Heartland distribuito: verso una geopolitica multipolare

11.06.2022

Occorre discutere di un problema geopolitico che, a mio avviso, è centrale nella costruzione di un mondo multipolare. Chi conosce la geopolitica sa che una delle leggi o concetti principali della geopolitica è la nozione di Heartland. Tutte le scuole classiche di geopolitica – compresi i modelli di Mackinder, Spykman, Haushofer, Brzezinski, ecc. – riconoscono un profondo dualismo tra l’Heartland – il Continente, la Civiltà della Terra – e la Civiltà del Mare, incarnata oggi dal mondo anglosassone, in primo luogo dagli Stati Uniti e dalla loro politica marittima. La Civiltà del Mare, o Sea Power, cerca di circondare l’Heartland – il Continente, l’Eurasia – dal mare e di controllare i suoi territori costieri. Il Sea Power cerca di scoraggiare lo sviluppo dell’Heartland, realizzando così il suo dominio su scala globale. Come disse Mackinder, “chi controlla l’Europa orientale, controlla l’Heartland, e chi controlla l’Heartland, controlla il mondo”. Questa idea è stata successivamente sviluppata da Spykman in: “Chi controlla il Rimland (la zona costiera dall’Europa alla Cina e al Sud-Est asiatico), controlla l’Heartland, e chi controlla l’Heartland, controlla il mondo”.

La lotta per governare l’Heartland – con il Sea Power dall’esterno o con l’Heartland stesso dall’interno – è la formula principale della storia geopolitica, l’essenza stessa della geopolitica. La geopolitica è la battaglia per l’Heartland. Tutte le scuole di geopolitica si fondano e procedono da questo modello.

Nel mondo bipolare della Guerra Fredda, l’Heartland era rappresentato dal campo orientale, in primo luogo l’URSS, mentre il Sea Power era il campo occidentale (l’Europa occidentale, i Paesi fedeli all’Occidente in Medio Oriente, ecc.) L’Heartland, di fronte all’URSS, perse questa guerra all’inizio degli anni ’90, il che segnò l’inizio del momento unipolare. La sconfitta di Heartland nella Grande Guerra dei Continenti ha dato inizio al momento unipolare, un’architettura unipolare in cui la civiltà del mare e del potere marittimo ha raggiunto il dominio totale. Fukuyama ha così proclamato la Fine della Storia. Il Sea Power ha governato l’Heartland esternamente, ad esempio attraverso la Quinta Colonna a capo dello Stato russo, come è avvenuto negli anni Novanta. Heartland è stato bloccato. Da quando Putin è salito al potere, la Russia ha ricominciato a percorrere la strada della sovranità, mentre la NATO ha continuato a bloccare la Russia. Negli anni ’90, la battaglia contro Heartland fu vinta da Sea Power e Heartland fu “ritirato dal sistema”. Così è iniziato il momento unipolare: la vittoria globale del Sea Power.

Oggi parliamo spesso di un mondo multipolare e di come la Russia, nonostante le sue terribili perdite, abbia conservato la sua identità, sia tornata in sé, sia tornata nella storia, e si sia leggermente liberata dal dominio totale della Quinta Colonna all’interno della Russia stessa. Allo stesso tempo, il dominio unipolare del Sea Power si è in qualche modo ritirato, poiché la Russia ha ottenuto alcuni vantaggi. È evidente che Fukuyama ha dichiarato prematuramente la fine della storia e la vittoria globale del liberalismo. In effetti ci siamo andati vicini e possiamo dire di aver vissuto nel mondo unipolare, ma questo mondo unipolare non poteva essere reso eterno, non poteva affermarsi, e quindi è diventato solo un momento, un episodio.

Così come nasce il mondo multipolare, nasce anche una contraddizione. Se prendiamo in considerazione una sola potenza marittima e un solo heartland, quando si parla di un mondo multipolare, la Russia non può essere l’unico heartland. La Russia non può realizzare un mondo multipolare da sola. Come minimo, il multipolarismo implica quattro o cinque dei poli più importanti del mondo. La Russia potrebbe essere il centro di questo mondo multipolare o solo uno dei suoi poli. Ma la Russia non può essere l’unico Heartland.

Nel corso di numerose discussioni, conferenze, discorsi, lezioni e articoli, sono giunto alla conclusione che è giunto il momento di introdurre la nozione di Heartland ripartito o “distribuito”. A tal fine, ritengo sia importante esaminare attentamente la geopolitica tedesca degli anni Venti-Trenta, che proclamava la Germania come l’Heartland europeo. L’interesse per noi non è tanto la Germania in sé, quanto la possibilità stessa di considerare un ulteriore Heartland.

Naturalmente, esiste l’Heartland russo, eurasiatico, ma non può affermarsi come potenza di terra da solo. Di conseguenza, è necessario guardare con attenzione a un Heartland europeo, un polo europeo: ad esempio, un’alleanza franco-germanica o l’asse Parigi-Berlino-Mosca. L’Europa continentale può essere vista come un Heartland che potrebbe e dovrebbe essere amichevole nei confronti dell’Heartland russo, pur essendo un fenomeno indipendente.

Un Heartland cinese è una questione completamente diversa. La Cina, dopo tutto, è un Rimland, una zona costiera. Se riconosciamo alla Cina lo status di Heartland, allora riconosciamo alla Cina uno spazio strategico indipendente. Se qualifichiamo la Cina come Heartland, allora stiamo enfatizzando l’aspetto conservatore della Cina, o meglio della Cina come Land Power. Ma se la Cina si dichiara un Heartland contro la Russia, proprio come la Germania hitleriana si dichiarava il cuore dell’Eurasia contro la Russia sovietica, allora sorgerà immediatamente un conflitto.

Se la Russia mantiene lo status di polo indipendente, allora questo “Heartland distribuito” acquista un significato completamente diverso. Allora è possibile considerare tali Heartland come un Heartland russo, come in tutte le mappe geopolitiche tradizionali come “perno geografico della storia”, e un Heartland europeo. Arriviamo anche a considerare un Heartland cinese, e questo significa che consideriamo la Cina come uno Stato tradizionale, conservatore, indipendente e sovrano come lo è oggi – e lo diventerà sempre di più in futuro. Come minimo, è importante riconciliare l’Heartland cinese con quello russo e, in parte, anche con quello europeo. Ma anche questo è insufficiente per costruire un mondo multipolare. Dobbiamo necessariamente considerare un Heartland islamico (che copre gli spazi storici di almeno 3-4 imperi, dalla Turchia al Pakistan). Il concetto di Heartland distribuito può essere ulteriormente esteso all’India e proiettato anche sull’America Latina e sull’Africa.

Di conseguenza, nel sistema multipolare dovrebbe esserci un Heartland americano. Ci siamo troppo abituati a pensare, nei termini della geopolitica classica, che gli Stati Uniti e il mondo anglosassone possano essere solo Sea Power. In un mondo multipolare, l’America non sarà in grado di svolgere questo ruolo, il suo raggio d’azione marittimo globale sarà naturalmente ridotto, cambiando così la natura stessa dell’America. Di conseguenza, dovrebbe sorgere un Heartland americano che, in un sistema multipolare, non dovrebbe essere visto esclusivamente come in opposizione ad altri Heartland. Il voto per Trump ha rappresentato i contorni di questo Heartland americano.

Se iniziamo a concepire l’Heartland come un tipo di cultura distribuita associata al rafforzamento dell’identità conservatrice, allora “Make America Great Again” è la tesi di un Heartland americano. Smettete di essere una Sea Power e sarete di nuovo grandi. Come Sea Power, sarete infelici, i Deplorabili, ma sarete di nuovo grandi quando diventerete un Heartland americano.

L’Heartland distribuito è l’imperativo del nuovo modello geopolitico, della geopolitica multipolare. Credo che questo concetto meriti una riflessione, una ponderazione e una descrizione molto serie. Ci dovrebbero essere diverse conferenze, o addirittura un intero volume dedicato a questa inevitabile questione. L’efficacia di questo concetto di Heartland distribuito è, a mio avviso, estremamente importante, nella misura in cui la costruzione di un mondo multipolare richiede oggi tabelle di marcia più chiare e precise.

A mio avviso, la nozione di Heartland distribuito è il momento principale, il più importante, nello sviluppo e nella concretizzazione della Teoria del Mondo Multipolare.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini