Per il bene della causa. Una esortazione alla lotta per la Civiltà multipolare. In memoriam di Darya Dugina
Le radici di una continuità ideale
“Questa guerra spirituale contro il mondo postmoderno mi dà la forza di vivere. So che sto combattendo contro l’egemonia del male per la verità dell’eterna Tradizione”. Darya Dugina
L’adesione al pensiero politico di Aleksandr Dugin è la conseguenza coerente e il compimento attuale del percorso politico dell’Ordinovismo, il quale dalle sue origini ha fatto della Tradizione, della struttura metapolitica Imperiale e del pensiero di Julius Evola i suoi fondamenti. In una visione del mondo che già negli anni ’50 del XX Secolo andava oltre il mito del sangue del nazionalsocialismo e della concezione dello Stato del fascismo, per dare un nuovo volto all’Idea Imperiale quale vastissima realtà geopolitica naturale e sacrale di confederazione di Popoli ed Etnie.
Una realtà che era già storicamente e militarmente nata durante la II Guerra mondiale, con l’adesione di molti giovani dell’Europa e dell’Asia alle forze armate tedesche (Wehrmacht e Waffen SS) come identità guerriera sovranazionale e multietnica in funzione principalmente anticomunista o, come nel caso delle unità combattenti su base volontaria dellaRSI, con un ruolo fortemente antiplutocratico e anticapitalista.
Accusare quindi oggi questa parte storica rilevante dell’Area nazionalpopolare – volgarmente e ingiustamente chiamata “di destra” – come traditrice dei valori europei, in quanto ha apertamente appoggiato Putin e l’Operazione Militare Speciale russa vista come scontro tra il nuovo ordine mondiale unipolare e una nuova civiltà di imperi multipolare, significa non conoscere né la sua storia né il suo percorso politico. Significa pure l’essere relegati ad una ignoranza della attualità geopolitica ancorata a schemi obsoleti o l’essere confinati nell’utopia di un terzoposizionismo antistorico di tipo euclideo, sempre più elucubrante, e quanto mai incapace di far quadrare il cerchio.
Solo la Tradizione genera il Ribelle
“Nella Modernità appare qualcos’altro. Appare un individuo ibrido. Non un eroe, un aristocratico, un prete-guerriero che ha un rapporto personale con la morte. Né un coltivatore di grano, un contadino, un gruppo etnico, con un Antenato collettivo e un’identità comunitaria. Il Borghese è un mutante, un incrocio tra un guerriero codardo, un cavaliere avido e un contadino pigro e sfacciato. L’archetipo di un lacchè. L’individuo è un bastardo. In un primo momento, questo bastardo distrusse l’Impero, la Chiesa e le comunità rurali e, nella forma del Terzo Stato, creò una nazione. Una nazione è un agglomerato di individui, bastardi borghesi, vili commercianti. Pertanto, il nazionalismo è sempre un abominio. Ho paura di combattere, non voglio lavorare. Speculerò e scambierò. Una nazione non è un gruppo etnico, non è un popolo, non è una società arcaica, non è una società tradizionale, non è un’aristocrazia. Questa è la Modernità”. Aleksandr Dugin
Quello che Aleksandr Dugin afferma dell’élite russa attuale affetta da occidentalismo, lo possiamo intendere anche per la nostra Area nazionalpopolare. Seguire la Tradizione è una scelta sofferta nei fatti perché implica il disincrostare le nostre abitudini consumistiche e pseudovaloriali di vittime del capitalismo occidentale.
Siamo tutti per la Tradizione a parole, nei fatti poi molti di noi restano nel loro guscio borghese e ti vengono pure a dire convinti “che la metapolitica non dà da mangiare agli italiani né sbarca loro il lunario”. Salvo poi che essi vivono e continuano a vivere coi dettami della metapolitica consumistica e transumana di chi ci governa dal 1789 ad oggi. Ma a loro sta bene così, nascosti nei canali multimediali dei social quali leoni da tastiera, nei meandri di mamma RAI, Mediaset, Sky ecc., divengono poi pecore in cabina elettorale, perché il Passaggio al Bosco è per essi utopia, mentre loro stessi continuano a vivere in questa mortifera utopia di totalitarismo liberale che sta distruggendo l’Europa dei Padri.
Penso che molti di coloro che hanno preferito un comodo carrierismo politico alla ribellione sistemica, siano stati corrotti dal desiderio della tranquillità umana e della realizzazione personale – cose peraltro legittime per l’uomo comune –, ma il dolore più grande è quello di cogliere che alcuni consimili, strutturati naturalmente nel canone dell’innatismo eroico evoliano, all’immolazione cruenta o incruenta sulle barricate della Storia e a quella ancor più provante del sacrificio quotidiano e dell’anonimato militante che fa humus, abbiano preferito le luci della ribalta, il soldo facile, il tradimento continuo e costante dei propri ideali.
Ad essi possiamo aggiungere – per dirla alla Murelli – quegli pseudotraditi dalla spartizione politica del potere, che delusi da questa mancata realizzazione personale continuano ad ostentare milieu di purezza rivoluzionaria e si ostinano a vivere nel passato, incapaci di cogliere le anse e i nuovi orizzonti della Tradizione purificata da insane ideologie novecentesche figlie della prima guerra civile europea, del fallimento democratico parlamentare del primo dopoguerra e proponenti quell’Uomo nuovo che senza la Tradizione è soltanto un mostro totalitario.
Che dire infine di tutti loro, dei primi e dei secondi?… se non che erano con noi ma non sono dei nostri… solo la Tradizione genera il Ribelle e i ribelli combattono solo per il ritorno all’Ordine divino come Re Artù e per la Giustizia sociale come Robin Hood nel passaggio al bosco, tertium non datur…
Nel cuore della Lotta
“Da tradizionalista (cioè basando la mia comprensione del mondo sulle opere di René Guénon e Julius Evola), l’Impero, l’idea di Impero, mi sembra la forma positiva e sacra dello stato tradizionale. Al contrario, credo che il nazionalismo sia solo una tendenza ideologica della modernità, sovversiva, profana, laica, diretta contro l’unità dell’ordine sovranazionale dell’Impero di sua forma ecumenico. D’altra parte, come russo, l’Impero mi sembra la modalità di sovranità più adatta per il mio popolo e i suoi fratelli europei, il più naturale nel cuore. Forse noi russi siamo l’ultimo popolo imperiale al mondo. È perché l’idea di un popolo è strettamente legata all’idea di un impero. Quando diciamo “i russi”, di solito intendiamo “il nostro popolo” e includiamo la grande moltitudine di popoli che abitano le nostre terre e condividono con noi l’immenso spazio geopolitico che è la Russia.” Aleksandr Dugin
Ritengo che la weltanschauung di Dugin sia la più appropriata per lanciare le basi non tanto di una lotta “antisistema”, sostantivo ormai metapoliticamente obsoleto, ma quelle per un mondo nuovo multipolare. A mio modesto avviso, mai la critica del liberalismo ha toccato profondità abissali di smascheramento epistemologico, metodologico e tecnologico quanto con Dugin che è un pozzo di continue intuizioni in tal senso. La guerra di propaganda che l’élite globale di Davos ha lanciato nel corso degli anni nei confronti di Aleksandr Dugin, del movimento eurasiatista e della visione multipolare sembra finalmente aver raggiunto una simmetria di forze precedentemente inimmaginabile. Questa nuova fase di riequilibrio della guerra psicologica in senso simmetrico, ha subito un’implementazione ed una decisa accelerazione a causa dell’Operazione Militare Speciale in Ucraina da parte della Russia, come pure dall’opinione non conforme che attraverso i social moltissimi cittadini si sono fatti a tale riguardo, bypassando il pensiero unico dei media e le ridicolaggini di una propaganda spesso così falsa, che ha gettato lo stesso mainstream – con le sue agenzie di informazione teleguidate dai servizi segreti NATO e occidentali – nel più assoluto discredito.
A nulla è valsa l’equazione dei media atta a stabilire, per discreditare, una continuità temporale tra i no vax e i filorussi. Tale parallelo ha solo ulteriormente evidenziato che nel nostro Paese esiste ormai una diffusa coscienza popolare – e l’altissima percentuale di persone contrarie alla partecipazione dell’Italia ad armare la guerra in corso lo dimostra– che ha una chiara percezione che il potere politico ormai è solo una regia neanche più tanto occulta ma anzi sfacciata. Regia in cui si sommano l’influenza del potere finanziario e pragmatico delle multinazionali al potere strategico, reale ed effettivo dei nuovi padroni del mondo finis Storiae, transumani e bigresettari di Davos. Tuttavia tale guerra di propaganda ha avuto due fasi precedenti, totalmente asimmetriche e a sfavore della visione multipolare antagonista al pensiero unico e al politically correct dell’unipolarismo a trazione USA. Come spiegava recentemente Rainaldo Graziani a tal proposito, ad alcuni simpatizzanti della Comunità organica di destino presente alla Corte dei Brut, le due asimmetrie precedenti riguardavano, la prima con il silenzio stampa tombale riguardo il movimento multipolare eurasiatista e il suo leader mondiale, la seconda con la falsa propaganda dei media nei suoi confronti, condita da errori, calunnie, deviazioni, maldicenze, demonizzazione del nemico. In questo modo il vastissimo spessore umano, culturale e scientifico di Aleksandr Dugin veniva ridotto ed esorcizzato alla figura di nuovo Rasputin del Cremlino.
Nell’attuale equilibrio di guerra psicologica simmetrica, per la verità più qualitativo che quantitativo tra unipolarismo e visione multipolare se, al dire di Dugin, il Grande Risveglio contro il Grande Reset imposto da Davos è ancora in gran parte un’aspirazione elitaria popolare più che una concreta realizzazione politica, resta da capire concretamente il “Che fare?”. Ossia qual è concretamente quell’elemento topico, quell’acciarino, quella pietra focaia in grado di far scaturire la scintilla del cambiamento di weltanschauung, di tensione metapolitica, di realizzazione pratica microsociale in grado poi di spingere al cambiamento macrosociale?
Se per Evola la rivolta contro il mondo moderno passava per il cavalcare la tigre da parte dell’individuo assoluto; se per Dugin la rivolta contro il mondo postmoderno passa attraverso il soggetto radicale che incarna in sé la Tradizione senza la Tradizione per edificare la realtà concreta e non ideologica dell’Idea imperiale; ne consegue che – almeno per la nostra amata Europa – l’aggregazione nella Tradizione debba avvenire necessariamente tra i “consimili” e debba assolutamente passare per la conseguente edificazione a livello metapolitico ed economico-sociale delle Comunità Organiche di Destino. Il senso della “missionarietà” alla ricerca dei consimili, per convincerli della bontà della lotta multipolare e spronarli alla costituzione o all’adesione alle Comunità organiche di destino, a nostro modesto giudizio rappresenta il focus su cui impostare la politica organizzativa microsociale dei prossimi anni, una politica capace di riattivare il tessuto solidale e cameratesco attraverso l’aggregazione sociale e la lotta culturale contro il nuovo ordine mondiale imposto dall’imperialismo occidentale e a favore di una visione realista imperiale multipolare.
La purificazione da questa fase totalitaria del liberalismo deve essere radicale e senza sconti: ad esempio il ritorno alla terra, alla natura, alla solidità dei rapporti viso a viso e non strettamente virtuali, il decondizionamento dallo tsunami multimediale e transumano che travolge e uccide le nostre anime e molto altro. Non dobbiamo quindi limitarci ad essere uomini in piedi in mezzo a un mondo di rovine, ma dobbiamo cominciare a diventare costruttori di cattedrali, soprattutto quella interiore e quella delle Comunità organiche di destino.
Il Grande Risveglio: una battaglia per la libertà delle Civiltà contro il NWO
“L’Occidente crede che il suo percorso storico sia un modello per tutte le altre civiltà destinate a seguire esattamente la stessa direzione. Questo è il suo razzismo di civiltà culturale. Questo approccio ha condotto l’Occidente in un vicolo cieco, in un labirinto di nichilismo e antiumanesimo. L’Occidente, credendo di essere saldamente sulla via del progresso, distrusse la famiglia, legalizzò tutti i vizi possibili, abbandonò la religione, la tradizione, l’arte che incarnava la sua volontà verso il sublime e l’ideale. È impantanato nella materia, nel denaro, nella tecnologia, nelle bugie. E chiama cinicamente questa degenerazione sviluppo e progresso. Scartando la Modernità occidentale, ci rimane una Tradizione che era comune nelle sue radici tra i romani e i greci, tra i primi cristiani, nel contesto del primo impero cristiano, la cui fedeltà abbiamo mantenuto più a lungo di altri, combattendo la modernità”. Aleksandr Dugin
Oggi, per “consimili” si intendono tutti gli aderenti alle Comunità organiche di destino, per lo più provenienti dall’Ordinovismo e da altre frange dall’area nazionalpopolare, che hanno fatta propria la vocazione eurasiatista alla Tradizione multipolare delle Civiltà dei Popoli, così come viene proposta dalla filosofia metapolitica di Aleksandr Dugin. Quindi, un nuovo cameratismo militante su base allargata a tutte le realtà dispose a lottare contro il totalitarismo liberale, a organizzazioni di consimili nate per combattere contro l’unipolarismo a trazione USA, il quale usa tutti i mezzi leciti e illeciti per attuare in tutto il mondo: pensiero unico, politically correct, finis Storiae, grande Reset, transumanesimo, cancellando ciò che di sociale e di sanamente individuale esiste ancora nell’essere umano.
Tuttavia, non tutta l’Area nazionalpopolare aderisce o è favorevole a questo Progetto di Grande Risveglio. C’è chi ha pagato troppo in termini giudiziari e ha detto Stop ad ogni altra militanza che possa ricreare un clima di giustizialismo russofobico da parte del potere esecutivo e giudiziario; chi invece restando fortemente anticomunista non riesce a dissociare la Storia della Russia dal suo passato bolscevico; chi vive ancora nell’utopia del razzismo bianco che deve combattere contro l’invasione multirazziale proveniente da Est e promuove un’Europa ariana; chi infine non prende posizione per non distruggere rapporti sociali d’Area costruiti faticosamente negli anni e ora teme l’isolamento sociale. Se questi sono i fatti, il fatto più grave per questi Amici è quello di essere rimasti indietro con l’orologio della Storia e pensare di leggere l’attualità con i parametri del XX Secolo: quelli del Ventennio o dei “mille anni”, quelli della Guerra fredda o quelli dell’alleanza USA/RUSSIA finalizzata alla distruzione totale dell’Europa.
Oggi il fronte della Lotta è cambiato e appare sempre più nella sua vera forma di lotta spirituale tra Tradizione e Antitradizione, tra Civiltà residue e Anticiviltà, tra Katechon e Anticristo e l’attacco diretto all’essere umano nella sua dimensione individuale, familiare e sociale naturale lo dimostra ampiamente, in un momento in cui vedremo presto anche la legalizzazione della pedofilia, dopo che da un punto di vista medico psichiatrico è già stata sdoganata da perversione a tendenza sessuale.
Per questi motivi, esortiamo i nostri Amici a farsi forza, ad avere il coraggio di abbracciare questa Lotta, che non è neanche più una scelta metapolitica ma un’urgenza di guerra spirituale. Sappiano guardare dentro sé stessi – come postulava Julius Evola – per vedere se in essi è presente quell’innatismo aristocratico, quel DNA degli Arya, quell’impulso delle Stirpi degli Eroi indoeuropee, su cui innestare l’appello con cui oggi il divino, l’Alto ci chiama a compiere l’impresa in questo crepuscolo apocalittico dove tutto non è ancora perduto, poiché è l’uomo che offre la sua spada, ma è Dio che concede la vittoria.
Consolidare i rapporti tra persone libere e ricostruire le relazioni sociali che si costituiscono in Comunità organiche di Destino ispirate al cameratismo, è l’unico futuro possibile per la grandezza di una nuova Europa Impero confederato. Guardare indietro nel passato le radici spirituali della Stirpe, per vivere nel presente la sua potenza atavica e proiettarla nel futuro alle generazioni che verranno. Questa è l’essenza, questa è la forza, questa è la visione del mondo castale degli indoeuropei: un mondo di sacerdoti, di guerrieri, di artigiani e contadini. Tre in Uno e Uno in Tre a somiglianza di Dio. Tutti per Uno e Uno per Tutti. “La visione del mondo non si basa sui libri, ma su una forma interiore e su una sensibilità aventi un carattere non acquisito ma innato” (J. Evola Intellettualismo e Weltanschauung).
La Comunità organica di destino può restare una mera utopia della Quarta Teoria Politica multipolare e l’Impero un suo miraggio, se non si diventa a tutti gli effetti “Tutti per Uno, Uno per Tutti!”, senza stancarsi. Ad esempio, laComunità Organica di Destino presente alla Corte dei Brut, col suo impegno filosofico, artistico, culturale e nelle scienze umane, oggi è l’equivalente di un piccolo monastero benedettino dell’alto Medioevo. Essa rappresenta quel buon seme, quell’humus, quel terreno fecondo, quel laboratorio spirituale il quale ha contribuito pazientemente nei secoli alla nascita del Sacro Romano Impero dei popoli d’Europa che già è stato e che nuovamente sarà instaurato, nella prospettiva di un nuovo mondo multipolare strutturato in civiltà sovrane, indipendenti e finalmente libere dall’aggressione del mondialismo unipolare a trazione USA e NATO.
Per il bene della Causa, nell’attesa del Risveglio
“Agli occhi dei globalisti, anche altre civiltà, culture e società tradizionali devono essere oggetto di smantellamento, riformattazione e trasformazione in una massa cosmopolita globale indifferenziata e, nel prossimo futuro, essere sostituite da nuove forme di vita, organismi postumani, meccanismi o esseri ibridi. Pertanto, il risveglio imperiale della Russia è chiamato ad essere un segnale per una rivolta universale di popoli e culture contro le élite globaliste liberali. Attraverso la rinascita come impero, come impero ortodosso, la Russia costituirà un esempio per altri imperi: cinese, turco, persiano, arabo, indiano, nonché latinoamericano, africano… e europeo. Invece del dominio di un unico “impero” globalista del Grande Reset, il risveglio russo dovrebbe essere l’inizio di un’era di molti imperi, che riflette e incarna la ricchezza delle culture umane, delle tradizioni, delle religioni e dei sistemi di valori”. Alexandr Dugin
Penso sinceramente che in Italia – con la salita ai Cieli di Darya Dugina – arte, cultura, iniziative editoriali e conferenze siano ormai insufficienti per affermare la verità della nuova civiltà multipolare promossa dalle Comunità organiche di destino.
Serve uno scatto di reni per non disperdere il movimento eurasiatista nei meandri della paura e dell’esitazione di trovarsi davanti a un nemico apparentemente invincibile che usa tutti i mezzi leciti e illeciti del potere per schiacciare il dissenso. Dissenso che dovrà diventare formazione integrale orientata ad una azione organica e diversificata, capace di comprendere corpo, mente, anima, relazioni interpersonali e comunitarie ma soprattutto azione metapolitica fortemente presente nel sociale e capace di influenzare come un grande think tank la politica parlamentare e quella locale per avere eco sui media, visto che siamo entrati in una fase di lotta più virulenta e spietata.
Al di là della doverosa vicinanza e dello smisurato affetto dovuto ad Aleksandr Dugin per la perdita della amata figlia Darya, tuttavia non è il tempo di piangere, di lamentarsi, di dire che si uccidono arbitrariamente le idee e le persone pure, che uccidere i filosofi, gli artisti è la cosa peggiore. Queste perversioni l’ingiusto Potere le commette da sempre. A che serve quindi il lamento? A che giova dunque l’afflizione? Solo a denervare lo spirito della lotta al potere globale illegittimo e perverso, pervertito e pervertitore.
La morte di Darya ci apre solo la coscienza e la illumina di vero e di realtà, ci leviamo in piedi dal nostro sonno consumistico e social scoprendo l’amara verità che solo pochi di noi riuscivano già a cogliere e a vivere nel loro intimo:siamo in guerra! Una guerra totale! Risvegliamoci quindi, inneschiamo con le nostre vite e con il nostro impegno organizzato il Grande Risveglio della Tradizione contro il Grande Reset transumano dei signori dell’oro di Davos. Se è vero l’adagio secondo cui “chi semina vento raccoglie tempesta”, seminiamo senza paura il vento della verità e sicuramente raccoglieremo la tempesta che il nemico mondialista ci esploderà contro. Ma per questo non temiamo poiché è meglio vivere un giorno da leone che cent’anni da pecora, è meglio morire in questa guerra, in questa lotta, in queste battaglie quotidiane che morire in un letto da vecchi e alla fine dei nostri giorni terreni rimpiangendo e piangendo per aver vissuto una vita da schiavi. Darya ci insegna la Via, Dio ci concederà la Vittoria. Con l’aiuto di Dio che Darya ci benedica dall’Alto e dia temerarietà ai forti, coraggio agli esitanti e volontà agli inquieti.