Innalziamo la nostra verticale come vessillo sulla Frontiera del Donbass

27.05.2024

Il Pensiero di Aleksandr Dugin, il percorso di crescita della sua Idea, la quale dal bozzolo di posizioni nazionalbolsceviche, è cresciuta come crisalide nutrita dalla filosofia di Heidegger e s’è trasformata infine nella splendida farfalla della Quarta Teoria Politica, oggi in modo coerente continua a volare sempre più in alto come aquila bicipite imperiale, attratta prepotentemente dagli appelli del Divino, il quale nel silenzio delle nostre coscienze chiede a gran voce la doppia fondazione interiore e metapolitica dell’Imperium. Dugin vola quindi verso l’Alto, verso il Totalmente Altro, ha stabilito la sua verticale volando a cerchi concentrici in direzione del Divino come aquila bicefala, come aquila imperiale, volando con le due teste della sua filosofia in itinere e della sua completa fede nel Divino, che vivono e operano in lui in piena coerenza ed unità, a somiglianza di sua figlia Darya, martire escatologica, il cui sangue unito a quello di tanti altri martiri sta concependo e genererà il nuovo Impero Russo con la sua Vittoria e il suo trionfo.

Come altri pensatori, i quali non sono altro che la punta di diamante di una filosofia profondamente vissuta, capace di trascrivere con intelligenza la realtà contemplata ed esperita, il prof. Dugin appare scomodo non solo ai liberali per la sua netta opposizione all’egemonia globalista dei signori dell’oro di Davos, ma a volte il suo Pensiero risulta arduo anche ai suoi allievi e ai suoi seguaci, perché li stimola sempre verso nuove vette eidetiche di ordine apocalittico ed escatologico. Un Pensiero che oggi più di ieri si trasforma così in esigenza spirituale di ascolto, di accoglienza e di sequela del Divino al fine di essere trasformati in autentici Soggetti Radicali promulgatori dell’Imperium, e non invece nei loro diabolici Sosia immersi e sguazzanti come animali immondi nella società liquida postmoderna. Considerato come uccello del malaugurio dai liberali per le sue profetiche affermazioni sulla fine del liberalismo e del mondo Postmoderno, Dugin, invece, nei confronti di chi lo segue con convinzione sembra, di tanto in tanto, rompere le uova nel paniere con molta discrezione ma altrettanta fermezza, indicando nuove tappe verticali del suo Pensiero, che stimolano ad una rinnovata ascesi guerriera tutti coloro che si sono fermati e accomodati alle sue meravigliose ma anche circoscritte tappe precedenti.

Per i cultori della Quarta Teoria Politica, risulta vincolante conoscere il Pensiero di Aleksandr Dugin, ognuno nella misura delle sue capacità culturali. Ma una volta realizzato questo, risulta assai più vincolante avere il coraggio di seguire il Pensiero di Dugin ad ogni sua ansa, tornante, dislivello, vetta, seguirlo cioè per quello che il suo Pensiero appare nell’oggi, anche se ciò comporta di conseguenza scelte di vita radicali e di scollamento totale nei confronti della Seconda e della Terza Teoria Politica nonché del loro retroterra misterico fatto sostanzialmente di materialismo ateo e di gnosi di origine infernale. Oggi Dugin, senza trascurare una originale continua ricerca scientifica riguardo il vero esoterismo e la vera gnosi filosofiche, col suo Pensiero ci esorta con molta fermezza a uscire dalle nostre comodità e dalle nostre riflessioni puramente teoriche, speculative ed estetiche che potrebbero rasentare i discorsi sul sesso degli angeli o sulla onesta ricerca della pietra filosofale, ma che sicuramente mancano di quella praxis dettata oggi dall’emergenza della guerra globale contro l’egemonia unipolare, iniziata più di due anni fa dalla Federazione Russa con l’Operazione Militare Speciale nel Donbass.

A tal proposito, così si esprime Aleksandr Dugin il giorno 20 maggio 2024 sulla sua pagina in lingua russa di Telegram AGD, con un forte appello rivolto a nostro modesto avviso, non solo alla coscienza dei suoi connazionali ma di riflesso rivolto anche a tutti quegli Uomini che nel mondo attuale, non stanno portando avanti ancora in modo chiaro – forse perché disorientati o non pienamente consci della ferocia egemonica di questa battaglia escatologica – la Kulturkampf, la guerra culturale per l’affermazione e la vittoria del nuovo mondo multipolare:

«Davvero non è chiaro a nessun altro che dobbiamo smettere con il solito modo di vivere e iniziare con l’insolito? Siamo profondamente e irreversibilmente coinvolti in una guerra dalla quale c’è solo una via d’uscita: la vittoria. O la otterremo tutti insieme, ciascuno di noi, oppure la guerra diventerà eterna. Quando arriva la guerra, resta solo una cosa da fare: combattere. Allora tutti combattono. Quali concerti, blog, intrattenimenti, (gite in) pullman, film, mostre – oltre a quelli diretti alla guerra e mirati alla Vittoria? Cosa fai? È finita!».

Chi pensa quindi, tra gli eurasiatisti e tra i seguaci della Quarta Teoria Politica in Europa, di continuare il suo ménage umano e culturale come prima del 24 febbraio 2022 senza un impegno totale di ordine interiore e di chiara propaganda multipolare, dimostra di non aver compreso gli estremi della lotta in corso né tanto meno la volontà sincera di prendere posizione, costi quel che costi. Viene in mente a tal proposito una famosa citazione di Lenin – estratta da Tre fonti e tre parti integranti del marxismo – a proposito dell’inganno e dell’illusione che, pur non vedendoci d’accordo per il suo acceso marxismo ideologico antitradizionale, tuttavia ci porta a riflettere. Essa afferma:

«Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni»; 

che ci permettiamo qui di parafrasare, declinandola nel seguente modo: “Fino a quando i consimili della Quarta Teoria Politica, non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di questi o di quei vizi capitali personali e sociali, essi nella metapolitica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni”.

In questa direzione, Darya Dugina, appellandosi a Platone, in una citazione apparsa sul Canale Telegram della Gioventù Eurasiatista russa il 21 maggio 2024 e ripresa dai Canali Telegram Idee&Azione e da quello linguistico internazionale Alexander Dugin, ci insegna con trasparenza mentale il legame tra la guerra contro i vizi capitali – in particolare contro la lussuria e l’ira –, e l’ottenimento di una vera pace interiore, preludio della pace sociale e multipolare:

«La guerra è un argomento molto interessante. Ho cercato di capire come Platone valuta la guerra e mi sono imbattuta nel fatto che presumibilmente pensa a due tipi di guerra. Da un lato, pensa la guerra come attributo del principio Kshatriya. Si tratta di una costante frammentazione del mondo, che si oppone al principio contemplativo, che tende ad essere in uno stato di unità, essendo nell'Uno e in sé (μονόματος). D’altra parte, la guerra è un elemento necessario per il ritorno al vertice di una persona. Quando una persona gerarchizza i principi interiori della sua anima, quando sopprime il principio lussurioso e doma quello violento, anche questa è una specie di guerra. Secondo Platone, risulta che la guerra è uno stato obbligatorio per trovare la pace. La pace non è un dato di fatto, ma un compito. Questo è un obiettivo lontano. E questo può essere raggiunto solo attraverso la guerra...».

Nel volume “La mia visione del mondo. Ottimismo escatologico”, edito da AGA, inoltre Darya Dugina si appella a Julius Evola per descrivere l’escatologia della guerra per un mondo multipolare, iniziata poi storicamente manu militari sulle frontiere del Donbass contro Satana, che era, è e resta l’oscuro Signore che governa l’Occidente dal Rinascimento in poi, e che attraverso lo stesso Occidente oggi vuole sottomettere a sé tutto il resto del mondo ancora parzialmente libero dalla sua egemonia:

«Per Julius Evola, e qui cito la sua Metafisica della guerra, “La guerra offre all’uomo l’opportunità di risvegliare l’eroe che dorme dentro di lui”. La guerra non dovrebbe essere in ogni caso presa come una sfida, un appello a qualche tipo di azione diretta, ad andare a uccidere o a trattare con qualcuno. Questa deve essere una guerra di altro carattere. Quando io, seguendo Evola, pronuncio la parola “guerra”, ho in mente un dominio di profonda rivelazione metafisica. Stiamo parlando di guerra contro l’elemento oscuro, guerra contro il Kali-Yuga, contro il diavolo. Evola non usa il termine “diavolo”, in quanto preferisce parlare di rivolta contro la “tigre” della civiltà moderna, ma il significato è lo stesso. Noi cristiani lo chiamiamo il diavolo e il suo ordine satanico. Voglio citare ancora una volta Evola: “Una tradizione guerriera e una pura tradizione militare non hanno l’odio come base della guerra”. Questo è molto importante: la vera tradizione marziale non conosce odio. I guerrieri sono autentici operatori di pace, persone piene di amore sopra ogni cosa. Questo è un paradosso, e potrebbe sembrare che non sia affatto così, ma se esaminiamo attentamente la descrizione della metafisica della guerra di Julius Evola, questa formula ci diventerà molto più chiara».

Il Pensiero di Dugin ha finalmente innalzato la sua nuova verticale sulla frontiera del Donbass, e ora dobbiamo farlo anche noi, perché volenti o nolenti, siamo in guerra. Una guerra culturale unita a momenti sempre più corposi di resistenza civile da parte delle categorie sociali più bistrattate dalle politiche suicide green create ad hoc dall’Unione Europea, congiunta a suicide iniziative woke & LBGT della stessa, che avvengono consapevolmente con la lucida intenzione globalista di livellare e distruggere ciò che ancora resta della Civiltà Europea.

Il Divino ci esorta alla instaurazione di un nuovo Impero eurasiatico sovranazionale, multipolare, multiconfessionale e multietnico: il governo e il Popolo della Russia vi hanno aderito e hanno iniziato una grande battaglia di Civiltà per la liberazione planetaria, e noi cosa abbiamo intenzione di fare? Restiamo chiusi nelle nostre isole a fare cultura, a studiare, a proporre nuovi libri e pubblicazioni filosofiche e metapolitiche, eventi artistici e musicali? Oppure facciamo Kulturkampf uscendo dall’isolamento e proponendo una cultura, uno studio, nuovi libri e pubblicazioni filosofiche e metapolitiche, eventi artistici e musicali improntate ad una doverosa guerra culturale, nonché primariamente profilate sulla nuova verticale della frontiera del Donbass?

Solo lì infatti, sulla frontiera del Donbass, lo spirito del Donbass si realizza pienamente e in modo simmetrico come guerra militare di frontiera. Una frontiera però che è anche e soprattutto spirituale, mistica ed escatologica, la quale espandendosi nel respiro dello Spirito oltrepassa i suoi limiti naturali e infiamma tutta la Earthland, che così diventa Heartland, ossia il cuore del mondo della Tradizione, pronto alla indivisa battaglia culturale d’idee e d’azione, per predisporre un terreno fecondo e strategico al Grande Risveglio contro il Grande Reset.

Alziamo dunque anche noi la nostra verticale, innalziamo il nostro spirito fondandolo sul terreno spirituale e intriso dal sangue dei martiri della frontiera del Donbass, tenendoci sempre in umiltà come nel primo giorno del nostro Risveglio, facendo ogni cosa con estrema tenacia, sconfinata libertà e inossidabile rigore come fosse la prima, l’ultima, l’unica volta della nostra vita.

Seguiamo quindi più che mai il Pensiero di Aleksandr Dugin, così come si presenta nella sua attualità, nel suo perfezionamento dell’oggi, nella sua nuova verticalità piantata come vessillo sulla frontiera del Donbass. Un Pensiero totalmente focalizzato sullo sforzo di piena unità del Popolo russo, nonché sulla realizzazione metapolitica e politica del nuovo Impero Russo eurasiatico. Un Pensiero che lascia in secondo piano ciò che “ora” rallenterebbe l’Idea Imperiale, un Pensiero capace di eliminare ciò che nel processo del suo decorso storico “oggi” contrasterebbe con l’appello del Divino, il quale chiede a noi un nuovo Imperium capace di risplendere della sua Luce increata sicut Nova Jerusalem.