E grave il bilancio della guerra nel Donbass, felicemente ignorato in Occidente: si stimano 10 mila vittime per i bombardamenti e milioni di profughi rimasti senza una casa. Attualmente la tregua regge, la fine della guerra è vicina?
I combattimenti nelle regioni di Lugansk e Donetsk rispetto ai mesi precedenti sono entrati in una fase di bassa intensità, sulla linea del fronte tra miliziani ed esercito governativo vi è uno scambio di colpi fra cecchini. Nonostante una situazione umanitaria complessa in molte zone del Donbass, le città di Lugansk e Donetsk tornano ai ritmi preguerra.
Sputnik Italia ha raggiunto il reporter e analista presso l'Istituto di Alti Studi in Geopolitica (IsAG) Eliseo Bertolasi, che direttamente dal Donbass ci fa il punto della situazione.
— Sei stato sulle posizioni, i combattimenti continuano? Qual è la situazione sul fronte?
— Sono stato sulla linea del fronte, dalla parte della Repubblica popolare di Lugansk, in un sobborgo chiamato Sokolniki. Lì il fronte e il confine scorrono sul fiume Serverskij Donez. Le posizioni sono ricavate fra le rovine delle case completamente distrutte, il villaggio è abbandonato. I combattenti incontrati sul posto mi hanno detto che non ci sono combattimenti intensi negli ultimi periodi, ci sono solo dei combattimenti di posizione, quindi semplicemente uno scambio di colpi fra i cecchini sulle parti rispettive del fronte. La situazione è migliorata, questo è indubbio.
— Le posizioni però sono rimaste, non sono state abbandonate dai combattenti. La guerra non è finita dunque?
— Certo, questa guerra è entrata in una fase fortunatamente di bassa intensità, però la situazione è ancora un'incognita, non si può sapere come andrà a finire.
— Ti trovi a Donetsk ora, raccontaci come vive la città. Ha ripreso i ritmi di una volta?
— I quartieri a nord di Donetsk rimangono distrutti e più o meno abbandonati, ci vorranno anni per ricostruirli e riportarli allo stato preguerra. Il resto della città è tornato praticamente alla città di Donetsk com'era prima della guerra.
Oggi funziona tutto, ristoranti, farmacie, non ho visto penuria di nulla. Non manca niente. Gli unici problemi sono relativi alle banche, perché sono chiuse, è complicato fare le transizioni.
— Che valuta si utilizza oggi nel Donbass?
— Sia a Lugansk sia a Donetsk si usa il rublo, non si vede girare più una grivna. La lingua ufficiale è il russo, il fuso orario è quello di Mosca e anche il calendario delle feste civili è quello russo. Infatti il 9 maggio il Giorno della vittoria è stato celebrato ancora con più enfasi che in passato. Ero presente ai festeggiamenti di Donetsk, per filmare era necessario un permesso che ho ottenuto senza problemi. Se la posso descrivere con un aggettivo, la parata di Donetsk è stata grandiosa. Per come è stata organizzata, per la quantità di reparti che hanno sfilato, addirittura un plotone di donne.
— Che cosa ti ha colpito di più?
— La grandissima partecipazione popolare a questo evento, parlo di migliaia di persone che si accalcavano alle transenne per poter vedere nella più grande esultanza e entusiasmo la parata delle loro forze armate. Questo deve far riflettere soprattutto coloro che continuano a dire in Occidente che le regioni sono sotto occupazione militare. È un peccato che queste persone non erano presenti a queste manifestazioni, perché è impossibile ipotizzare una occupazione di una forza militare straniera e allo stesso tempo vedere un così grande entusiasmo popolare.
— Come si può sviluppare la situazione a tuo avviso?
— Non si può ancora parlare di pace definitiva. C'è una situazione di tregua, che per definizione è una guerra sospesa. Sono convinto che questa guerra potrà essere risolta solo a livello della diplomazia internazionale con i più importanti attori, parlo di Russia da una parte e Stati Uniti dall'altra. Secondo le mie riflessioni da analista geopolitico, ritengo che la guerra nel Donbass debba essere inserita in un contesto più ampio, una situazione oggi di grande tensione fra Stati Uniti, NATO e Russia su un fronte che in sostanza parte dalle Repubbliche Baltiche e arriva fino alla Turchia e alla Siria.
I civili vogliono ovviamente la pace, però vogliono anche l'indipendenza. È incredibile come le regioni di Lugansk e Donetsk siano ormai diventate un vero Paese con delle strutture governative funzionanti e dei ministeri. L'amministrazione e i leader locali hanno fatto passi da gigante per trasformare delle regioni e strutturarle in un Paese autonomo. In due anni hanno fatto questo miracolo politico e amministrativo da un punto di vista della gestione interna del territorio. Questo a prescindere dal riconoscimento internazionale, che è tutto un altro tema.
Fonte : it.sputniknews.com