Geopolitica anglosassone: le origini (Mackinder, Spykman, CFR)

23.03.2022

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

Il presente articolo risale al 2016 ed è parte della collana di testi Noomachia del prof. Aleksandr Dugin, pertanto, laddove si presentino forme incomplete di spiegazione o riferimenti a parti precedenti o postume, è da attribuirsi a tale estrapolazione da un contesto più ampio. Il contesto geopolitico attuale rende questo scritto molto importante per comprendere bene le chiavi di lettura dell’autore e i movimenti sullo scacchiere internazionale.

Ellen Churchill Sample, Derwent Whittlesey, Franz Openheimer: una “geografia politica” americana

Abbiamo notato il ruolo dell’ammiraglio Mahan nella nascita della scuola americana di geopolitica e l’importanza fondamentale del suo concetto di potere marittimo. Le idee di Mahan sono alla base di tutta la tradizione geopolitica anglosassone e hanno determinato la graduale evoluzione delle opinioni di Mackinder stesso. È Mahan che può essere considerato la figura chiave del pensiero strategico planetario americano come si è incarnato durante il ventesimo secolo. Il ruolo di Mahan e dei suoi scritti sul significato di potenza navale dovrebbe quindi essere riconosciuto come centrale.

Tuttavia, per completare il quadro, bisogna menzionare anche altri precursori della scuola geopolitica americana, che hanno contribuito alla sua formazione, soprattutto nelle sue prime fasi. Qui spiccano due figure di specialisti americani in geografia politica, i quali non si consideravano geopolitici e non usavano questo termine, ma le loro idee hanno avuto un serio impatto sulla geopolitica. Erano Ellen Churchill Sampl (1863-1932), Derwent Whittlesey (1890-1956) e Franz Oppenheimer (1864-1943).

Ellen C. Sample è stata una coerente sostenitrice delle idee di Friedrich Ratzel negli Stati Uniti, divulgando la sua eredità e applicando i suoi principi allo studio delle entità e culture politiche. È stata una dei pochi studiosi che ha sposato in modo coerente e radicale il principio del determinismo geografico, spiegando molte caratteristiche politiche e sociali dei paesi con la struttura del clima e dell’ambiente naturale. La Sample vedeva il suo lavoro come un’estensione dell'”antropogeografia”. La sua sintesi più nota si chiama The Influences of the Geographic Environment, basata sul lavoro di Ratzel. Un altro geografo politico americano, Derwent Whittlesey, fu pure lui decisamente influenzato dalle opere di Ratzel. L’obiettivo principale della sua ricerca era l’organizzazione dello spazio in diversi tipi di stati, ripetendo essenzialmente gli approcci di base di R. Chellen. La somma delle idee di Whittlesey si riflette nel suo libro principale The Land and the State [6].

Le idee e gli approcci dell'”antropogeografia” di Ratzel influenzarono significativamente uno dei più grandi sociologi americani, Franz Oppenheimer, il quale, basandosi sull’ipotesi di Ratzel sulla nascita degli stati come risultato della conquista di alcuni gruppi etnici da parte di altri, costruì la propria teoria dello “Stato”, che aprì un’intera linea di ricerca – la “sociologia dello Stato”. Nella sua opera principale Lo Stato [7], Oppenheimer contesta le idee classiche di Locke secondo cui lo Stato emerge sulla base del “contratto collettivo”, e insiste sul fatto che esso è storicamente imposto dall’ethnos conquistatore alle nazioni conquistate come consolidamento del potere politico di classe.

Le opere dei tre illustri scienziati americani prepararono nella società americana la base ideologica per lo sviluppo degli studi geopolitici propriamente detti, introdussero il necessario apparato metodologico, resero popolari gli approcci della geografia politica di F. Ratzel, attirarono l’attenzione sul significato di spazio qualitativo, e suscitarono anche nella comunità scientifica americana un maggiore interesse per i problemi etnosociologici (le opere degli etnosociologi tedeschi R. Thurnwald e J. J. Oppenheimer insieme Ratzel ebbero una grande influenza sugli studi geopolitici).

Mackinder e l’evoluzione delle sue opinioni. Il corso di Woodrow Wilson

È però l’inglese Halford Mackinder che ha avuto un impatto decisivo sulla nascita della geopolitica americana, e i cui scritti hanno raggiunto il culmine nel tema della geografia politica. Per descrivere il processo di formazione della geopolitica anglosassone, è necessario tracciare l’evoluzione delle sue opinioni e le principali fasi del pensiero di questo eccezionale geopolitico.

Abbiamo già abbozzato la prima fase che è legata all’elaborazione di Mackinder di una “nuova geografia”, e che terminò con la pubblicazione del suo articolo programmatico Asse geografico della storia [8] nel 1904. In questo lavoro, Mackinder sta formulando le basi dei temi geopolitici, creando la propria mappa geopolitica storica, proclamando i principi del dualismo di civiltà terrestre e marittima in termini generali. In tal senso, l’anno 1904 può essere considerato storicamente il momento di nascita della geopolitica stessa.

Allo stesso tempo, considerava gli Stati Uniti come “imperialisti britannici”, ritenendoli piuttosto periferici nel mondo e mostrando molte caratteristiche della “civiltà della terra”. In un certo senso, è persino incline a classificare gli Stati Uniti come uno “stato dell’Est”. Tuttavia, la valutazione di Mackinder cambia durante la Prima guerra mondiale, quando gli Stati Uniti affermano apertamente le loro ambizioni mondiali come cittadella della “democrazia” e “potenza marittima”. Questa tendenza è legata alle idee e ai programmi del presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson (1856-1924), che proclamò un passaggio dal tradizionale isolazionismo americano a un’apertura degli Stati Uniti al mondo e all’azione sulla scena mondiale come potenza marittima globale e garante della democrazia mondiale. La decisione di Wilson di entrare in guerra contro la Germania (in gran parte istigata dalla Germania stessa, che cercò di attirare il Messico in guerra contro gli Stati Uniti e mise in scena un massiccio attacco sottomarino alle navi mercantili statunitensi) inaugurò una nuova era nella politica americana.

Wilson entrò in guerra dalla parte dell’Intesa, prese l’iniziativa di creare la Società delle Nazioni e partecipò attivamente all’organizzazione politica dell’Europa dopo la Prima guerra mondiale, in particolare sostenendo la creazione di nuovi Stati nazionali sulle rovine degli Imperi europei. La politica internazionale di Wilson era al centro di una tradizione di idealismo, ma il termine deve essere inteso nel suo contesto originale: si trattava dell’assunzione da parte degli Stati Uniti della responsabilità di organizzare il mondo secondo le proprie visioni di democrazia politica, parlamentarismo e libero mercato. “Idealista” in questo approccio è l’affermazione dei valori americani come universali.

Agli “idealisti” e ai “wilsoniani” si opposero i “realisti” americani, che credevano che gli Stati Uniti dovessero perseguire prima i loro “interessi nazionali” e solo dopo prestare attenzione ai “valori”. In verità, entrambe le posizioni sono solo varianti dell’imperialismo statunitense: gli idealisti vedono la supremazia mondiale degli Stati Uniti come espressione della loro “missione storica”, mentre i realisti interpretano pragmaticamente la stessa supremazia in termini più crudi di dominio, potere, controllo e gestione del mondo negli interessi americani. Naturalmente ci sono anche posizioni estreme: l’estremo ideologico degli idealisti è l'”internazionalismo” di sinistra e i “realisti” l’isolazionismo di destra e il nazionalismo “difensivo” americano.

Anche se Wilson affronta un’enorme opposizione da parte dei “realisti” negli Stati Uniti, il vettore che ha delineato cambia irreversibilmente la strategia planetaria degli Stati Uniti nel XX secolo. E non può sfuggire all’attenzione di Mackinder, che è sempre stato attivamente coinvolto nella politica, ha lavorato a stretto contatto con Lord Curzon, è stato uno degli sviluppatori del Trattato di Versailles, ha pianificato l’organizzazione dello spazio politico nell’Europa del dopoguerra e per qualche tempo ha servito come commissario britannico in Ucraina, dove ha sostenuto la “causa bianca” contro i bolscevichi e preparato un piano di smembramento della Russia.

Mackinder affronta direttamente Wilson e i suoi sostenitori ideologici durante la preparazione del Trattato di Versailles e interpreta chiaramente la dottrina di Wilson come una pretesa degli Stati Uniti di svolgere la funzione di “potenza mondiale” su scala planetaria. Riconosce facilmente il familiare imperialismo anglosassone dietro l'”idealismo” di cui lui stesso è stato un attivo sostenitore. È a questo punto che i due movimenti – britannico e nordamericano – si fondono in una tradizione geopolitica comune, che dovrebbe d’ora in poi essere chiamata “anglosassone” o “atlantista”. Le opinioni di Mahan, gli sviluppi degli scienziati americani nella sfera della “geografia politica” e la strategia planetaria del dominio americano nello spirito di Woodrow Wilson si fondono con la geopolitica imperiale britannica di Mackinder e d’ora in poi formano una tendenza comune.

Tutto questo trova espressione nella seconda opera fondamentale del geopolitologo Ideali democratici e realtà [9] testo pubblicato nel 1919, nella fresca scia della Prima guerra mondiale.

Ideali democratici e realtà

Il titolo dell’opera di Mackinder è estremamente rivelatore, un riferimento diretto a Wilson nel tentativo di correlare il suo idealismo con le realtà geopolitiche. Abbiamo già notato che la geopolitica nel suo stesso approccio identifica valori e interessi, cioè non cerca di separare idealismo e realismo su fronti diversi, ma di mostrare la loro sottostante interconnessione concettuale di civiltà. Entrambi gli interessi e i valori crescono da una radice comune, che è la civiltà e il suo spazio qualitativo, ma questa civiltà non è una civiltà per tutti. Ci sono almeno due civiltà: la civiltà del mare e la civiltà della terra. In mezzo si trova la zona mutevole della civiltà costiera (Rimland), all’interno della quale le sfide, gli impulsi e le tendenze marittime e terrestri competono tra loro e si combinano. Quindi, invece di discutere sul primato degli “ideali democratici” o degli “interessi realistici” dei paesi occidentali, si dovrebbe realizzare la loro unità organica ed elaborare una strategia planetaria comune per il loro trionfo. Questo, a sua volta, richiede una sobria comprensione dei modelli politici, geografici, strategici e di civiltà.

Mackinder propone proprio una tale sintesi come programma d’azione per tutto l’Occidente, al quale attribuisce, in primo luogo, l’Inghilterra e gli Stati Uniti, così come la Francia, che si è unita a loro nella Prima guerra mondiale. Le potenze dell’Intesa che avevano sconfitto la Germania e l’Austria costituivano il nucleo della civiltà del mare, che d’ora in poi avrebbe dovuto riconoscere la propria unità e utilizzare la vittoria per organizzare il mondo secondo i propri principi e a proprio vantaggio.

In Ideali democratici e realtà, Mackinder delinea coerentemente il piano geopolitico dell’Occidente. Nella prima sezione, delinea la prospettiva generale della visione geopolitica del mondo, e chiarisce le nozioni di Heartland e Rimland, mentre suggerisce una versione leggermente modificata della mappa geopolitica del 1904. Ora include la Germania, la Cina continentale e l’Iran nella zona Heartland come le aree più “senza sbocco sul mare” all’interno della fascia Rimland.

La seconda sezione del libro è dedicata a una visione del mondo da “uomo di mare”. In questa parte formula i principi fondamentali di ciò che chiamiamo “geopolitica-1”, “geopolitica del mare”, che in generale rimangono immutati fino ad oggi.

Descrivendo i principali obiettivi del Mare, suggerisce di bloccare la Terra il più lontano possibile dalle rotte marittime meridionali e occidentali, rafforzando l’influenza delle potenze atlantiche lungo tutta la zona costiera. I compiti più importanti sono la ferma separazione della Russia dalla Germania a ovest, dalla Cina a est e dall’Iran a sud, per cui si deve creare un cordone sanitario di nuovi Stati “nazionali” fantoccio e dipendenti dalla civiltà del mare nelle zone di confine. La Russia stessa dovrebbe essere smembrata da ovest e da est, nuove unità politiche ostili sia ai tedeschi che ai russi dovrebbero essere create al posto dell’Impero austro-ungarico, il controllo anglosassone del Caucaso e della Russia meridionale dovrebbe essere stabilito, e le posizioni in Afghanistan e Tibet dovrebbero essere rafforzate per prevenire una possibile espansione russa a sud e a est.

In questo caso, Mackinder con sorprendente lungimiranza per l’epoca (il libro fu pubblicato nel 1919) vede il più grande pericolo per l’Occidente proprio nei bolscevichi, che a quel tempo controllavano solo i territori più interni del “cuore”. Il pensatore non ha dubbi che i bolscevichi si rafforzeranno e si evolveranno gradualmente in una potenza terrestre eurasiatica, che l’Occidente dovrà ancora affrontare seriamente; esorta quindi la civiltà del mare ad appoggiare i “bianchi” in ogni modo possibile – soprattutto in Crimea e in Ucraina – al fine di bloccare i bolscevichi negli spazi interni e futili dell’asse geografico della storia.

Nel gennaio 1920 Mackinder, trovandosi a bordo dell’incrociatore reale Centaurus a Marsiglia, scrive un memorandum al governo britannico [10] in cui delinea in dettaglio gli stati che, secondo lui, dovrebbero emergere sul territorio dell’Impero russo: sono Bielorussia, Ucraina, Russia del Sud, Daghestan (che comprende tutto il Caucaso del Nord), Georgia, Armenia, Azerbaigian. Se questi Stati fantoccio non vengono creati urgentemente sotto il controllo delle potenze dell’Europa occidentale, assicura il geopolitico britannico, allora prima o poi i bolscevichi si rafforzeranno in tutta l’area dell’ex impero russo e daranno battaglia alla civiltà del mare.

Nella terza parte del libro, Mackinder descrive gli interessi e le priorità strategiche dalla posizione dell'”uomo di terra”, delineando le basi della “geopolitica-2”. Questi interessi sono quelli di integrare l’Heartland sotto l’egida russa, o attraverso alleanze russe con Germania, Iran e Cina. Questo è il principale obiettivo strategico della terra, la cui realizzazione permetterà di controllare tutta l’Eurasia e aprire la strada al dominio mondiale di questa civiltà.

Nella quarta sezione, analizza le contraddizioni specifiche tra gli imperi russo, austro-ungarico e ottomano, e delinea le prospettive di organizzazione post-imperiale di questi territori politici.

Nella quinta sezione, intitolata Libertà delle Nazioni, continua il tema mostrando perché la creazione di nuovi stati nazionali nell’Europa dell’Est giova alla Civiltà del Mare e dovrebbe essere sostenuta dall’Occidente, nonostante il fatto che Ungheria e Bulgaria abbiano combattuto contro l’Intesa dalla parte dei tedeschi.

Nella sesta e ultima sezione Libertà del popolo, Mackinder analizza i limiti dell’applicabilità del liberalismo, del libero scambio e dei principi del laissez-faire nel raggiungimento degli obiettivi strategici della “Civiltà del Mare”, sottolineando che un eccessivo idealismo non dovrebbe mai essere contraddetto dalla stretta aderenza agli interessi.

Il bilancio finale alla cooperazione anglo-americana lo riassume nel suo pamphlet del 1924 Nations in the Modern World [11]: «L’Europa occidentale e l’America del Nord costituiscono ormai da molti punti di vista una sola comunità di nazioni. Questo fatto fu pienamente rivelato quando gli eserciti americano e canadese attraversarono l’Atlantico per combattere in Francia durante la Grande Guerra…»[12].

Così, è a partire dal 1924 che possiamo fare il conto alla rovescia della storia di un atlantismo consapevole, coerente e concettualizzato geopoliticamente, all’interno del quale il centro di gravità si sarebbe gradualmente spostato dal Vecchio al Nuovo Mondo, dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti.

L’emergere del CFR

Nello stesso periodo in cui Mackinder stava scrivendo Democratic Ideals and Reality, cerca di smembrare la Russia e comprende il significato geopolitico delle idee planetarie di Wilson, viene presa una decisione in Europa dalla delegazione americana alla Conferenza di Versailles che avrà enormi conseguenze sulla geopolitica anglosassone durante il XX secolo. Questa fu la decisione di creare il Council on Foreign Relations [13], CFR in breve. Questa organizzazione divenne in seguito il centro di istituzionalizzazione di tutta la tradizione geopolitica anglosassone, e più in generale occidentale, che privilegia la civiltà del mare e la sua prospettiva di dominio planetario. Fin dal suo inizio, il CFR aspira ad essere il centro intellettuale della politica globale, una sorta di precursore del “governo mondiale”, inteso come istanza di controllo globale per conto del soggetto geopolitico della “civiltà del mare”. La geopolitica sarà d’ora in poi sviluppata prevalentemente all’interno di questa organizzazione e delle sue istituzioni scientifiche, politiche e di intelligence associate.

Alle origini del CFR c’è un gruppo di studiosi che furono mobilitati nel 1917 dallo stretto consigliere di Woodrow Wilson, il “Colonnello” Mandel House, per sviluppare una nuova visione del ruolo globale degli USA nel mondo dopo l’entrata del paese nella Prima guerra mondiale. Il gruppo era originariamente chiamato The Inquiry, finanziato dai maggiori banchieri americani (in particolare i Rockefeller, i Warburgs e i Morgans) e i 19 punti di politica estera di Wilson furono redatti nelle sue fila. I rappresentanti di questo gruppo andarono in Europa nel 1919 per partecipare alla Conferenza di Pace di Parigi, e il 30 maggio 1919, all’Hotel Majestic, in presenza di scienziati, diplomatici e politici americani e britannici, si decise di creare due rami di un centro intellettuale strategico e geopolitico essenzialmente unificato. Il ramo americano si chiamava Council on Foreign Relations e quello britannico Royal Institute of International Affairs, chiamato anche Chattam House per la sua sede in un vecchio palazzo di Londra. Allo stesso tempo erano in corso i preparativi per la creazione dell’Istituto di Studi sul Pacifico da situare nella capitale di una colonia inglese nel Pacifico.

Le attività del CFR sono state avvolte nella segretezza fin dall’inizio. L’organizzazione non invitava giornalisti o rappresentanti della società civile alle sue riunioni, il che ha dato origine a molti miti bizzarri. La spiegazione è abbastanza semplice: i membri del CFR, che non distinguono tra repubblicani e democratici, destra e sinistra, sviluppano progetti strategici e valoriali di scala civile che vanno oltre gli stretti confini nazionali degli USA, e non era facile spiegare questo globalismo (“monde” dal francese “le monde”, “il mondo”) al grande pubblico. Ufficialmente il CFR era organizzato come uno dei tanti club non governativi degli USA. Ma la sua principale differenza dagli altri club era il livello di partecipazione, che riuniva tutta l’élite americana di mentalità planetaria – politica, intellettuale e finanziaria – come centro di tutta la “civiltà del mare”. Si potrebbe dire che il principale segreto del CFR era che era un’istituzione geopolitica la cui visione del mondo superava le normali percezioni nazionali degli americani comuni. Per il CFR, gli Stati Uniti erano più di un paese, uno stato, una nazione. L’organizzazione pensava agli Stati Uniti come espressione di un’idea mondiale destinata a organizzare il mondo intero sotto l’ombrello della “potenza marittima”, che implicava il dominio degli interessi e dei valori americani. Nello spirito della sintesi geopolitica vista in Mackinder, il CFR non si divideva in realisti e idealisti; entrambi progettavano il futuro dell’umanità e l’organizzazione politica della Terra come un modello dove gli ideali americani si sarebbero realizzati e dove le posizioni strategiche statunitensi, riconosciute da tutti come universali, si sarebbero consolidate “per sempre”.

Isaiah Bowman: il “nuovo mondo” e la strategia geopolitica del CFR

Il primo capo del CFR fu lo studioso americano Isaiah Bowman (1878-1949) che divenne uno dei principali ideologi del programma di Wilson. IBowman ha formulato il concetto di un Nuovo Mondo,[14] in cui ha descritto l’equilibrio degli interessi nazionali dei diversi Stati che preferiva affinché gli Stati Uniti potessero gradualmente arrivare a dominare il mondo. Non ha fatto nessuna scoperta teorica eccezionale, ma in generale ha stabilito la strategia di sviluppo del CFR per i decenni successivi: un percorso graduale verso un “governo mondiale” nell’interesse della comunità euro-americana attraverso un coinvolgimento consapevole e mirato degli Stati Uniti nei processi globali, ovunque essi avvengano.

Durante la Seconda guerra mondiale, Bowman prestò particolare attenzione al tipo di geografia politica che era destinata ad emergere dopo la fine della guerra. «La misura della nostra vittoria sarà determinata dalla misura del nostro dominio nel mondo del dopoguerra»[15], ha scritto.

Le attività del CFR erano abbastanza specifiche. Ogni regione del mondo, ogni conflitto, ogni zona problematica è stata attentamente studiata da diverse angolazioni e sulla base di questo lavoro pratico di analisi geopolitica, sono state fatte analisi, previsioni e raccomandazioni alla leadership politica statunitense. Il CFR iniziò a pubblicare una rivista bimestrale, Foreign Affairs, che presto divenne la pubblicazione più influente nel campo della politica estera statunitense. Fu in questa rivista che Mackinder pubblicò il suo ultimo articolo, The Round Planet and the Triumph of the Forces of Peace [16] ,in cui forniva la sua visione dell’ordine politico dopo la seconda guerra mondiale in età avanzata.

Qui va fatta una precisazione importante: con la creazione del CFR e del suo equivalente inglese The Royal Institute for International Affairs, che era diretto da politici influenti come Robert Cecil (1864–1958) e Lionel Curtis (1872 – 1955) e più tardi dal famoso storico Arnold Toynbee (1889 – 1975), la geopolitica nel mondo anglosassone ha acquisito un nuovo status – il modello base di analisi della politica estera, che è alla base dello sviluppo della strategia planetaria di base dell’Occidente. Questa istituzionalizzazione de facto della geopolitica è stata accompagnata da due cose: da un lato, anche coloro che vi si impegnavano in modo permanente e creavano analisi e raccomandazioni basate sui suoi principi, cercavano di non ostentare la metodologia che utilizzavano, e dall’altro, l’enfasi nella ricerca geopolitica cadeva non tanto sulle generalizzazioni teoriche, quanto su situazioni specifiche legate alle specificità della regione, del problema e del contesto politico. Non che la geopolitica fosse strettamente segreta, ma a causa della sensibilità degli argomenti che trattava, dichiarazioni troppo esplicite dei suoi metodi, obiettivi e principi avrebbero potuto danneggiare la causa e non erano gradite. Qualcosa di simile è successo in URSS con gli Studi Operativi di Paese, una disciplina che non faceva formalmente parte dello standard educativo e veniva insegnata solo nelle istituzioni militari chiuse e nelle accademie dei servizi speciali. D’altra parte, la geopolitica serviva all’élite politica degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale (Inghilterra, prima di tutto) per elaborare una strategia di civilizzazione planetaria, mentre gli “Studi Operativi di Paese” erano considerati conoscenze applicate, e la strategia era determinata dall’ideologia marxista ufficiale.

Nicholas Spykman: realismo e geopolitica

La scuola geopolitica negli Stati Uniti, nonostante una certa segretezza e chiusura associata al CFR e al suo formato, si è sviluppata anche in modo più esplicito ed esplicito. Un contributo significativo allo sviluppo della geopolitica classica fu dato dall’americano di origine olandese Nicolas John Spykman (1893-1943). È anche considerato il fondatore della tradizione delrealismo” nella politica americana. Ha scritto le sue due opere principali negli anni ’40 sviluppando e in parte rivedendo le idee di Mackinder [17].

Come lui, Spykman era preoccupato per la costruzione del mondo del dopoguerra e si concentrò sulla sua descrizione. È stato professore di relazioni internazionali e poi direttore dell’Istituto per le relazioni internazionali all’Università di Yale. A differenza dei primi geopolitici, non era molto interessato alla geografia; era ancora meno interessato ai problemi del legame degli uomini con il suolo, all’influenza del rilievo sul carattere nazionale, ecc. Spykman considerava la geopolitica come lo strumento più importante della politica internazionale concreta, un metodo analitico e un sistema di formule per sviluppare la strategia più efficace. In questo senso, fu duramente critico nei confronti della scuola tedesca di geopolitica (specialmente in La geografia del mondo [18]) e considerò le nozioni di «confini giusti o ingiusti come sciocchezze metafisiche».

Come l’ammiraglio Mahan, Spykman è caratterizzato da un approccio utilitaristico, un chiaro desiderio di fornire la formula geopolitica più efficace con cui gli Stati Uniti possono raggiungere il dominio del mondo il più rapidamente possibile. Tutti i suoi studi sono guidati da questo pragmatismo.

L’ascesa del Rimland

Spykman, che ha studiato attentamente gli scritti di Mackinder, ha offerto la propria versione del Rimland, proponendola sua versione dello schema geopolitico di base che è un po’ diverso da quello di Mackinder. L’idea principale di Spykman era che Mackinder sopravvalutava il significato geopolitico di Heartland. Questa sopravvalutazione ha influenzato non solo la posizione attuale delle forze sulla mappa del mondo, in particolare la potenza dell’URSS, ma anche lo schema storico originale. N. Speakman credeva che la storia geografica della “mezzaluna interna”, Rimland, le “zone costiere”, si sia svolta da sola e non sotto la pressione dei “nomadi della Terra” (come credeva Mackinder). Nella visione di Spykman, Heartland è solo uno spazio potenziale, che riceve tutti gli impulsi culturali dalle zone costiere e non porta in sé alcuna missione geopolitica o impulso storico indipendente. Rimland piuttosto che Heartland è, secondo Spykman, la chiave per il dominio del mondo.

La formula geopolitica di Mackinder «Chi controlla l’Europa dell’Est governa l’Heartland, chi controlla l’Heartland governa l’Isola del Mondo; chi controlla l’Isola del Mondo governa il mondo» [19] Spykman suggerì di sostituirla con la sua: «Chi domina il Rimland, domina l’Eurasia; chi domina l’Eurasia, tiene il destino del mondo nelle sue mani» [20].

In linea di principio, Spykman non ha detto nulla di nuovo con questo. Mackinder ha inteso questa zona non come un’entità geopolitica indipendente e autosufficiente, ma come uno spazio di confronto tra due impulsi – “marittimo” e “terrestre”. Allo stesso tempo, non ha mai capito il controllo dell’Heartland nel senso di potere sulla Russia e sulle masse continentali adiacenti. L’Europa orientale è uno spazio intermedio tra “l’asse geografico della storia” e il Rimland, quindi è nell’equilibrio di potere alla periferia dell’Heartland che si trova la chiave del problema del dominio mondiale.

Criteri di potenza

Nei suoi libri, The American Strategy in World Politics [21] e The Geography of the World [22], Spykman identifica 10 criteri per determinare la potenza geopolitica di una nazione. Questi sono un’elaborazione dei criteri proposti per la prima volta da Mahan. Essi sono i seguenti:

1) la superficie del territorio,

2) la natura dei confini,

3) la dimensione della popolazione,

4) la presenza o l’assenza di minerali,

5) sviluppo economico e tecnologico,

6) forza finanziaria,

7) omogeneità etnica,

8) livello di integrazione sociale,

9) stabilità politica,

10) spirito nazionale.

Se il punteggio aggregato delle capacità geopolitiche di uno stato secondo questi criteri è relativamente basso, significa quasi automaticamente che lo stato in questione è costretto a entrare in un’alleanza strategica più generale, rinunciando a parte della sua sovranità per il bene del patrocinio geopolitico strategico globale.

Il Medio Oceano

Oltre a rivalutare l’importanza del Rimland, Spykman ha fatto un’altra importante aggiunta al quadro geopolitico del mondo visto dalla prospettiva del potere marittimo, introducendo il concetto di Midland Ocean, che si basa sull’analogia tra il Mar Mediterraneo nella storia antica dell’Europa, il Medio Oriente e il Nord Africa e l’Oceano Atlantico nella storia moderna della civiltà occidentale. Poiché Spykman considerava la zona costiera, Rimland, come il principale territorio storico della civiltà, l’area mediterranea dell’antichità era vista da lui come un modello per una cultura che successivamente si diffuse nell’entroterra (addomesticamento dei “barbari di terra”) e nei territori periferici accessibili dalle rotte marine (addomesticamento dei “barbari di mare”). Analogamente a questo modello mediterraneo, in tempi moderni, su scala planetaria allargata, lo stesso sta accadendo all’Oceano Atlantico, le cui due sponde (americana ed europea) sono l’habitat della civiltà occidentale tecnologicamente ed economicamente più avanzata.

In questa prospettiva, l’oceano di mezzo diventa non un fattore di divisione, ma un fattore unificante, il mare internum. Così, Spykman delinea un’area geopolitica speciale, che può essere chiamata condizionatamente “continente atlantico”, al cui centro, come un lago in una regione terrestre, si trova l’Oceano Atlantico. Questo “continente” teorico concettuale è legato dalla comunanza della cultura di origine europea occidentale, l’ideologia del capitalismo liberale e della democrazia, l’economia di mercato, le questioni di sicurezza, l’unità del destino politico, etico e tecnologico.

Spykman insisteva particolarmente sul ruolo del fattore intellettuale in questo “continente atlantico”: proclamava l’Europa occidentale e la fascia della costa orientale del Nord America (specialmente New York) come i cervelli della nuova “comunità atlantica”. Il centro nevralgico e il meccanismo di potere sono gli USA e il loro complesso commerciale e militare-industriale. L’Europa risulta essere un’appendice pensante degli Stati Uniti, i cui interessi geopolitici e la cui linea strategica diventano l’unica e suprema per tutte le potenze dell’Occidente. La sovranità politica degli stati europei deve diminuire gradualmente e il potere deve passare a un’istituzione speciale che riunisca i rappresentanti di tutti gli spazi “atlantici” e sia subordinata al primato degli Stati Uniti.

Spykman ha anticipato i processi politici più importanti del dopoguerra: la creazione della Alleanza Nord Atlantica (NATO), la riduzione della sovranità delle potenze europee e l’egemonia planetaria degli Stati Uniti. Inoltre, concentrò la sua dottrina non sulla comprensione geopolitica del posto degli USA come potenza marittima nel mondo (come Mahan), ma sulla necessità di controllare le aree costiere dell’Eurasia (Europa, Stati arabi, India, Cina e altri) perché l’Occidente vincesse alla fine il duello tra potenze continentali e marittime. Se nel quadro di Mackinder del dualismo planetario era visto come qualcosa di “eterno”, “inamovibile”, Spykman credeva che il pieno controllo del Rimland da parte delle potenze marittime avrebbe portato ad una vittoria finale e irrevocabile sulle potenze terrestri, che d’ora in poi sarebbero state interamente sotto il loro controllo. In effetti, questo fu l’ultimo sviluppo della tattica dell’anaconda che Mahan aveva sostenuto, Spykman ha dato all’intero concetto la sua forma finale.

La vittoria degli Stati Uniti come potenza marittima nella guerra fredda ha dimostrato l’assoluta giustezza geopolitica di Spykman, che può essere chiamato «l’architetto della vittoria mondiale dei paesi liberal-democratici» sull’Eurasia.

Oggi possiamo dire che le sue tesi sul primato strategico del Rimland e l’importanza dell'”oceano di mezzo” sono provate dalla Storia stessa. Tuttavia, la teoria di Mackinder sul desiderio permanente del centro dell’Eurasia di rinascita politica e di espansione continentale è anche troppo presto per essere scontata.

D’altra parte, alcune delle idee di Spykman (e specialmente quelle del suo seguace W. Kirk [23] che sviluppò la teoria del Rimland in modo più dettagliato) furono sostenute da alcuni geopolitici europei, che videro nella sua alta valutazione strategica dei territori costieri un’opportunità per portare l’Europa al rango dei paesi che decidono nuovamente il destino del mondo. Per fare questo, però, il concetto di oceano di mezzo doveva essere scartato.

Nonostante questa mossa teorica di alcuni geopolitici europei (che rimane, tuttavia, molto ambigua), Spykman appartiene, senza dubbio, ai più brillanti e coerenti “atlantisti”. Inoltre, insieme all’ammiraglio Mahan, può essere chiamato “il padre dell’atlantismo” e “la mente della NATO”.

I seguaci di Spykman: J.F. Dulles, J. Kennan, R. Strausz-Hupé: geopolitica della guerra fredda

Le idee di Spykman, e quelle del defunto Mackinder, sono state influenti nella guerra fredda. Mackinder, ebbe una grande presasu due importanti figure politiche statunitensi, il segretario di Stato John Foster Dulles [24] (1888 – 1959), fratello maggiore del direttore della CIA Allen Dulles (1893-1969) nel 1953-1961, e il diplomatico, politologo e storico George Kennan (1904 – 2005), autore della strategia di contenimento che divenne il programma base della guerra fredda [25].

Dulles e Kennan erano i principali teorici del dispiegamento della pressione strategica sull’Unione Sovietica sostenuta dall’Europa. È significativo che il materiale del programma di Kennan, che per primo ha menzionato l’idea di contenimento contro l’URSS, sia stato pubblicato su Foreign Affaires, la rivista del CFR.

Particolarmente degne di nota sono le opere dello studioso e diplomatico austro-americano Robert Strausz-Hupé (1903-2002), particolarmente vicino nello stile a Spykman e al suo realismo, autore delle opere seminali della geopolitica anglosassone sulla valutazione dell’equilibrio globale di potere negli anni ‘40 (Geopolitics: The battle for space and power [26]) e uno dei principali architetti della strategia globale americana nella seconda metà del XX secolo (The balance of tomorrow [27]). L’approccio diR. Strausz-Hupé è che durante e dopo la guerra gli USA hanno bisogno di costruire una tale configurazione di zone d’influenza nel mondo in modo da portare inevitabilmente e costantemente gli USA al dominio mondiale, a diventare l’unica potenza mondiale, a sopprimere ogni possibile formazione competitiva, prima di tutto, a strangolare l’URSS nello spazio continentale eurasiatico e a impedire il suo ulteriore rafforzamento ed espansione della sfera di influenza sovietica.

Così, il modello della strategia americana contro l’URSS come potenza di terra (Landpower), che divenne la dottrina ufficiale degli Stati Uniti dalla fine degli anni ’40, stava prendendo forma nei primi anni ’40. Come possiamo vedere, questa visione dell’equilibrio di potere si basa non tanto sull’ideologia o su considerazioni economiche di concorrenza, quanto sulla geopolitica e i suoi principi immutabili.

James Burnham: nella battaglia per un impero americano

Un altro influente politico statunitense James Burnham (1905-1987), influente rappresentante del trotskismo in passato ma che negli anni ’40 si concentrò sulla propaganda di idee anticomuniste e antirusse, si basava sul modello geopolitico molto vicino a quello di Spykman. In questo, Burnham è un precursore dei moderni “neoconservatori” americani, anch’essi passati dal trotskismo al conservatorismo. In sociologia, Burnham è conosciuto come l’autore del lavoro sulla rivoluzione dei manager [28], che divenne estremamente popolare in Occidente. Burnham ha scritto molto sulla “nuova élite”, che dovrebbe essere globale (governo mondiale), ma con alcuni strumenti democratici – permettendo l’opposizione, il libero mercato e l’indipendenza della stampa. Anche se questi non sono valori in sé, essi, secondo Burnham, rafforzeranno piuttosto che indebolire la classe dirigente globale [29].

Burnham fu uno dei fondatori della CIA e l’autore del disegno del programma commissionato dall’Office of Strategic Services (OSS – il predecessore della CIA) per la delegazione statunitense alla riunione di Yalta.

Questo programma fu poi pubblicato e uscì nel 1947 come libro dal titolo eloquente: La battaglia per la pace [30]. In esso Burnham nello spirito della geopolitica classica sosteneva che «È un assioma geopolitico che se una qualsiasi potenza può organizzare l’Heartland e le sue barriere esterne, quella potenza controllerà il mondo» [31]. Seguendo Mackinder, Burnham sosteneva che l’URSS emergeva come la prima versione di una grande potenza Heartland con una enorme popolazione politicamente organizzata e quindi rappresentava una grande minaccia per gli USA, l’Occidente e il resto del mondo. Burnham ha avvertito: «Geograficamente, strategicamente, l’Eurasia sta circondando l’America, preparandosi a piombarle addosso» [32]. Anche il discorso aperto di Burnham sugli Stati Uniti come impero è estremamente eloquente: «Qualunque siano le parole che usiamo, è necessario conoscere la realtà che l’unica alternativa all’impero mondiale comunista è l’impero americano che, anche se non proprio mondiale nei suoi confini, ha un’influenza decisiva sul mondo intero» [33].

Le idee di Burnham influenzarono Harry Truman, e Ronald Reagan gli conferì la Medaglia presidenziale della libertà nel 1983, affermando in un discorso che James Burnham «ha profondamente influenzato la comprensione dell’America di se stessa e del mondo che la circonda» [34].

Geopolitica artica: J. Renner e A. de Seversky

Una particolare tendenza della geopolitica atlantista è stata lo studio della geopolitica dell’Artico. Alla base di questo concetto c’è un focus specifico sull’elemento aereo che ha avuto un impatto significativo sulla struttura del pensiero geopolitico durante il XX secolo. Lo sviluppo dei viaggi aerei e dell’aviazione militare ha contribuito a plasmare una nuova visione geopolitica del pianeta. Questa visione della geopolitica della terra si è concentrata sulle terre dell’Artico. Questo approccio è stato sviluppato da George Renner e Alexander de Seversky. Si potrebbe chiamare questo approccio geopolitica dell’aria.

George Renner, nel suo libro Human Geography in the Age of Air [35] descrive la geopolitica dal Polo Nord. Intorno ai ghiacci artici c’è un “Heartland esteso” al quale, oltre al Heartland tradizionale eurasiatico, si aggiunge un “piccolo Heartland” costituito dai territori settentrionali dell’America del Nord e della Groenlandia. L’Oceano Artico diventa una specie di “lago interno” di tale Heartland polare. L’integrazione di questi spazi sulla base dello sviluppo del trasporto aereo, secondo Renner, rende possibile attraverso lo sviluppo di queste aree controllare tutti gli altri territori del pianeta a sud in relazione a questo nuovo Heartland polare. D’ora in poi è l’Artico che Renner propone di chiamare l’asse geografico della storia.

Idee simili sono sviluppate da Alexandre de Seversky che suggerisce di guardare il pianeta da un aereo [36]. La mappa del mondo di Alexander de Seversky pone il Polo Nord al centro, l’emisfero occidentale sotto di esso e l’emisfero orientale sopra di esso. Il doppio antagonismo dell’URSS e degli Stati Uniti è evidente in questa visione, con gli Stati Uniti che emergono come il polo di potere primario e i territori più a nord, alla periferia globale, descritti da de Seversky come “aree di risorse”, dipendenti strategicamente dai territori del nord.

Le aree sovrapposte di potenziale controllo aereo americano e sovietico (Anglo-America, Eurasian Heartland, Europa marittima, Nord Africa, Medio Oriente) sono chiamate da De Seversky Area di decisione. Quindi, propone di concettualizzare l’elemento aria nello stesso modo in cui Mahan concettualizzò l’elemento mare, chiamando il suo libro Air Power [37] un riferimento diretto al Sea Power di Mahan.

La geopolitica dell’aria e le mappe artico-centriche, nonostante alcune importanti intuizioni strategiche, non sono state sviluppate in modo indipendente, ma questa tendenza evidenzia l’enorme potenziale teorico e concettuale della geopolitica che apre possibilità di applicazione a una varietà di campi e contesti. Nel complesso, la geopolitica dell’aria ha arricchito l’arsenale generale della disciplina geopolitica. Con lo sviluppo dell’ingegneria missilistica, la sua importanza è aumentata anche nella pianificazione strategica: nel dispiegamento di missili terrestri, le mappe di Renner e de Seversky sono utilizzate come fondamentali.

[6] Whittlesey D. La Terra e lo Stato. New York: Henry Holt & Co, 1939.

[7] Oppenheimer F. Lo Stato: la sua storia e il suo sviluppo visti sociologicamente. New York: B.W. Huebsch, 1922.

[8] Mackinder H.J. Il perno geografico della storia//The Geographical Journal. 1904.№23, p.421-437. Traduzione russa: Mackinder H. Geographical axis of history/Dugin A.G. Fundamentals of geopolitics. Mosca: Arktogeia-Center, 2000. С. 491-506.

[9] Mackinder H. Democratic Ideals and Reality: A Study in the Politics of Reconstruction. Washington, D.C.: National Defense University Press, 1996.

[10] Mackinder H. Situazione nella Russia meridionale 21 gennaio. 1920/Documenti sulla politica estera 1919-1939. Serie Fisrt. V. III, 1919. Londra 1949. C. 786-787.

[11] Mackinder H. The Nations of the Modern World: An Elementary Study in Geography and History. Londra: George Philip, 1924.

[12] Ibidem. С. 251.

[13] Quigley Carroll. Tragedia e speranza. Una storia del mondo nel nostro tempo. New York: Macmillan, 1966.

[14] Bowman I. Il Nuovo Mondo-Problemi di Geografia Politica. NY: Yonkers-on-Hudson World Book Co.

[15] Citato in Smith Neil. American Empire: Roosevelt’s Geographer and the Prelude to Globalization. Berkeley: University of California Press, 2003.

[16] Mackinder H. Il mondo rotondo e la vittoria della pace / Mackinder H. Democratic Ideals and Reality: A Study in the Politics of Reconstruction. Washington, D.C.: National Defense University Press, 1996. С. 195-207.

[17] Spykman N.J. La strategia dell’America nella politica mondiale: gli Stati Uniti e l’equilibrio del potere. New York: Harcourt, Brace and Company, 1942; Idem. La geografia della pace. New York: Harcourt, Brace and Company, 1944.

[18] Spykman N.J. La geografia della pace. Op. cit.

[19] Mackinder H. Democratic Ideals and Reality: A Study in the Politics of Reconstruction. Washington, D.C.: National Defense University Press, 1996. C. 106.

[20] Spykman N.J.. La geografia della pace. Op. cit.

[21] Spykman N.J. La strategia dell’America nella politica mondiale: gli Stati Uniti e l’equilibrio del potere. Op. cit.

[22] Spykman N.J. La geografia della pace. Op. cit.

[23] Kirk W. La geografia storica e il concetto di ambiente comportamentale/Indian geographical journal& Silver Juvelee volume. 1952. С.152-160.

[24] Immerman Richard H. John Foster Dulles: Pietà, pragmatismo e potere nella politica estera degli Stati Uniti. New York: SR Books, 1998.

[25] Kennan George F. The Sources of Soviet Conduct//Foreign Affairs. 1947. Luglio. Vedi Idem. La Russia, l’atomo e l’Occidente. New York: Harper, 1958.

[26] Strausz-Hupe R. Geopolitica. La lotta per lo spazio e il potere. New York: G.P. Putnam’s sons, 1942.

[27] Strausz-Hupe R. L’equilibrio del domani. Potere e politica estera nel. Stati Uniti. New York: G. P. Putnam’s Sons, 1945.

[28] Burnham J. The Managerial Revolution: What is Happening in the World. New York: John Day Co., 1941.

[29] Burnham J. The Machiavellians: Defenders of Freedom. New York: John Day Co., 1943.

[30] Burnham J. La lotta per il mondo. New York: John Day Co., 1947.

[31] Ibidem. С.114-115.

[32] Ibidem. С.162.

[33] Ibidem. С.182.

[34] Dorrien G. Imperial Designs: il neoconservatorismo e la nuova pax americana. New York: Routledge, 2004. С. 22-25.

[35] Renner G. La geografia umana nell’era dell’aria. NY:Macmillan, 1942.

[36] Seversky A. de. Potenza aerea: la chiave della sopravvivenza. NY: Imon & Schuster, 1950.

[37] Seversky A. de. Potenza aerea. Op. cit.