La battaglia odierna

06.03.2022
Dopo aver chiesto al maestro Valery Gherghiev l’abiura dei suoi rapporti personali con Putin, la Scala gli ha tolto l’incarico di direzione d’orchestra (seguita a ruota da altri teatri europei). Intanto l’Università Bicocca di Milano (quella che qualche giorno fa aveva spiegato che le opinioni del prof. Broccolo sulla pandemia “non rispecchiavano il pensiero dell’istituzione”) ha sospeso un corso universitario su Fëdor Dostoevsky, prima motivandolo vagamente con “l’inopportunità del momento”, e poi spiegando che avrebbero dovuto inserire anche autori ucraini.

Nel frattempo fioccano le richieste di sanzione e gli interventi di parlamentari con richiesta di rimozione nei confronti dei pochi giornalisti della TV (come Marc Innaro) che non si sono sdraiati completamente sulla narrazione atlantista del conflitto. Questo mentre le emittenti russe come Russia Today sono state oscurate, e mentre sui telegiornali spezzoni di videogiochi e foto di repertorio passano per “dirette testimonianze del martirio sul campo”.

Dopo un anno passato a costruire la narrativa in cui il barbaro No-Vax era il Male, mentre chi si discostava da questa narrazione doveva essere denigrato o censurato, ora lo stesso identico canone si scatena su una nuova dicotomia Buono-Cattivo, questa volta in politica internazionale.

Stesso manicheismo, stessa censura, stessa martellante propaganda “per la parte giusta”, stessa creazione di un’opinione pubblica a molla che reagisce pavlovianamente con strabuzzamenti d’occhi e sdegni emotivi.

Ora, diciamo una cosa semplice e, spero, chiara.

Nei sistemi formalmente democratici il potere passa attraverso il dominio dell’opinione pubblica. Idealmente in un sistema di pluralismo dell’informazione, della ricerca, del dibattito pubblico l’opinione pubblica dovrebbe formarsi liberamente e approssimare il vero attraverso la ragione dialettica. Quest’opzione non è mai esistita in forma piena, ma negli ultimi anni, nell’intero Occidente, i sistemi di controllo si fanno sempre più diretti e liquidatori. La gente viene manipolata sempre più sfacciatamente come bestiame che dev’essere condotto con mano ferma alla stalla o al macello, preservando l’apparenza della sovranità popolare nelle occasioni elettorali, ma di fatto scippandola attraverso il controllo degli apparati di informazione e formazione.

Questo controllo è oramai quasi totale sull’informazione, ed è paurosamente crescente nella formazione (scuola ed università), dove in mille modi la conformità alle ortodossie di volta in volta in vigore viene premiata e il dissenso robustamente disincentivato.

Chi pensa che il controllo sostanziale dei sistemi di informazione e formazione sia impossibile, o che basti l’esistenza di qualche giornalista con la schiena diritta per confutarlo, o addirittura che parlarne sia complottismo, manca delle basi per comprendere il mondo contemporaneo.

Chi ignora questo problema è parte del problema.

Per chi non l’avesse ancora inteso, la battaglia odierna per la democrazia e la sovranità popolare, per la tutela ed il rispetto delle ragioni dei più, passa attraverso una lotta vigorosa per la verità, che significa lotta per la ricerca dialettica della verità.

Senza sottovalutare affatto le mille battaglie necessarie per la difesa di bisogni e interessi concreti che bisogna condurre, la battaglia che farà la differenza in questa fase storica sarà la battaglia culturale per la libertà di espressione e di pensiero, per un pluralismo non fittizio dell’informazione e della formazione, per la creazione di forme e mezzi e spazi adeguati alla loro coltivazione.

Qui si vince o si perde, per il prevedibile tempo a venire, la libertà.

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