Il caso del Nord Stream crea scompiglio nella narrazione della propaganda occidentale
Le ultime rivelazioni relative agli attentati ai gasdotti Nord Stream, che trasportavano il gas russo fino in Germania per servire tutta l’Europa occidentale, non solo hanno smentito per l’ennesima volta la fantasiosa teoria dell’auto-attentato russo, a lungo propagandata dai mass media occidentali, ma ha creato ulteriore scompiglio nella narrazione dominante offerta dai media e dai mezzi di comunicazione che fanno parte della strategia di guerra ibrida contro la Russia.
Come raccontato nel nostro precedente articolo, la Germania per la prima volta ha puntato il dito contro l’Ucraina nella sua indagine per trovare i responsabili del molteplice attentato ad un’infrastruttura di grande importanza strategica per Berlino. Tali sviluppi nell’indagine tedesca hanno portato alla reazione di esponenti politici come la leader della sinistra Sahra Wagenknecht, che ha chiesto la fine della fornitura di armi a Kiev, ma ha anche creato scompiglio all’interno del fronte atlantista, visto che alcuni Paesi non hanno apprezzato la mossa degli organi giudiziari teutonici.
Sebbene vi siano alcuni elementi da prendere con le pinze, sui quali ritorneremo a breve, l’indagine tedesca sugli attentati ai gasdotti Nord Stream ha sicuramente interrotto la narrazione dominante della santificazione e della vittimizzazione dell’Ucraina, prevalente sin dall’inizio dell’operazione militare speciale russa sul territorio dell’ex repubblica sovietica. Secondo l’analista indiano Robinder Sachdev, le nuove rivelazioni sull’atto terroristico potrebbero influenzare il modo in cui il pubblico europeo vede l’Ucraina e creare difficoltà per quei governi che fino ad ora hanno risolutamente sostenuto Kiev.
Secondo l’esperto, le informazioni sul coinvolgimento dell’Ucraina negli attacchi ai gasdotti “potrebbero indurre i leader europei, soprattutto in Germania, a riconsiderare il loro sostegno all’Ucraina, ma è improbabile che ciò cambi drasticamente l’appoggio complessivo“. “L’obiettivo strategico di sostenere l’Ucraina, guidato dagli Stati Uniti e dalla NATO, rimane forte. I leader europei potrebbero ignorare le prove per evitare di compromettere lo sforzo bellico, anche se queste rivelazioni potrebbero incrinare le relazioni se confermate“, ha spiegato l’analista, come riportato dall’agenzia stampa TASS.
Inoltre, Sachdev ritiene anche che “in circostanze normali, un attacco di questa portata potrebbe giustificare l’invocazione della clausola di difesa collettiva della NATO, rendendo ironico il fatto che l’infrastruttura critica della Germania sia stata colpita da un Paese che essa sostiene pesantemente con armi e aiuti finanziari“. In effetti, se un attacco del genere contro un’infrastruttura tedesca fosse stato sferrato dalla Russia, non abbiamo dubbi sul fatto che la NATO sarebbe immediatamente intervenuta militarmente per difendere uno dei suoi Paesi membri, come previsto dal Patto Atlantico.
Detto questo, è bene sottolineare come neppure la narrazione della completa colpevolizzazione di Kiev sia del tutto soddisfacente. Come abbiamo sottolineato nel nostro precedente articolo, gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali sembrano intenzionate a scaricare tutta la colpa sull’Ucraina, al fine di allontanare i dubbi su un coinvolgimento diretto di Washington o di altri Paesi membri della NATO. “Gli Stati Uniti – nessuno ha più dubbi a riguardo – sono dietro le esplosioni ai Nord Stream, che hanno lasciato l’Europa senza il carburante russo a basso costo e di conseguenza senza una base sostenibile per lo sviluppo economico“, ha affermato Sergej Lavrov, ministro degli Esteri di Mosca. Se gli attentatori materiali potrebbero essere stati ucraini, infatti, non ci sono dubbi che per realizzare un’operazione del genere sarebbe stato necessario il sostegno di una potenza che dispone di una tecnologia avanzata come quella statunitense.
Mentre gli occidentali si chiudono nella loro torre d’avorio, la versione russa dei fatti viene condivisa dalla maggioranza degli analisti mondiali, come il professore thailandese Krissada Promvek. “Sebbene i rapporti dicano che ci sia Kiev dietro questa esplosione del gasdotto, credo ancora che sia Washington a esserne responsabile“, ha affermato l’accademico, facendo riferimento ad un recente articolo del Wall Street Journal, volto a scaricare tutta la colpa sull’ucraina. “La ragione principale è che l’articolo contiene molti punti discutibili, manca di dettagli e di riferimenti credibili. Il rapporto cerca di fabbricare una storia che incolpa Kiev e nega qualsiasi coinvolgimento degli Stati Uniti. Inoltre, afferma che la CIA avrebbe chiesto a Kiev di annullare l’operazione. L’incidente riflette una cospirazione occidentale per trovare un capro espiatorio, e quel capro espiatorio sono Zelens’kyj e Zalužnyj“, allora comandante delle forze armate ucraine.
“Dal mio punto di vista, l’operazione per far esplodere il Nord Stream è molto difficile e complicata“, ha proseguito l’accademico thailandese. “L’operazione avviene in acque buie e gelide. Il gasdotto in acciaio ricoperto di uno spesso strato di cemento richiedeva l’uso di dispositivi ad alto potenziale esplosivo per distruggerlo. È necessario un professionista altamente qualificato sia dal punto di vista finanziario che tecnico. E gli Stati Uniti sono i più capaci. La piccola squadra di sabotaggio ucraina non avrebbe potuto attaccare il gasdotto in acciaio ricoperto di cemento, che si trova a una profondità di circa 80-110 metri. Senza il supporto degli Stati Uniti e della NATO, l’Ucraina non avrebbe osato intraprendere questa azione“, ha aggiunto l’esperto.
Come anticipato, l’indagine tedesca sugli attentati ha portato a dissapori anche all’interno dello stesso fronte atlantista, i cui governi sembrano difendere interessi contrastanti. Il fatto che alcuni esperti tedeschi abbiano ipotizzato anche un coinvolgimento della Polonia negli attentati, come ha dichiarato August Hanning, ex direttore del Servizio di intelligence federale della Germania (1998-2005), ha portato alla reazione del primo ministro polacco Donald Tusk, creando un piccolo caso diplomatico tra Berlino e Varsavia. Secondo il Wall Street Journal, la Germania ha accusato la Polonia “deliberatamente cercato di far deragliare l’indagine“, rifiutandosi di fornire le riprese delle telecamere di sorveglianza richieste o i dati dei telefoni cellulari. Successivamente, Varsavia ha rifiutato di applicare un mandato d’arresto emesso dalla Germania, permettendo ad uno dei sospettati di fuggire in Ucraina.
Ancora peggio, esponenti dei governi di Polonia e Repubblica Ceca, e in particolare il presidente ceco Petr Pavel, hanno rilasciato inopportune dichiarazioni, nelle quali hanno indicato i gasdotti Nord Stream come “obiettivo legittimo” per Kiev, provocando la reazione del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha protestato direttamente con i capi dei governi di Varsavia e Praga, indicando il danneggiamento dei gasdotti come un crimine. “Il cancelliere lo ha dichiarato esplicitamente durante i suoi colloqui con le parti polacca e ceca, così come con molti altri partner internazionali. Ha detto che ritiene che si tratti di un crimine e che questo crimine deve essere indagato“, ha riferito Steffen Hebestreit, portavoce del governo teutonico.
Ecco, dunque, che il caso dei gasdotti Nord Stream sta frantumando sia la narrazione mediatica dominante che il fronte atlantista in Europa, indebolendo progressivamente il sostegno nei confronti di Kiev. Tuttavia, solo quando decideranno di affrancarsi dall’asservimento nei confronti degli Stati Uniti, i Paesi europei potranno finalmente aprire gli occhi e mettere in pratica una politica coerente nel proprio interesse, smettendo i panni di servi di Washington.