Interregno in Pakistan
Traduzione a cura di Costantino Ceoldo
Il 9 aprile 2022, la maggioranza dell’Assemblea nazionale pakistana ha votato per destituire il primo ministro Imran Khan. Sebbene la camera alta del parlamento fosse stata precedentemente sciolta dal presidente Arif Alvi, la Corte Suprema ha ritenuto incostituzionale l’azione, consentendo ai parlamentari di riunirsi nuovamente per un voto di sfiducia. A seguito delle dimissioni del primo ministro, il procuratore generale del Paese, Khalid Javed Khan, si è dimesso.
L’opposizione ha applaudito, mentre i sostenitori di Imran Khan sono scesi nelle strade di Islamabad, Lahore, Karachi, Peshawar e di altre grandi città. Imran Khan ha promesso di lanciare una lotta contro il colpo di Stato orchestrato da potenze straniere. Le forze armate e la polizia sono state messe in massima allerta, le misure di sicurezza sono state rafforzate e ai controllori aeroportuali è stato ordinato di non permettere a funzionari e politici di lasciare il Paese senza un’adeguata autorizzazione.
Il 10 aprile, durante una riunione dell’Assemblea nazionale, l’opposizione ha nominato Shahbaz Sharif nuovo capo del governo. Un altro candidato a capo del governo del partito “Movimento per la Giustizia” è stato nominato dall’ormai ex ministro degli Esteri Shah Mahmood Qureishi. L’11 aprile si sono svolte le votazioni all’Assemblea nazionale. Tuttavia, il partito del Movimento per la Giustizia ha boicottato la scelta del primo ministro, che ha però ottenuto il quorum necessario. Questa procedura annulla le elezioni anticipate precedentemente annunciate e che ora si svolgeranno come previsto nel 2023.
Per un quadro completo del campo di gioco politico, sono necessari ulteriori chiarimenti.
Il leader musulmano della Lega-N Nawaz Sharif e sua figlia Maryam sono stati condannati per corruzione sotto Imran Khan, che era particolarmente zelante nella lotta alla corruzione, al clientelismo e ad altra corruzione politica (sebbene Nawaz Sharif si fosse dimesso in precedenza per questo motivo, il che ha portato a elezioni anticipate in cui ha vinto il partito di Khan, Movimento per la Giustizia). Mentre era già condannato e stava scontando la pena (sette anni ed una pesante multa), Nawaz Sharif è stato autorizzato ad andare a Londra per cure mediche, ma non è mai tornato nel Paese per continuare a scontare la pena. Lui stesso, come i suoi parenti, rappresenta un importante clan oligarchico nel Punjab, il che ha portato alcuni media a dire che il fratello di Nawaz, Shahbaz Sharif, diventerà il nuovo Primo Ministro. Come suo fratello, Shahbaz Sharif ha un passato criminale ed è indagato dal 2018 per corruzione in contratti di costruzioni e riciclaggio di denaro.
La capitale di questo clan è in Gran Bretagna. È interessante notare che una delle iniziative di Imran Khan è stata un tentativo di restituzione dei fondi che sono stati esportati nel suo Paese d’origine. Fu persino dichiarata un’amnistia, sebbene pochi dei ricchi dimostrassero uno spirito di patriottismo. E quando gli ambasciatori dell’Unione Europea hanno cercato di fare pressioni su Imran Khan affinché condannasse le azioni della Russia, il rifiuto istintivo del primo ministro Shahbaz Sharif è stato definito un insulto, peggiorando le relazioni con l’Europa e, pertanto, ha dovuto dimettersi.
Anche l’altra grande forza di opposizione, il Partito Popolare Pakistano, che ha il suo collegio elettorale nel Sindh, si è inizialmente opposta alle riforme di Imran Khan e lo ha criticato in ogni modo possibile. L’ex presidente e co-presidente del partito, Asif Ali Zardari, che rappresenta anche l’oligarchia, è stato accusato di corruzione nel 1990 e ha trascorso due anni in carcere. Ha studiato in Gran Bretagna e anche lui vi ha i suoi centri. Corruzione a parte, è stato accusato di traffico di droga e ha problemi mentali.
La defunta Benazir Bhutto, sua moglie e prima donna capo di Stato, era attivamente impegnata con gli Stati Uniti anche quando era in opposizione al governo del generale Musharraf.
È stato attraverso lei che sono state trasmesse le idee per minare l’establishment militare pakistano e la Casa Bianca ha raccolto il seminato iniziando a fare pressioni su Islamabad per tenere elezioni democratiche.
Ci sono voci secondo cui Bilawal Bhutto-Zardari (figlio della defunta Benazir Bhutto e di Zardari) potrebbe assumere la carica di ministro degli Esteri nel nuovo governo. Data la successione tra clan familiari di partito, ciò è del tutto possibile nonostante la sua giovane età (33 anni). Nel frattempo, ha affermato che tale decisione sarebbe stata presa dal suo partito.
Per quanto riguarda le valutazioni sulle ragioni dell’intervento, si dice generalmente che risiedano nella posizione indipendente di Imran Khan, così come nei suoi legami con Cina e Russia. Imran Khan, infatti, si è dimostrato una figura notevole che, subito dopo essere salito al potere, ha dichiarato che il Pakistan non sarebbe stato una merce di scambio nei giochi di altri Paesi e non avrebbe appoggiato l’Occidente nelle sue guerre regionali. Khan si è rifiutato di condannare le azioni della Russia ed era a Mosca in visita ufficiale quando è iniziata l’operazione speciale in Ucraina. Ma non si può dire che abbia preso una posizione filo-russa. Naturalmente, sotto di lui è stata risolta la questione del debito del Pakistan, che era “pendente” fin dai tempi dell’Unione Sovietica e impediva ai nostri Paesi [NdT – l’autore è russo] di intensificare la cooperazione commerciale ed economica. La fine della questione ha consentito alla parte russa di entrare nel progetto del gasdotto Pakistan Stream, seppur con alcune restrizioni a causa delle sanzioni. Il Pakistan, d’altra parte, ha aumentato i suoi acquisti di grano dalla Russia e prevede di aumentare i volumi nel 2022.
Per quanto riguarda la Cina, la cooperazione tra i due Paesi iniziò a rafforzarsi all’inizio degli anni ’70. È stato il Pakistan a fungere da intermediario tra Cina e Stati Uniti, il che ha portato alla visita del presidente Richard Nixon a Pechino nel 1972 e all’inizio di una cooperazione attiva tra gli ex nemici (Washington si è prefissato l’obiettivo di strappare la Cina all’influenza dell’URSS e di fatto così è stato). La Cina è poi diventata non solo il partner politico del Pakistan, ma anche il suo donatore economico, finanziando un progetto chiave della sua “Belt and Road Initiative”, il China-Pakistan Economic Corridor, che include la gestione da parte di Pechino del porto in acque profonde di Gwadar. La dipendenza dalla Cina è troppo grande. Pertanto, è improbabile che il futuro governo si prenda la briga di peggiorare i rapporti con il suo principale donatore. In qualità di governatore del Punjab, Shahbaz Sharif ha stretto accordi diretti con la Cina, che hanno consentito il lancio di grandi progetti infrastrutturali, evitando il clamore politico. Pertanto, per Pechino, la sua candidatura sarebbe abbastanza accettabile. L’ambasciata cinese in Pakistan ha ufficialmente dichiarato che, indipendentemente da chi è al potere, le relazioni tra i due Paesi rimarranno amichevoli.
L’insediamento in Afghanistan rimane una questione importante. Imran Khan ha compiuto progressi significativi nell’integrazione dei pashtun delle aree di confine nord-occidentali, che sotto di lui sono state ribattezzate Khyber Pakhtunkhwa. Per lo stesso motivo, i talebani (banditi in Russia), la cui spina dorsale è composta da pashtun, stavano suscitando una certa ansia a Islamabad, ansia che ha provocato una serie di negoziati e accordi necessari. Ma vale anche la pena ricordare che gli Stati Uniti hanno quasi apertamente accusato il governo di Imran Khan di aiutare i talebani, cosa che avrebbe portato alla caduta di Kabul e alla vergognosa fuga dell’esercito americano dall’Afghanistan. Secondo la parte americana, il Qatar ha svolto un buon ruolo di mediazione e quindi gli americani non avranno bisogno dei servizi del Pakistan. Sullo sfondo dei beni congelati in Afghanistan e del rifiuto degli Stati Uniti di continuare a finanziare il programma di aiuti al Pakistan, si può presumere che Washington ora agirà nei confronti di Islamabad con un bastone piuttosto che con una carota.
In generale, l’attuale crisi politica colpisce prima di tutto il Pakistan. È probabile che i governatori di Punjab, Sindh e Khyber Pakhtunkhwa si dimettano. Un’altra divisione dei portafogli porterà a una revisione dei progetti e delle iniziative in corso (ad esempio, Imran Khan ha attivamente sostenuto iniziative ambientali e programmi sociali). La scelta di Shahbaz Sharif come primo ministro indica la vittoria di un’oligarchia con legami con l’estero. Sicuramente suo fratello Nawaz potrà tornare nel Paese e le accuse contro di lui saranno ritirate, il che solleverà dubbi su da che parte stia la legge in questo Paese.
Un editorialista di un importante quotidiano pakistano, nel suo articolo intitolato “Il masochismo come politica”, cercando di cogliere i dettagli dei processi in corso, scrive che “oggi si fantastica su coloro che possono offrire la “sorpresa” più grande quando sviano ulteriormente i nostri oppositori e come lo Stato di diritto sarà sacrificato al nostro stesso ego la prossima volta.”
C’è un “ma”. La principale forza politica in Pakistan, nonostante l’apparenza di democrazia, è l’esercito. È da loro che Imran Khan ha ricevuto sostegno nelle elezioni del 2018. È del tutto possibile che il tacito avallo dei militari alla candidatura di Shahbaz Sharif sia dovuto al fatto che hanno un dossier su di lui, quindi non farà gesti drastici che potrebbero danneggiare i loro interessi.
Del resto, la parola “crisi” di origine greca rispecchia bene anche la situazione attuale: è una frattura o una fase di transizione. Il Pakistan può optare per la sovranità e un percorso verso il multipolarismo, come è stato fatto sotto Imran Khan, o tornare al livello di satellite delle potenze occidentali.