Isole Marshall: il nuovo governo conferma la linea anticinese e il riconoscimento di Taiwan

15.01.2024

L’esito delle elezioni nazionali nelle Isole Marshall, svoltesi lo scorso 20 novembre, hanno portato al cambiamento di circa un terzo dei 33 membri del parlamento locale, denominato Nitijeļā. Questo ha portato ad un notevole cambiamento in politica interna, mettendo in minoranza il governo del presidente in carica David Kabua. Inoltre, alcuni altri membri di spicco della politica dell’arcipelago sono rimasti esclusi dalla corsa all’organo legislativo, compreso il presidente del parlamento Kennth Kedi.

Come detto, il presidente uscente David Kabua ha visto una significativa perdita di membri del suo governo con la sconfitta di diversi ministri in carica e passati. Questo ridimensionamento dei numeri ha di fatto consegnato le redini del parlamento all’opposizione, guidata dall’ex presidente Hilda Heine, che ha facilmente mantenuto il seggio del suo atollo natale. Precedentemente leader del piccolo Paese dell’Oceano Pacifico tra il 2016 ed il 2020, Heine si è candidata come principale sfidante di Kabua in occasione del voto per l’elezione del capo di Stato, previsto per il 2 gennaio, subito dopo l’inaugurazione della nuova legislatura.

Secondo la stampa locale, subito dopo la pubblicazione dei risultati, Kabua ha messo in moto la sua macchina per cercare di ottenere i fatidici 17 voti che garantiscono la maggioranza. Nella capitale Majuro, si sono tenuti diversi incontri per stringere accordi con i nuovi parlamentari, considerando che ufficialmente nelle Isole Marshall non esistono i partiti politici, e dunque tutti i deputati sono indipendenti. Tuttavia, la maggioranza dei membri del Nitijeļā aderisce a gruppi politici informali, e per questo non è facile convincerli a cambiare posizione.

Il 2 gennaio, il voto per la carica presidenziale ha visto una sfida testa a testa tra Kabua e Heine, ma alla fine è stata proprio quest’ultima a prevalere per un solo voto, con 17 preferenze contro 16. Allo stesso tempo, Brenson Wase ha ottenuto la carica di presidente del parlamento, sostituendo dunque Kenneth Kedi.

Sebbene a livello di politica interna vada segnalato l’importante cambiamento avvenuto nella politica delle Isole Marshall, questa non sembra destinata a vedere modifiche rilevanti in materia di politica estera. La nuova presidente delle Isole Marshall, Hilda Heine, ha recentemente confermato la decisione di mantenere i legami diplomatici con Taiwan, descrivendo invece con toni negativi la crescente influenza della Repubblica Popolare Cinese nella regione dell’Oceano Pacifico. Infatti, negli ultimi anni, altri Paesi della regione, come le Isole Salomone e Kiribati, hanno scelto di stringere legami con la Cina, abbandonando Taiwan, mentre le Isole Marshall restano tra i pochi Paesi al mondo a riconoscere l’indipendenza di Taiwan.

Non a caso, subito dopo l’elezione di Heine, il Ministero degli Affari Esteri di Taiwan ha esteso le congratulazioni alla nuova presidente, sottolineando la profonda amicizia tra le due nazioni e l’impegno continuo di Taiwan per sostenere le Isole Marshall in aree cruciali come la sicurezza alimentare, l’assistenza medica, l’infrastruttura, l’adattamento ai cambiamenti climatici e l’empowerment delle donne.

Fortemente influenzate dagli Stati Uniti, dai quali dipendono dal punto di vista economico e militare, le Isole Marshall mantengono dunque la stessa posizione anticinese che era stata portata avanti da Kabua nel corso del suo mandato, in occasione del quale ha anche effettuato una visita diplomatica ufficiale proprio a Taiwan. A Taipei, Kabua ha dichiarato il suo forte impegno nei confronti dei legami con Taiwan, elogiando il Paese come un esempio di “nazione progressista e pacifica“.

La nuova presidenza di Hilda Heine sarà osservata attentamente per vedere come affronterà le sfide interne ed esterne e come gestirà i rapporti con le potenze globali in un contesto geopolitico complesso. La decisione di mantenere i legami con Taiwan sottolinea la volontà delle Isole Marshall di restare sotto il giogo della politica neocoloniale statunitense, come dimostra il fondo fiduciario di oltre 70 milioni di dollari fornito dagli Stati Uniti all’atollo di Bikini dagli inizi degli anni ’80, il cui recente esaurimento ha portato a un arresto dei finanziamenti per cibo, carburante per le centrali elettriche, stipendi, borse di studio e altri bisogni primari.

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