Europa, prigione dei popoli
L’arresto di Pavel Durov in Francia dovrebbe aprire gli occhi a coloro che ancora credono alla favola di una Europa amorevole, famiglia di popoli che camminano assieme sul sentiero della pace e della prosperità.
Dovrebbe, ma non accadrà perché il sequestro politico di Durov è solo l’ultimo di una serie di atti criminali che l’Europa “giardino del mondo” (sic) ha compiuto contro i suoi stessi popoli e contro i popoli di altre sventurate nazioni.
Pensiamo infatti alla continua partecipazione dell’Europa alle guerre coloniali che l’Asse Israele – Stati Uniti ha combattuto per ridisegnare il Medio Oriente e il mondo Arabo nello sforzo di trasformare strutture statuali ordinate in un amalgama caotico preda di settarismi e guerre intestine. Oppure pensiamo alla distruzione scientifica della Jugoslavia di Tito, mini Europa federale e pugno nell’occhio nella più grande Europa delle banche; alla conseguente stagione delle guerre Balcaniche e all’intervento armato contro la Serbia di Milosevich che si è concluso con la morte nel carcere dell’Aia dello stesso leader serbo. Pensiamo anche ai lunghissimi anni di tortura economica che la Grecia ha subito, con la complicità dei quisling locali, nel tentativo vano di ripagare un debito estero da usurai al solo scopo di salvare quel cappio al collo dei popoli chiamato “euro”: la Grecia esiste ancora sulla carta, ogni tanto fa sentire la sua voce ma senza che nessuno ci badi veramente e così la casa di Pericle e Socrate, la culla della filosofia che tanto ha dato all’umanità nel passato, oggi sembra appartenere più ad un oblio sotto narcosi che al consorzio delle nazioni viventi. Infine, non dimentichiamo la gestione del Covid che l’unione Europea ha imposto ai suoi popoli aumentando le vittime dell’epidemia invece che diminuirle e dilapidando un capitale secolare di civiltà giuridica, l’insistenza sulla scemenza del cambiamento climatico e sull’eccesso della popolazione mondiale, temi che sono tanto cari ai darwinisti malthusiani della Fabian Society che, sopresa?, ha per simbolo un lupo travestito da agnello.
La leggenda dice che Pavel Durov abbia lasciato la Russia per non sottostare alle stesse richieste che gli sono state fatte più tardi dalla commissione Europea, nei confronti della quale però si è mostrato più disponibile bloccando, per esempio, la diffusione di alcuni canali mediatici russi all’inizio dell’intervento militare in Donbass. Evidentemente, non basta essere disponibili ma bisogna proprio strisciare. Ironia della sorte, non è stato l’attuale occupante del Cremlino a tramare l’arresto di Durov ma la magistratura di una nazione un tempo illustre e che ha visto troppo tempo fa un immenso Émile Zola proclamare il suo eterno atto d’accusa contro l’ingiustizia subita da un innocente Dreyfuss.
Mikhail Ulyanov, rappresentante permanente della Federazione Russa presso le organizzazioni internazionali a Vienna è stato lapidario in un suo post su X:
“Alcune persone ingenue non hanno ancora capito che, se svolgono un ruolo più o meno visibile nello spazio informativo internazionale, non è sicuro per loro visitare Paesi che si muovono verso società molto più totalitarie.”
L’ambasciatore Ulyanov è molto severo nel suo giudizio ma non è possibile dire che abbia torto.
Tuttavia, non c’è solo Telegram. L’Unione Europea ha un conto aperto anche con Elon Musk che ha accusato a più riprese di non essere abbastanza accondiscendente nei confronti delle richieste che le élite (sic) europee gli rivolgono. Ecco il passo successivo, come profetizzato su X dal blogger ZeroEdge:
“L'arresto di Durov è una prova generale di come l'Europa perseguirà Musk.”
Lo stesso Elon Musk non si fa molte illusioni su quale potrebbe essere il suo futuro.
Robert Kennedy Jr, nipote del presidente assassinato a Dallas e terzo figlio dell’altrettanto assassinato fratello a Los Angeles e che ha da pochissimo dichiarato il suo appoggio alla rielezione di Trump, afferma:
“La Francia ha appena arrestato Pavel Durov, fondatore e CEO della piattaforma crittografata e senza censura Telegram. La necessità di proteggere la libertà di parola non è mai stata così urgente.”
Poco prima dell’arresto di Pavel Durov, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto grazie al quale la Russia fornirà assistenza a tutti coloro che non riescono più ad accettare quegli atteggiamenti neo-liberisti nei loro Paesi che contraddicono i valori tradizionali. Forse la cerimonia di apertura degli ultimi giochi olimpici ha cristallizzato questa idea ma è evidente che la situazione peggiorerà fino a raggiungere il suo punto critico.
Mi chiedo allora quando l’Unione Europea imporrà ai suoi cittadini, chiaramente per la loro sicurezza, un divieto di espatrio in stile Unione Sovietica. Quando chiuderà le frontiere dei suoi singoli Stati permettendo solo piccoli e selezionati spostamenti ad altrettanti piccoli e selezionati gruppi di cittadini affidabili.
Quando avremo quindi la nostra stagione di dissidenti, prigionieri e perseguitati politici in un’Europa che è finalmente diventata il lurido gulag tecnocratico che tanto vuole essere?