Kemi Seba: La speranza africana di un mundo multipolare
Fino a qualche anno fa, l’Africa era a un punto morto. Dopo la prima ondata di decolonizzazione negli anni ’60, i nuovi regimi africani hanno sperimentato tutte le ideologie politiche della cosiddetta era “moderna”. Questo processo ha portato all’emergere di società liberali, nazionaliste, comuniste o socialiste nei paesi postcoloniali.
Sfortunatamente, la rigorosa applicazione di questi paradigmi politici esogeni ha trascinato drammaticamente le nazioni africane in un ineluttabile declino, con ogni ideologia sociopolitica dipendente da uno specifico contesto di provenienza. Imponendo i principi della modernità occidentale alle masse nella loro vita quotidiana, benché così lontane da queste correnti epistemologiche, le élite africane hanno snaturato e distrutto le identità profonde dei popoli, mentre paradossalmente esse erano convinte di accrescerle e potenziarle. Il risultato è stato che si sono liberate dal colonialismo fisico, ma non dal colonialismo intellettuale.
Da un punto di vista semantico, ontologico e spazio-temporale, l’Africa, attraverso la sua completa alienazione, ha costituito, durante secoli di oppressione, un mondo isolato dal resto del pianeta, se si considera che questo continente è un universo plurale e policentrico a sé stante. Un mondo a parte, si noti, ma le cui risorse minerarie servono tuttora, purtroppo, al resto delle potenze predatorie. Tuttavia, sembra che negli ultimi anni la ruota stia gradualmente girando nella giusta direzione. La rivoluzione politico-culturale dell’auto-riappropriazione sembra stagliarsi all’orizzonte, in Africa. E se il processo sembra avviato, ha trovato, tra gli altri, un motore propulsore nella persona di Kemi Seba [1], un giovane, carismatico, impareggiabile leader africano, nato e cresciuto in Francia prima di tornare a vivere in Africa, che ha fatto della difesa di questo continente la missione della sua vita.
Kemi Seba è un uomo del suo tempo. Riecheggia, nelle sue arringhe, l’indignazione degli strati proletari dell’Africa e della sua diaspora. I suoi discorsi sono la colonna sonora di un popolo che non può più essere anestetizzato, la cui resistenza è come quella di una giovane donna che è stata pugnalata così tante volte che non sente più i colpi che le vengono inflitti.
Nello spazio delle ex colonie francesi, era dalla morte di Lumumba e Sankara che in Africa non si vedevano giovani africani suscitare l’entusiasmo delle masse ed esprimere il desiderio di una sovranità totale del popolo come Seba fa prendendo parte alla lotta delle popolazioni dell’Africa francofona per l’autodeterminazione.
E se egli riesce a rendere palpabile il Dasein africano sulla scena politica internazionale, è perché oltre al suo dono oratorio utile a catturare le folle, o alla sua intrepidezza, egli ha, anzitutto, individuato intuitivamente qual è la conditio sine qua non del risveglio della sua gente.
Il leader panafricanista ha compreso che lo studio congiunto della storia del suo popolo, della geopolitica e della metafisica costituiva il prerequisito fondamentale per una vera lotta per l’indipendenza.
Egli è riuscito, con la forza della strategia e la conoscenza delle strade africane, a domare un concetto tuttora progettato e concepito da e per l’Occidente, vale a dire la società civile. Fondendo la circonferenza di quest’ultima (composta generalmente da ONG allattate alle mammelle dell’Europa o degli Stati Uniti) con la strada reale, egli ha brutalmente abbattuto le barriere e disimpegnato uno spazio metapolitico che non apparteneva a un popolo radicato, ma in effetti alle élite globalizzate apolidi.
Egli ha compreso lo status ideologico delle tre principali teorie politiche moderne, il liberalismo, il comunismo e il nazionalismo.
Seguendo questa logica, egli è approdato, attraverso un percorso di crescita intellettuale, alla Quarta teoria politica, fondata sulla ricerca della tradizione primordiale nella sua accezione africana e sui meccanismi concettuali della multipolarità politico-civilizzazionale.
Il futuro dell’Africa e, più in generale, dei popoli radicati, si gioca qui. A nostro avviso, e tenendo conto di tutti questi elementi, all’inizio del XXI secolo, Kemi Seba non rappresenta solo un’opportunità di emancipazione per l’Africa. Egli rappresenta una speranza per tutte le forze della resistenza multipolare.
Traduzione di Donato Mancuso
[1] Kémi Séba, nato Stellio Gilles Robert Capo Chichi il 9 dicembre 1981, è uno scrittore nero, attivista e leader politico panafricano. Dall’aprile 2013 è analista geopolitico per diverse emittenti televisive dell’Africa occidentale e tiene conferenze sul panafricanismo in molte università africane.