale. A quel punto Huntington stesso morì prima di poter godere della sua vittoria teorica, mentre Fukuyama ammise di essersi affrettato a fare una dichiarazione e delle conclusioni finali e addirittura avanzò la tesi dell'”islamofascismo”, la cui sconfitta avrebbe portato realmente “la fine della storia”, ma non prima. Con questo si è sbagliato ancora una volta.

E non solo riguardo all’Islam politico. L’islam ha dimostrato di essere così diverso nella pratica che non si è coalizzato in un’unica forza di fronte all’Occidente. Era utile per gli strateghi occidentali manipolare il fattore della minaccia islamica e del fondamentalismo islamico in una certa misura, per giustificare la loro interferenza nella vita politica delle società islamiche in Medio Oriente o in Asia centrale, ma ciò non poteva rappresentare una seria sfida ideologica.

Molto più serio è stato il perseguimento della sovranità reale da parte di Russia e Cina. Di nuovo, però, né Mosca né Pechino hanno contrapposto ai liberali e ai globalisti una particolare ideologia (soprattutto da quando il comunismo cinese ha riconosciuto il liberalismo economico dopo le riforme di Deng Xiaoping). Queste erano due civiltà che si erano sviluppate molto prima della Modernità. Huntington stesso le ha chiamate civiltà ortodossa (cristiana orientale) nel caso della Russia e civiltà confuciana nel caso della Cina, riconoscendo giustamente in Russia e in Cina una connessione con culture spirituali profonde. Queste culture profonde si sono fatte conoscere proprio quando il confronto ideologico tra liberalismo e comunismo si è concluso con una vittoria superficiale, ma non reale (!) dei globalisti. Il comunismo scomparve, ma l’Oriente, l’Eurasia, no.

La vittoria nel mondo virtuale

I sostenitori della fine della storia non hanno accettato troppo facilmente il loro fallimento. Erano così presi dai loro modelli fanatici – ideologici – di globalizzazione e liberalismo che non riuscivano a vedere altro futuro se non la fine della storia. Così hanno cominciato a insistere sempre di più su una versione virtuale di essa. Se qualcosa non è reale, facciamolo sembrare reale e tutti ci crederanno. In sostanza, si sta scommettendo su una politica di controllo mentale, attraverso le risorse informative globali, la tecnologia di rete, la promozione di nuovi gadget e lo sviluppo della coesione uomo-macchina. Questo è il Grande Reset enunciato dal creatore del Forum di Davos, Klaus Schwab, e abbracciato dal Partito Democratico americano e da Joe Biden. L’essenza di questa politica è questa: se i globalisti non controllano la realtà, dominano completamente il mondo virtuale. Possiedono tutte le tecnologie di rete di base, i protocolli, i server, ecc. Quindi, basandosi sull’allucinazione elettronica globale e sul controllo totale della coscienza, hanno iniziato a creare un’immagine del mondo in cui la storia era già finita. Era solo un’immagine, niente di più, la cui coda ha deciso seriamente di scodinzolare. Così, Fukuyama ha mantenuto la sua importanza, ma non più come analista, ma come PR-manager globale che cerca di imporre nozioni ostinatamente rifiutate da gran parte dell’umanità.

Questa volta il liberalismo si trasforma in qualcosa di veramente aggressivo e quasi totalitario.

“La guerra di Putin all’ordine liberale”

La valutazione di Fukuyama dell’operazione militare speciale in Ucraina è quindi di un certo interesse. A prima vista, potrebbe sembrare che in questo caso la sua analisi diventi completamente irrilevante, poiché egli ripete semplicemente i comuni cliché della propaganda occidentale antirussa, che non contengono nulla di nuovo o convincente in sé – semplice giornalismo russofobo. A ben guardare, tuttavia, il quadro cambia un po’ se si trascura ciò che più colpisce: l’odio rabbioso verso la Russia, Putin e tutte quelle forze che si oppongono alla fine della storia e identificano l’algoritmo del suo pensiero, riflettendo la linea principale del comune modo di pensare delle élite globaliste.

In un articolo pubblicato sul Financial Times, Fukuyama fa il punto principale nel titolo stesso La guerra di Putin all’ordine liberale. Questa tesi in sé è assolutamente corretta.

L’operazione militare speciale in Ucraina è lo slancio decisivo per stabilire la Russia come civiltà, come polo sovrano di un mondo multipolare. Ciò si adatta perfettamente alla teoria di Huntington, ma è completamente in contrasto con la “fine della storia” di Fukuyama (o la “società aperta” di Popper/Soros – ecco perché il vecchio Soros è così furioso ora).

Sì, questa è esattamente la “guerra all’ordine liberale”.

Importanza chiave dell’Ucraina

L’importanza dell’Ucraina per la rinascita della Russia come potenza mondiale pienamente indipendente è stata chiaramente stabilita da generazioni di geopolitici anglosassoni, dal fondatore di questa scienza, Mackinder a Brzezinski. In precedenza, è stato formulato come segue: senza l’Ucraina la Russia non è un Impero, ma con l’Ucraina è un Impero. Se al posto di “Impero” mettessimo il termine “civiltà” o “polo del mondo multipolare”, il significato sarebbe ancora più trasparente.

L’Occidente globale ha puntato sull’Ucraina come l’Anti-Russia, e a questo scopo ha dato strumentalmente il via libera al nazismo ucraino e alla russofobia estrema. Ogni mezzo era buono per combattere la civiltà ortodossa e il mondo multipolare. Putin, però, non l’ha ingoiato ed è entrato nella battaglia, non con l’Ucraina, ma con il globalismo, con l’oligarchia mondiale, con il Grande Reset, con il liberalismo, con la fine della storia.

Proprio qui è venuta allo scoperto la cosa più importante: l’operazione militare speciale è diretta non solo contro il nazismo russofobo ucraino (la denazificazione – insieme alla smilitarizzazione – è il suo obiettivo principale) ma ancor più contro il liberalismo e il globalismo. Dopo tutto, sono stati i liberali occidentali a rendere possibile il nazismo ucraino, a sostenerlo, ad armarlo e a metterlo contro la Russia – come nuovo polo di un mondo multipolare. Persino Mackinder ha chiamato le terre della Russia “l’asse geografico della storia” (così era il titolo del suo famoso articolo). Perché la storia finisca (la tesi globalista, l’obiettivo del “Grande Reset”), l’asse della storia deve essere rotto, distrutto; la Russia come polo, come attore sovrano, come civiltà semplicemente non deve esistere. Il piano diabolico dei globalisti era quello di minare la Russia nella zona più dolorosa, di mettere gli stessi slavi orientali (cioè essenzialmente gli stessi russi) l’uno contro l’altro e persino di dividere la Chiesa ortodossa russa che li univa nella cornice della stessa civiltà. A questo scopo, gli ucraini dovevano essere collocati all’interno della matrice globalista. I globalisti hanno cercato di ottenere il controllo sulla coscienza della società con l’aiuto della propaganda informativa, delle reti sociali e di una gigantesca operazione per dirigere la psiche e la coscienza. Molti milioni di ucraini ne sono stati vittime negli ultimi decenni e in modo più drastico dopo il Maiden del 2014 e l’aperta ascesa del nazismo artificiale ucraino. Gli ucraini sono stati persuasi di essere parte del mondo occidentale (globale) e che “i russi non sono fratelli, ma acerrimi nemici” e il nazismo ucraino in tale strategia coesisteva perfettamente con il liberalismo, che in sostanza serviva strumentalmente.

La guerra per la multipolarità

Questo è esattamente ciò con cui Putin si è impegnato in una lotta determinante. Non contro l’Ucraina, ma per l’Ucraina. Fukuyama ha completamente ragione in questo caso. Quello che sta accadendo oggi in Ucraina è “la guerra di Putin all’ordine liberale”. È una guerra con Fukuyama stesso, con Soros e Schwab, con la “fine della storia” e con il globalismo, con l’egemonia reale e virtuale, con il Grande Reset.

I drammatici eventi attuali in Ucraina rappresentano il principale dilemma dell’umanità. In essi si decide il destino di quello che sarà il prossimo ordine mondiale. Il mondo diventerà veramente multipolare, cioè democratico e policentrico, dove le diverse civiltà avranno il diritto di scegliere liberamente i propri destini (e noi speriamo che questo sia esattamente ciò che accadrà – nel caso della nostra prossima vittoria), oppure (Dio non voglia) sprofonderà definitivamente nell’abisso del globalismo. Questa volta, però, il liberalismo non si opporrà più al nazismo e al razzismo, ma diventerà inseparabilmente legato ad essi (come nel caso dell’Ucraina). Il liberalismo moderno, pronto a sfruttare e trascurare il nazismo quando serve ai suoi interessi, è il vero male – un male assoluto. È con esso che si sta conducendo la guerra attuale.

Le 12 tesi del Gauleiter Fukuyama basate su false premesse

Un altro recente testo di Fukuyama, stampato in American Purpose, una pubblicazione dei neocon americani (precisamente i più brillanti rappresentanti del nazismo liberale), è degno di interesse. In esso Fukuyama propone 12 tesi su come si svolgerà il conflitto in Ucraina. Le presenteremo nella loro interezza. Va notato che si tratta di completa disinformazione e propaganda nemica, ed è in questa veste di fake news che presentiamo il testo in questione.

1. La Russia sta andando verso una sconfitta totale in Ucraina. La pianificazione russa è stata incompetente, basata sul presupposto errato che gli ucraini fossero favorevoli alla Russia e che il loro esercito sarebbe crollato immediatamente dopo un’invasione. I soldati russi stavano evidentemente portando uniformi per la loro parata della vittoria a Kiev piuttosto che munizioni e razioni extra. Putin a questo punto ha impegnato la maggior parte del suo intero esercito in questa operazione – non ci sono vaste riserve di forze che può richiamare per aggiungere alla battaglia. Le truppe russe sono bloccate fuori da varie città ucraine dove affrontano enormi problemi di rifornimento e costanti attacchi ucraini.

La prima frase è la più importante. «La Russia si sta dirigendo verso una sconfitta totale in Ucraina». Tutto il resto è costruito sul fatto che questa frase rappresenta la “verità assoluta” e non può essere messa in discussione. Se avessimo a che fare con l’analitica reale, inizierebbe con un dilemma: se i russi vincono, allora…, se i russi perdono, allora…. Ma qui non c’è niente del genere. «I russi perderanno perché i russi non possono non perdere, il che significa che i russi hanno già perso. E non vanno considerate altre opzioni, perché sarebbero propaganda russa». Che cos’è questo? Questo è nazismo liberale manifesto, pura propaganda ideologica globalista, che colloca il lettore immediatamente dall’inizio in un mondo virtuale dove “la storia è già finita”.

Poi tutto diventa prevedibile nel contesto dell’allucinazione strumentalizzata. Abbiamo a che fare con un esemplare tipico di psy-op.

2. Il crollo della loro posizione potrebbe essere improvviso e catastrofico, piuttosto che avvenire lentamente attraverso una guerra di logoramento. L’esercito sul campo raggiungerà un punto in cui non potrà essere né rifornito né ritirato, e il morale si vaporizzerà. Questo è vero almeno nel nord; i russi stanno facendo meglio nel sud, ma quelle posizioni sarebbero difficili da mantenere se il nord crollasse.

Nessuna prova, puro wishful thinking. «I russi devono essere perdenti perché sono perdenti» lo sentiamo dalla bocca del perdente esemplare Fukuyama, le cui previsioni sono state tutte state smentite come epic fail.

Il tutto è costruito sul presupposto che Mosca stesse preparando un’operazione che sarebbe durata due o tre giorni, seguita da un ingresso vittorioso, con le strade cosparse dai fiori della popolazione liberata in festa. Come se i russi fossero così idioti da non accorgersi dei trent’anni di propaganda russofoba, dell’accompagnamento da parte dell’Occidente di formazioni neonaziste e di un esercito su scala europea, pesantemente armato (dallo stesso Occidente) e addestrato (ai tempi dell’Unione Sovietica, e l’addestramento era serio allora), che andava per suo conto a iniziare una guerra in Donbass e poi in Crimea. Se non fosse stata completata in quindici giorni, sarebbe stato un “fallimento”. Un’altra allucinazione.

L’Occidente ha sacrificato gli ucraini

Fukuyama quindi prosegue a dire una cosa piuttosto importante:

3. Non c’è nessuna soluzione diplomatica alla guerra possibile prima che questo accada. Non c’è nessun compromesso concepibile che sarebbe accettabile sia per la Russia che per l’Ucraina, date le perdite che hanno subito a questo punto.

Questo significa che l’Occidente continua a credere alla sua stessa propaganda virtuale e non ha intenzione di scendere a compromessi con la Russia e ricorrere a controlli di realtà. Se l’Occidente aspetta che la Russia sia sconfitta per iniziare i negoziati, questi non inizieranno mai.

4. Non c’è nessuna soluzione diplomatica alla guerra possibile prima che questo accada. Non c’è nessun compromesso concepibile che sarebbe accettabile sia per la Russia che per l’Ucraina, date le perdite che hanno subito a questo punto.

Questo significa che l’Occidente continua a credere alla sua stessa propaganda virtuale e non ha intenzione di scendere a compromessi con la Russia e ricorrere a controlli di realtà. Se l’Occidente aspetta che la Russia sia sconfitta per iniziare i negoziati, questi non inizieranno mai.

5. Le decisioni dell’amministrazione Biden di non dichiarare una no-fly zone o di aiutare a trasferire i MiG polacchi sono state entrambe buone; hanno mantenuto la testa durante un periodo molto emotivo. È molto meglio che gli ucraini sconfiggano i russi da soli, privando Mosca della scusa che la NATO li ha attaccati, oltre ad evitare tutte le ovvie possibilità di escalation. I MiG polacchi in particolare non aggiungerebbero molto alle capacità ucraine. Molto più importante è una fornitura continua di Javelin, Stingers, TB2, forniture mediche, apparecchiature di comunicazione e condivisione di informazioni. Presumo che le forze ucraine siano già indirizzate dall’intelligence della NATO che opera dall’esterno dell’Ucraina.

Sul primo punto, tuttavia, possiamo essere d’accordo con Fukuyama. Biden non è pronto per un duello nucleare, che seguirebbe immediatamente l’annuncio di una no-fly zone e altri passi diretti verso l’intervento della NATO nel conflitto. La frase “gli ucraini sconfiggono i russi da soli” suona cinica e crudele, ma l’autore non capisce cosa sta dicendo: l’Occidente ha prima messo gli ucraini contro i russi e poi ha permesso loro di stare da soli con noi astenendosi dall’assistenza effettiva. Gli ucraini stanno vincendo virtualmente, in un mondo in cui la storia è finita e dovrebbero, nella mente di Fukuyama, esserne felici. È solo una questione di tempo prima che i russi siano sconfitti. La realtà è ben diversa, ma chi se ne frega…

6. Il costo che l’Ucraina sta pagando è enorme, certo. Ma il danno maggiore lo stanno facendo i razzi e l’artiglieria, su cui né i MiG né una no-fly zone possono fare molto. L’unica cosa che fermerà il massacro è la sconfitta dell’esercito russo sul terreno.

Quando Fukuyama dice la parola “enorme”, è chiaro dalla sua espressione facciale disinvolta che non sa di cosa sta parlando.

Putin sopravviverà e ci sarà un uovo inizio del populismo

Poi Fukuyama inizia a riflettere sul destino di Putin. Sulla stessa linea dei sogni della fine della storia. Afferma con nonchalance:

7. Putin non sopravviverà alla sconfitta del suo esercito. Ottiene, adesso, sostegno perché è percepito come un uomo forte; che cosa avrà da offrire una volta dimostrata la sua incompetenza e spogliato del suo potere coercitivo?

Un’altra tesi costruita interamente sulla prima premessa. La sconfitta dei russi è inevitabile, il che significa che Putin è finito, e se i russi vincono, Putin è solo l’inizio. Ora questo è importante, non più per il delirante Fukuyama, ma per noi. Putin è bello che morto, i populisti – i nemici interni dei globalisti occidentali – moriranno anche loro. Già morti.

8. L’invasione ha già fatto un danno enorme ai populisti di tutto il mondo, che prima dell’attacco esprimevano uniformemente simpatia per Putin. Questo include Matteo Salvini, Jair Bolsonaro, Éric Zemmour, Marine Le Pen, Viktor Orbán, e naturalmente Donald Trump. La politica della guerra ha esposto le loro inclinazioni apertamente autoritarie.

Piccolo controllo della realtà: non tutti i populisti sono così direttamente influenzati dalla Russia. Matteo Salvini, sotto l’influenza dei nazisti liberali e atlantisti nel suo entourage, ha cambiato il suo atteggiamento precedentemente amichevole verso la Russia. Anche le simpatie filorusse degli altri non sono poi così esagerate.

Ma anche qui c’è un punto interessante: se pure si accetta la posizione di Fukuyama che i populisti sono orientati a Putin, essi perdono solo se «i russi sono sconfitti». E in caso di vittoria? Dopo tutto, questa è «la guerra di Putin contro l’ordine liberale», e se lui la vince, tutti i populisti vinceranno anche insieme a Mosca… E poi la fine dell’oligarchia globale e delle élite del “Grande Reset” è irrevocabile.

La lezione per la Cina e la fine dell’ordine mondiale unipolare

Infine Fukuyama affronta il destino della Cina, il secondo contendente sul polo dell’ordine mondiale multipolare.

9. La guerra fino a questo punto è stata una buona lezione per la Cina. Come la Russia, la Cina ha costruito forze militari apparentemente ad alta tecnologia negli ultimi dieci anni, ma non hanno esperienza di combattimento. La miserabile performance delle forze aeree russe sarebbe probabilmente replicata dall’aviazione dell’Esercito Popolare di Liberazione, che allo stesso modo non ha esperienza nella gestione di complesse operazioni aeree. Possiamo sperare che la leadership cinese non si illuda delle proprie capacità come hanno fatto i russi nel contemplare una futura mossa contro Taiwan.

Di nuovo, tutto questo è vero se «i russi hanno già perso». E se invece hanno vinto? Allora il significato di questa lezione per la Cina sarà esattamente il contrario. Cioè, Taiwan tornerà al suo porto d’origine più velocemente di quanto si possa supporre.

10. Speriamo che Taiwan stessa si svegli sulla necessità di prepararsi a combattere come hanno fatto gli ucraini, e ripristinare la coscrizione. Non siamo prematuramente disfattisti.

Sarebbe meglio essere realisti, e vedere le cose come stanno, tenendo conto di tutti i fattori. Ma forse il fatto che l’Occidente abbia ideologi come Fukuyama, ipnotizzati dai loro stessi deliri, alla fine è un bene per noi? Se cadono essi stessi vittime delle stesse illusioni che cercano di imporre agli altri e ingannano se stessi come perfettamente sono davvero deplorevoli nel loro aggrapparsi alla virtualità e alle profezie auto compiute dell’impero delle fake news.

11. I droni turchi diventeranno dei bestseller.

Ora i frammenti di questi bestseller vengono raccolti da barboni e saccheggiatori nelle discariche di Ukarine.

12. Una sconfitta russa renderà possibile una “nuova nascita della libertà” e ci farà uscire dalla nostra depressione sullo stato di declino della democrazia globale. Lo spirito del 1989 continuerà a vivere, grazie a un gruppo di ucraini coraggiosi.

Ecco una conclusione eccellente: Fukuyama sa già della «sconfitta della Russia», così come sapeva della “fine della storia” e allora il globalismo sarà salvato. Ma se non sarà così?

Allora non ci sarà più il globalismo.

Dunque, benvenuti di nuovo nel mondo reale, il mondo delle nazioni e delle civiltà, delle culture e delle religioni, il mondo della realtà e della libertà da un campo di concentramento liberale totalitario.