Geografia sacra ed escatologia: geopolitica postmoderna a proposito del caso palestinese
I. Se guardiamo all’attuale conflitto per la Palestina, ci sono diverse dicotomie che classificano la guerra: musulmani contro ebrei, Occidente contro Islam, Occupanti contro Occupati e molte altre. Alcune di queste coppie contrastanti contengono più verità delle altre, ma ovviamente, come ogni semplificazione, tralasciano alcuni aspetti importanti. Naturalmente la guerra per la Palestina è un conflitto tra i palestinesi occupati e i loro occupanti sionisti. Questo conflitto è brutale, perché i palestinesi sono un popolo colonizzato che lotta per la propria sopravvivenza contro un nemico, i cui funzionari come il ministro della difesa israeliano Joav Galant li definiscono “animali umani”. Molti osservatori sognano una vera soluzione a due Stati come chiave per creare una pace eterna per la Palestina. Di fronte alla gravità del conflitto, sembra che la guerra possa finire solo con la sconfitta dei palestinesi e la pulizia etnica del popolo palestinese da Gaza oppure con un’umiliante sconfitta della fanatica élite sionista ed etno-nazionalista di Tel Aviv. . Al momento entrambi gli scenari sono possibili.
II. In effetti, i neoconservatori, i seguaci tedeschi della Scuola di Francoforte e persino alcuni populisti della destra europea cercano di inquadrare questa lotta come un duello tra un “Occidente secolarizzato, civilizzato e illuminato” e “l’Islam barbaro, brutale e arretrato”. Quando ascoltiamo questi pezzi di propaganda occidentale, ci viene subito in mente il libro di Samuel Huntington “Lo scontro di civiltà” in cui già non solo si anticipava l'ascesa del multipolarismo, ma anche una possibile escalation del conflitto tra la civiltà occidentale e quella islamica. Nel pensiero dei Neoconservatori, il possibile scontro di civiltà nell’opera di Huntington divenne una profezia che si autoavvera. Ma Huntington ci ha mostrato che il conflitto tra civiltà è solo una possibilità, le altre sono la cooperazione e la pace.
III. La dicotomia “musulmani contro ebrei” è in parte sbagliata, poiché il nazionalismo sionista, cioè l’ideologia di stato israeliana, è in totale opposizione al giudaismo tradizionale, che considera la presenza degli ebrei in Palestina prima della venuta del suo Messia come un’eresia ed una negazione della volontà di Dio. Inoltre, la sua dimensione non è puramente riducibile a un confronto tra le forze globaliste che cercano di preservare l'unipolarità e l'egemonia occidentale e le forze che chiedono la costruzione di un ordine mondiale multipolare, in cui l'Occidente è solo un polo tra tanti. Se vogliamo veramente cogliere la dimensione e il significato della guerra per la Palestina, dobbiamo guardare altrove.
IV. È ovvio che i termini e le percezioni puramente moderni non possono evidenziare il significato dell'eternità per le culture tradizionali, come per la civiltà islamica. I culti postmoderni che uniscono versioni distorte dell’escatologia cristiana ed ebraica nelle visioni evangeliche e sioniste della fine di questo mondo sono il vero fattore trainante dietro questo conflitto, ma sono per lo più ignorati in Occidente.
V. Anche l'idea della Geografia Sacra, antenata della geopolitica moderna, è oggi del tutto estranea alla maggioranza degli europei che seguono uno stile di vita ateo e privo di ogni profonda conoscenza storica. Dobbiamo quindi seguire il filosofo russo Alexander Dugin e la scuola filosofica tradizionalista per arrivare al nocciolo della questione della geopolitica postmoderna sull’esempio della Palestina. Chi vuole capire la guerra per la Palestina deve rendersi conto che non si tratta di una guerra con fini puramente geopolitici, la creazione di un mondo multipolare da un lato e la prevenzione del multipolarismo dall'altro, ma di una guerra basata sulla geografia sacra e sull'escatologia. In breve: una guerra santa.
VI. Il termine geografia sacra implica che un paesaggio abbia un significato sacro intrinseco derivato da Dio o dagli Dei, a seconda del tipo di religione. È un tipo di spazialità piena di divino. Pertanto la Geografia sacra è un modo di percepire il mondo in relazione al mito e alla fede. Dà vita anche a luoghi santi che vengono continuamente consacrati da riti. Mentre, ad esempio, gli antichi egizi credevano che le terre a ovest delle colonne d'Eracle (l'attuale Gibilterra) costituissero il regno della morte, gli europei nel Medioevo credevano che la moderna Scandinavia e l'Europa orientale fossero terre abitate da stregoni e popoli selvaggi.
VII. Uno spazio sacro di questo tipo è la Palestina. È la Terra Santa per cristiani, i musulmani e gli ebrei. Nella teologia cristiana la Palestina è la terra dove avviene la rivelazione del messaggio di Dio all'umanità. In essa Gesù Cristo è nato, ha predicato, è stato crocifisso ed è risorto dalla morte. Per i cristiani, la città di Gerusalemme non serve solo da allegoria della Chiesa, ma contiene anche molti luoghi santi, tra cui la Chiesa del Santo Sepolcro e il Cenacolo sul monte Sion, dove ebbe luogo l'Ultima Cena. In termini rituali, i cristiani ortodossi celebrano ogni anno il sabato prima di Pasqua la cerimonia del Fuoco Santo. Nella filosofia europea, Gerusalemme simboleggiava inoltre il primato della religione sulla pura razionalità e ragione, due qualità spesso collegate alla città di Atene. L'attuale primato di Atene nel pensiero europeo è forse il motivo per cui oggi rimaniamo ciechi di fronte al fenomeno della geografia sacra. Nell'Islam Gerusalemme è chiamata Al-Quds o Baitul-Maqdis ("Il luogo nobile e sacro") e il luogo della Cupola della roccia, la più antica struttura islamica in pietra ancora esistente. Secondo la teologia musulmana, Gerusalemme è stata la prima Qiblah, il luogo a cui i musulmani si rivolgevano in preghiera. Secondo il profeta Maometto, la moschea di Al- Aqsa (Gerusalemme) è, dopo quelle della Mecca e di Medina, il terzo luogo più sacro dell'Islam e meta di pellegrinaggi da parte di musulmani di tutto il mondo. Il giudaismo d’altro canto vede la Palestina come la “terra promessa”, ma le opinioni degli ebrei ortodossi e dei sionisti differiscono fortemente quando si tratta delle rivendicazioni sulla Palestina. Nella tradizione ebraica Gerusalemme era il luogo del tempio, la capitale del regno ebraico, il luogo dell'Arca dell'Alleanza. Dal punto di vista ebraico è anche un importante luogo di lutto, poiché il tempio ebraico fu distrutto due volte e gli ebrei più volte espulsi dalla città. Gli ebrei ortodossi lo considerano "l'ombelico del mondo" e simboleggia la loro speranza per l'apparizione del Messia, nonché il loro luogo santo più importante.
VIII. Quando i sionisti attorno a Theodor Herzl entrarono a Gerusalemme nel 1898, la loro visione della città santa era ovviamente segnata dal pensiero di Atene, non di Gerusalemme: erano scioccati dal presunto oscurantismo dei suoi abitanti e dall'odore della città. Per i sionisti radicali – che fino ad oggi sono per lo più nazionalisti militanti che considerano la loro ebraicità principalmente come conseguenza della loro eredità biologica, non spirituale – Gerusalemme è una sorta di disgrazia religiosa associata alla sporcizia e allo zelo del deserto che affermano di aver trasformato nella loro versione del Giardino dell'Eden. Ai loro occhi la Palestina è ovviamente uno spazio puramente mondano, privo di qualsiasi geografia sacra, maturo per l’occidentalizzazione, la colonizzazione e tutti i miracoli oscuri e le abiezioni della postmodernità, comprese le bandiere arcobaleno, i “matrimoni omosessuali” ed un nazionalismo guidato esclusivamente dal desiderio di sangue e terra. Mentre gli ebrei ortodossi considerano un’eresia fondare uno stato ebraico in Palestina prima della fine dei tempi, il sionismo è emerso dal movimento ebraico illuminato di Haskala esattamente con questo obiettivo. E questi ultimi riuscirono, con il chiaro sostegno dell’Occidente, a realizzare le loro ambizioni: nel 1948 fu fondato lo Stato ebraico e nel 1967 Gerusalemme divenne una città sotto il controllo ebraico.
IX. Quando osserviamo la recente escalation in Palestina, soprattutto attraverso gli occhi dei media occidentali, gli eventi ci appaiono piuttosto strani: all’improvviso il ramo militare di Hamas, la Brigata Al-Quassem, inizia un attacco contro Israele. Gli israeliani, d’altro canto, sembrano reagire in modo sproporzionato. Mentre l’esercito israeliano è stato colto impreparato e ha subito le maggiori perdite dalla sua fondazione, migliaia di palestinesi muoiono a causa degli attacchi israeliani sulle aree civili. Ma se osserviamo più da vicino il quadro, scopriamo che la vera ragione della guerra attuale è di natura escatologica.
X. L'escatologia è l'insegnamento sulla fine del mondo e sulla nascita di uno nuovo. È proprio questo che i sionisti cristiani degli Stati Uniti e le frange ebraiche cercano di provocare in Palestina con la costruzione del terzo tempio ebraico a Gerusalemme. Il nome dell’operazione di Hamas “l’alluvione di Al-Aqsa” ci porta direttamente al significato escatologico e alla vera natura di questa guerra. Mentre durante il periodo dell’occupazione israeliana persino Israele negava i servizi religiosi ebraici all’interno della moschea di Al-Aqsa, dall’inizio degli anni 2000, quando la politica israeliana si è spostata sempre più verso la frangia fanatica della destra sionista, i fanatici ebrei all’interno della moschea sono diventati una presenza sempre più frequente. Mentre i musulmani di tutto il mondo lo considerano un sacrilegio, gli ebrei fanatici considerano la moschea di Al-Aqsa, costruita sulle rovine del secondo tempio distrutto dai romani, un ostacolo alla costruzione del terzo tempio.
XI. L’“alluvione di Al-Aqsa” è stata causata dalla profanazione ebraica della moschea di Al-Aqsa. Sette ebraiche come il Temple Institute e il Mount Faithful richiedono il sacrificio rituale di una perfetta giovenca rossa per rendere possibile la costruzione del terzo tempio che a sua volta dovrebbe innescare l'arrivo del Messia e la fine di questo mondo. Per i pii musulmani questi atti di dissacrazione di Al-Aqsa sono opera del Dajjal, l’Anticristo. La giovenca rossa è già nata, secondo alcuni gruppi religiosi in Israele, per i quali sarà pronta per il sacrificio nel 2024. La maggior parte degli ebrei crede invece che il terzo tempio sarà eretto da Dio stesso e dal Messia e che L’intervento umano diretto in questa materia sarebbe un sacrilegio. Ma come spesso accade nella storia, la storia è fatta da minoranze energiche e radicali, non dalla maggioranza. Ciò spiega le continue provocazioni da parte di queste sette ebraiche in Israele e la disponibilità di gruppi musulmani radicali come Hamas a difendere la moschea di Al-Aqsa anche se ciò significa sacrificare la vita di migliaia di palestinesi a Gaza.
XII. Mentre Russia, Iran, Cina, e persino Arabia Saudita e Turchia prendono le posizioni dei palestinesi e chiedono una vera soluzione a due Stati, l’Occidente, per lo più ateo e postmoderno, si raduna attorno alla bandiera di Israele e difende ogni atroce crimine di guerra commesso dagli israeliani. Ma questa scommessa potrebbe rivelarsi nefasta per l’Occidente globale: mentre i palestinesi di Gaza combattono disperatamente per la propria sopravvivenza e la preservazione di Al-Aqsa, nel solo Iran più di 5 milioni di uomini si sono offerti volontari per combattere in Palestina. Il Qatar minaccia Israele di sanzioni nel settore energetico e per la prima volta dal 2013 la gente è scesa in piazza Tahrir al Cairo per chiedere l'intervento a favore dei correligionari musulmani in Palestina. Questa è già una guerra santa e il politico russo Zhirinovsky potrebbe avere avuto ragione quando ha affermato che il conflitto in Ucraina impallidirà in confronto all’imminente guerra in Terra Santa.
XIII. Mentre come conseguenza di questa lotta l'Islam si sta formando come civiltà indipendente e combatte accanto a Russia e Cina per un mondo multipolare, l'Occidente satanico, dall'isola di Epstein a Bruxelles, si schiera dalla parte di Israele. La parola satanico può sembrare forte a prima vista per descrivere l'attuale Occidente moderno (che non è paragonabile alla tradizione e alla cultura occidentale dall'antichità alla fine del Rinascimento), ma se guardiamo alla realtà politica al suo interno, guardiamo agli spettacoli delle drag Queen, i numeri sugli aborti, le operazioni di cambio di sesso, la distruzione totale della cultura occidentale in nome della ideologia woke, la violenza nelle nostre strade e l'empietà nei cuori delle nostre persone, sono convinto che questa parola si adatti perfettamente alla situazione.
XIV. Mentre i paesi BRICS stanno attualmente formando il katehon, il detentore dell'Anticristo, la civiltà occidentale diabolica si unisce a Israele, il che non è un buon segno per Israele stesso, come ha già osservato Alexander Dugin. Di fronte a questo assalto, noi europei dobbiamo scegliere chi sostenere. Possiamo scegliere se sostenere l'Occidente satanico o formare un katehon insieme a tutti gli altri popoli del globo. Dobbiamo mostrare al mondo che c'è una differenza tra i popoli europei e le loro élite sataniche controllate dagli Stati Uniti. Con questo non intendo la lotta armata. La nostra lotta deve riguardare soprattutto la protesta in forma intellettuale e nelle strade. Dobbiamo sbarazzarci delle nostre élite in modo da poter determinare ancora una volta le nostre vite. Non è possibile rimanere neutrali in questa lotta del bene contro il male, bisogna prendere posizione. Noi, come membri della resistenza cristiana, europei consapevoli della loro storia, della geografia sacra e dell’escatologia, possiamo solo lottare per un cambiamento, pregare Dio e formare un katehon contro questa civiltà nefasta. Vedremo quale parte vincerà in questa Guerra Santa, solo Dio lo sa.