Il ritorno della grandezza geopolitica
La Storia conosce rivolgimenti lenti e altri subitanei. Lento è stato l’avvento del Medio Evo e altrettanto lento quello che dal Medio Evo ha portato al Rinascimento, in cui, secondo Julius Evola, si sono gettati i semi di quella che sarebbe poi stata la modernità, ossia l’epoca della sovversione rispetto al mondo della Tradizione.
Subitanei invece sono i rivolgimenti storici sorti con l’avvento della modernità e quasi sempre si è trattato di rivolgimenti non previsti, il cui innesco spesso è stato paradossale. Nel 1914 quattro colpi di pistola sparati a Sarajevo innescano quel processo che porterà alla liquefazione degli Imperi Centrali attraverso una guerra civile europea durata quattro anni. In coda a questo processo la Rivoluzione d’Ottobre, che faceva pensare che di lì a poco tutta l’Europa sarebbe stata bolscevica. Accadde invece che l’Europa, a partire dagli anni Venti, fu essenzialmente fascista. Nel 1940, chi avrebbe immaginato che cinque anni dopo avremmo avuto Yalta e per conseguenza il mondo suddiviso in due blocchi? E negli anni Sessanta/Settanta chi avrebbe scommesso sull’implosione dell’Unione sovietica, l’abbattimento del Muro di Berlino e la riunificazione della Germania?
Disintegratasi l’Unione sovietica, liquidato il blocco del Patto di Varsavia era difficile ipotizzare, negli anni Novanta, che la NATO avrebbe spinto i propri confini a ridosso di quelli della neonata Federazione russa e che gli atlantisti avrebbero oltrepassato ogni linea rossa tracciata dal Cremlino, eppure tutto questo è accaduto fino al punto di innescare la cosiddetta crisi ucraina, la linea rossa assolutamente invalicabile.
A partire dagli anni Novanta il progetto di Nuovo Ordine Mondiale Unipolare conosce una inarrestabile crescita. Quasi tutto il Globo ne è preda. Questo processo è stato chiamato Mondialismo, che non pochi confondono con il globalismo. In realtà, se per globalismo ci si riferisce alla sfera commerciale, allora tale sistema è sempre esistito. Roma imperiale commerciava con tutto il mondo allora conosciuto ed esplorato, da Occidente a Oriente. Quel che differenzia l’antico globalismo da quello moderno è la mondializzazione dell’Alta Finanza, cavallo di Troia del Mondialismo inteso come progetto politico, cifra fondamentale del totalitarismo liberale.
Il ritorno alla grandezza geopolitica di Russia e Cina, l’emergere di nuove potenze territoriali come l’India e l’Argentina hanno messo in crisi l’unipolarismo, ovvero il dominio globale geopolitico, finanziario e commerciale dell’Atlantismo e quindi dell’egemonia statunitense. Prende corpo la teoria multipolare. Il concretizzarsi di questo nuovo ordine mondiale multipolare sarà un processo lento o un processo veloce? È questa una delle domande fondamentali che ci dobbiamo porre. E attraverso quali processi si concretizzerà? Negli ultimi tempi abbiamo visto che in Africa e in parte del Medio Oriente il processo conosce una certa accelerazione, mentre nell’Europa occidentale, contro gli interessi dei suoi popoli e grazie alla pessima qualità delle élite politiche foraggiate e sostenute dall’oligarchia statunitense assistiamo ad un arroccamento insensato e autolesionista. Un arroccamento che però fatalmente si sgretolerà per via dell’ingordigia atlantista e del suo apparato industriale-militare con l’azzardo in Ucraina.
Quanto al linguaggio mistificatorio dell’unipolarismo possiamo notare la tipica manipolazione della sua cultura. Dopo un periodo di negazione del sorgente multipolarismo, il soggetto unipolare indica come democratica e liberale la prassi MULTILATERALE. Si tratta di un trucco lessicale. Multipolarismo e multilateralismo non sono la stessa cosa, anzi, la seconda è la negazione di fatto della prima. Il multilateralismo mette al centro l’unipolarismo che lungo i suoi lati contatta e subordina ogni altro soggetto geopolitico mantenendo l’egemonia decisionale. Chi è oltre quei lati subisce l’egemonia del totalitarismo liberale ad ogni livello. Questo escamotage lessicale e concettuale va respinto al mittente e occorre invece affermare con forza l’essenza del multipolarismo, ordine entro il quale ogni grande soggetto statuale genera la propria energia, preserva la propria differenziale identità e cultura e si raffronta con gli altri poli con pari dignità e autorità. E non a caso dico “grande soggetto statuale” e non “nazionale” perché, come più volte sottolineato da Aleksandr Dugin e ben argomentato nel suo testo “Teoria del mondo multipolare”: «In un sistema multipolare, il numero di poli costituiti dovrebbe essere nettamente inferiore a quello degli Stati sovrani attualmente riconosciuti (…). In effetti, la stragrande maggioranza di questi Stati non è oggi in grado di provvedere autonomamente né alla propria prosperità, né alla propria sicurezza, nell’ipotesi di un conflitto con una potenza egemonica (come quella degli Stati Uniti, nel caso del mondo moderno). Essi dipendono politicamente ed economicamente da un’autorità esterna. Di conseguenza, non possono essere centri di una volontà veramente indipendente e sovrana per quanto riguarda le questioni di ordine internazionale». Da questo punto di vista il MULTILATERALISMO serve a questo: mantenere intatto il sistema westfaliano e dipendenti le piccole realtà statuali assoggettandole all’unipolarismo velato da una suggestione fittizia di interdipendenza e sovranità delle nazioni.