Il declino dell’Occidente: Spengler nel mondo di oggi

23.11.2022

L’atemporalità del pensiero e della visione nella politica mondiale è un raro segno di grandezza. Il Declino dell’Occidente di Oswald Spengler, scritto un secolo fa, merita questa distinzione perché si legge come se fosse stato fatto ieri.

Lo storico-filosofo tedesco scrisse nel 1922 che la secolare civiltà occidentale-europea-americana era in declino permanente e irrimediabile in tutte le manifestazioni della vita, tra cui religione, arte, politica, vita sociale, economia e scienza. Per lui, le dimensioni politiche, sociali e ideologiche di questo declino erano evidenti nei fallimenti della classe politica occidentale su entrambe le sponde dell’Atlantico. Vedeva i politici, per lo più basati nelle grandi città, consumati dall’ideologia e dal disprezzo verso le maggioranze silenziose e li descriveva come “una nuova specie di nomade, che si coagula in modo instabile in masse fluide, l’abitante parassitario della città, privo di tradizioni, totalmente privo di fatti, privo di religione, intelligente, infruttuoso e profondamente sprezzante del compatriota”. Oggi la leadership dell’Unione Europea (UE) con sede a Bruxelles, attraverso il suo ricorrente disprezzo per la sovranità nazionale, si addice pienamente a questa definizione.

Spengler riteneva che la decadenza in politica significasse predominio dell’ideologia sull’azione. “Gli uomini di teoria commettono un enorme errore nel credere che il loro posto sia alla testa e non nella scia dei grandi eventi”, scrisse, inconsapevole di quanto questo sia vero oggi, visto che abbiamo appena assistito alla caduta del Primo Ministro britannico Truss che ha sacrificato l’economia sull’altare dell’ideologia. Il dogma che distrugge la coesione sociale e la prosperità è presente anche nella distruzione della competitività manifatturiera dell’Europa, quando i suoi politici negano con la forza l’energia russa a basso costo o quando la Lituania lillipuziana si scontra con la Cina in difesa della “sovranità” di Taiwan. Di fronte a questi eventi il pensatore tedesco avrebbe ripetuto la sua affermazione che “il dottrinario politico… sa sempre cosa si dovrebbe fare e tuttavia la sua attività, una volta che cessa di essere limitata alla carta, è la meno riuscita e quindi la meno valida della storia”.

Quando ascoltiamo il Ministro dell’Economia tedesco Harbeck o il suo omologo degli Affari Esteri Baerbock tenere lezioni sul primato dell’agenda verde o su come il sostegno militare all’Ucraina debba continuare a prescindere da ciò che pensano gli elettori, non possiamo fare a meno di ricordare la domanda severa dello scrittore: “[hanno] una qualsiasi idea dell’attualità della politica mondiale, dei problemi delle città mondiali, del capitalismo, del futuro dello Stato, del rapporto tra la tecnica e il corso della civiltà, della Russia, della scienza?”.

L’“ordine internazionale basato sulle regole”, quell’assioma occidentale nato dall’euforia post-Guerra Fredda e utilizzato per giustificare l’egemonismo a guida statunitense, ci ricorda l’aforisma dello scrittore secondo cui “nulla è più semplice che fare della buona povertà di idee la fondazione di un sistema”. “Anche una buona idea ha poco valore se enunciata da un asino solenne” ci viene in mente quando sentiamo la presidente della Commissione europea von der Leyen o il responsabile degli Affari esteri della UE Borrell ripetere lo stesso mantra. “In politica, solo la sua necessità di vita decide l’eminenza di qualsiasi dottrina”, cosa che è stata dimenticata mentre l’Europa segue ciecamente gli Stati Uniti in una guerra economica che sta rovinando il continente.

Per quanto riguarda il confronto Est-Ovest, in merito alla Cina, Spengler ha evidenziato la tradizionale mancanza di comprensione da parte dei politici occidentali dei principali motori del pensiero cinese, che hanno a che fare con una visione di 4000 anni della storia e del loro posto nel mondo, rispetto al ristretto arco temporale occidentale assorbito dagli eventi che hanno avuto luogo a partire dal 1500. La percezione occidentale della storia nega la storia del mondo, afferma, aggiungendo che la storia del mondo, agli occhi dell’Occidente, è la nostra immagine del mondo e non quella dell’intera umanità.

L’eccezionalismo americano, la pericolosa idea che i valori, il sistema politico e la storia degli Stati Uniti li destinino a svolgere il ruolo di guida del mondo, è stato messo in discussione quando ha sottolineato che ci sono tante morali quante sono le Culture, né più né meno, e che ogni Cultura possiede un proprio standard, la cui validità inizia e finisce con essa, un’affermazione che spiega la necessità di un mondo multipolare. Per quanto sia diventato politicamente corretto criticare le idee di Nietzsche dopo la sua appropriazione da parte dell’ideologia nazista, Spengler affermò che il concetto fondamentale di Nietzsche di volontà di potenza è essenziale per la civiltà occidentale, e questo è coerente con la convinzione occidentale della superiorità dei propri valori e della necessità di imporli alle altre culture. “L’umanità occidentale è sotto l’influenza di un’immensa illusione ottica. Ognuno pretende qualcosa dagli altri. Diciamo ‘tu devi’ nella convinzione che così e così in effetti sarà, potrà e dovrà essere cambiato o modellato o sistemato in modo conforme all’ordine, e la nostra convinzione sia dell’efficacia che del nostro titolo a dare tali ordini è incrollabile”.

Il denaro, la politica e la stampa svolgono un ruolo intimo nella civiltà occidentale, dichiara Spengler. In politica, il denaro “cura” il processo democratico, in particolare durante le elezioni, come nel caso ricorrente degli Stati Uniti. La stampa è al servizio di chi la possiede e non diffonde opinioni “libere”, ma le genera. “Che cos’è la verità? Per la moltitudine, quella che legge e sente continuamente”. Per quanto riguarda la libertà di stampa, ci viene ricordato che ognuno può dire ciò che vuole, ma la stampa è libera di prendere atto o meno di ciò che dice. La stampa può condannare a morte qualsiasi “verità” semplicemente non intraprendendo la sua comunicazione al mondo – “una terribile censura del silenzio che è tanto più potente in quanto la massa dei lettori di giornali è assolutamente ignara della sua esistenza”.

Esistono paralleli sorprendenti tra la povertà odierna delle città statunitensi e la sua osservazione di Roma all’epoca di Crasso, che come speculatore immobiliare ricorda anche Donald Trump. Gli abitanti di Roma sono ritratti mentre vivono “in una miseria spaventosa nelle case-alloggio a molti piani di oscuri sobborghi”, una disgrazia direttamente collegata alle conseguenze dell’espansionismo militare romano e che fa pensare alle attuali condizioni di Detroit, Cleveland o Newark.

Il declino dell’Occidente è stato letto per la prima volta come epilogo della Prima Guerra Mondiale, la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Speriamo che non venga letto nel mondo di oggi come l’introduzione di una nuova calamità.

Traduzione a cura di Costantino Ceoldo

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