Dalla Stella del mattino alla Luce increata: intuizioni e appunti sull’itinerario spirituale di Aleksandr Dugin
Parlare di Aleksandr Dugin è complesso ma è possibile, seppur nelle righe di un Articolo privo di note per non tediare il lettore medio e stimolarlo così alla lettura e alla conoscenza del filosofo russo. Nel corso dell’ultimo decennio Prefazioni, Introduzioni e Postfazioni ai suoi libri – per una gran parte editi da AGA che ora rappresenta ufficialmente la sua casa editrice per le traduzioni in lingua italiana – da parte di valenti commentatori quali Marro, Virga, Pacini, Scarabelli, Siniscalco (e mi scuso se ne ho dimenticati altri) hanno chiarificato molte cose del suo Pensiero. Inoltre, alcuni docenti universitari nello stesso periodo hanno scritto su di lui saggi, libri, hanno affrontato lezioni online su YouTube per i loro studenti e altro. Dopo il “Dugin e Platone” di Lorenzo Maria Pacini edito da Settimo Sigillo nel 2023, arriviamo infine in questi giorni per i tipi di Libreria Europa al volume di Giacomo M. Prati, con Prefazione dello stesso Pacini, dal titolo “Dugin versus Dugin. Gnosi Impero Rivoluzione. La via russa all’apocalisse gnostica”, dove si afferma tra l’altro e con decisione di poter individuare «in un cuore magico ed esoterico transculturale il nucleo essenziale del suo processo ermeneutico».
Di Aleksandr Dugin e del suo pensiero, si può dire quello che egli stesso e la moglie Natalia Melentyeva, affermarono con un breve Saggio sulla figlia Darya il 21 dicembre 2023 in occasione del suo trentunesimo compleanno in Cielo, visibile sul Canale Telegram di Idee&Azione, Quotidiano indipendente, Canale ufficiale del Movimento Internazionale Eurasiatista in Italia:
«Il significato di un simbolo è che non può essere appropriato, conserva sempre il suo fascino e il suo understatement e rimane sempre qualcosa di sfuggente, nascosto, non ancora compreso. L’interpretazione di Darya Dugina non può essere monopolio. Nessuno – né i suoi genitori, né gli amici intimi, né i compagni di studio e i colleghi, né gli osservatori e i commentatori distaccati – può affermare di avere l’unica vera interpretazione della sua personalità. Ognuno può avere la propria Darya Dugina. Lei sosterrà una persona che sta attraversando un momento difficile e doloroso».
Nonostante questa premessa, tuttavia la statura intellettuale e la personalità filosofica complessa, originale e poliedrica di Aleksandr Dugin, rispetto alla vastità del suo pensiero, finirà per creare a sua insaputa e senza sua volontà una Sinistra duginiana e una Destra duginiana come già avvenne per altri grandi filosofi del passato. Anche se, nel caso del prof. Dugin, riconosciamo l’inadeguatezza della terminologia destra-sinistra tipica della Modernità, nei confronti di un filosofo della Tradizione. Quindi, in questo specifico caso sarebbe meglio parlare di due aree antiliberali e anticapitaliste, che si formeranno in base alla provenienza dei suoi allievi: un’Area aristocratica guerriera improntata alla verticalità del suo Pensiero (tripartizione castale indoeuropea), nonché un’Area sociale popolare basata sugli aspetti orizzontali del suo Pensiero (giustizia sociale tra le tre caste). Quindi, Ordine Divino & Giustizia Sociale che sono ora omogenei e conseguenti nel pensiero di Dugin e che noi speriamo restino sempre uniti per il conseguimento di un ordine multipolare equo, sicuramente nei suoi allievi e nei suoi seguaci potranno arrivare ad una divaricazione dottrinale. Questo avverrà se la ricezione del nuovo messaggio proprio della Quarta Teoria Politica (4TP) non troverà il campo libero da elementi ideologici, sociologici e soprattutto emotivi ed affettivi che legano ancora le singole persone e i gruppi militanti che vogliono seguire Dugin a nostalgie verso la Seconda (2TP) e la Terza Teoria Politica (3TP), anche se in una visione realista le spinte di sicura verità insite in esse, una volta sfrondate dall’utopia andranno sicuramente conservate e promosse.
Esiste un altro problema, e non di poco contro, circa il futuro del Pensiero duginiano. Dugin è una persona e una personalità sostanzialmente libera, con quel filo di anarchia, di sciamanesimo e con quello spessore escatologico tipici dell’anima russa. Attualmente, la sua vasta dottrina, il suo corpus filosofico appaiono in modo evocativo e simbolico come il cappello del mago da cui fuoriesce la sapienza della Tradizione, o come l’alambicco dell’alchimista il cui fermento interno genera sempre nuova Conoscenza. Tuttavia, nonostante l’estrema libertà di Dugin, da lui dichiarata più volte nell’approccio al pensiero filosofico che egli vuole scansionare in una pluriformità di direzioni di ordine fenomenologico senza inibizioni e dogmatismi, il suo Pensiero come già quello di altri grandi filosofi sarà destinato prima o poi a non essere più così fluido. Infatti, nella sua piena maturità intellettuale, ogni grande filosofo cerca di dare un senso ultimo e un filo conduttore a quell’insieme di verità intuite nell’anima che nel corso dei decenni hanno poi formato la novità, la freschezza e la singolarità del suo pensiero, del suo filosofare. Quindi, il percorso logico della sistematizzazione del Pensiero, anche per Dugin prima o poi apparirà come uno scoglio privo di vitalità da non voler oltrepassare, ma anche come un’esigenza intima dell’anima da dover realizzare. Il pensiero sistematico, prima o poi bussa sempre alla porta di ogni grande o meno grande filosofo, e anche per Dugin la logica di un discorso coerente e consecutivo per dare unità organica al suo Pensiero, a un certo punto non potrà più essere rimandata o messa in discussione, tranne il caso di una sua morte prematura. Questa sistematizzazione del suo Pensiero – visto le simpatie di Dugin per Hegel – avverrà in modo trascendentale hegeliano come già avvenne per Husserl, la qual cosa gli costò poi la defezione dei suoi migliori allievi, che vedevano in essa la morte dello spirito che aveva animato la fenomenologia? Oppure resterà ancorata ai principi di un nuovo inizio della Filosofia, una filosofia quindi libera, fenomenologica e contemplativa, così come veniva postulata dal secondo Heidegger? È difficile fare previsioni in merito, ma noi lanciamo al Prof. Dugin il nostro fervente desiderio affinché Lui scelga valorosamente la seconda delle ipotesi…
Nonostante l’importanza di queste due ultime questioni, quello che vorremmo però brevemente sottolineare in questo Articolo – e lo dice appunto il suo Titolo –, è lo stato dell’arte sempre in crescita e in progressione dell’itinerario spirituale di Aleksandr Dugin, per quello che la nostra intuizione riesce a cogliere dall’interiorità poliedrica di questa grande anima. Sottolineiamo che qui, per itinerario spirituale intendiamo la complessità dell’itinerario umano verticale del grande filosofo, un itinerario complessivo che ingloba in sé tutti gli aspetti rilevanti della sua personalità: l’uomo, il filosofo, il geopolitico, il sociologo, il professore, l’empatico agitatore, il costruttore di ponti culturali e di legami umani, il fedele ortodosso dei Vecchi credenti, il marito e il padre di famiglia, insomma tutto ciò che compone e che comprende la sua anima russa di araldo della Tradizione.
Questa riflessione non vuol essere parimenti in contrasto con ciò che gli eminenti esperti citati all’inizio del presente Articolo, hanno detto e ancora dicono del suo Pensiero in modo parziale o in sintesi più o meno corpose. La nostra focalizzazione riguarda invece il decorso storico del suo Pensiero e pone il seguente quesito: chi era Dugin ieri, e chi è Dugin oggi rispetto a ieri? Un quesito, quindi, che riguarda l’evoluzione o, meglio, la crescita spirituale del suo Pensiero.
Quello che vogliamo qui esplicitare sinteticamente, insomma, riguarda in buona sostanza la dinamica del vettore della verticalità duginiana, ossia vogliamo tentare di tratteggiare quella forza propulsiva di ordine spirituale che a nostro modesto parere:
- ha avuto una prima traiettoria verticale orientata verso quella che Dugin chiama la Stella del Mattino rappresentata da Julius Evola e dai suoi scritti, unita all’humus di quel bagaglio filosofico, esoterico, alchemico e gnostico da lui mutuato nella sua formazione e nella sua appartenenza al Circolo Južinskij;
- e attualmente prosegue nel suo specifico itinerario spirituale, con una nuova rotta verso lo Zenith, nella verticalità assoluta ed infinita, orientata decisamente verso la Luce increata dell’Ortodossia.
Dalla Stella del Mattino di Evola alla Luce increata dell’Ortodossia, quindi Dugin non sembra aver cambiato la verticalità della sua traiettoria, ma in soluzione di continuità sembra andare sempre più verso l’infinità dello Zenith di Dio, perché viene ora attratto da Lui senza iniziativa personale, se non quella scaturita dalla sua conversione a Gesù Cristo vera Luce increata. Questo tipo di ragionamento non deve essere assolutamente recepito in modo “confessionale”, né da parte di chi scrive né da parte di chi legge, e non è assolutamente nostra intenzione il proporlo in questi termini: è solo un’evidenza a nostro modesto parere incontrovertibile, ossia quella di un filosofo che dalla verità giunge ai confini della Verità ultima, con tutta la fatica umana che impegna la conversione personale, coi suoi alti e bassi, con le sue cadute e i suoi rialzarsi, con la montagna quasi umanamente insormontabile del “perdonare” i propri persecutori, ma che si dimostra essere l’unica possibile chiave ermeneutica, affinché la verticale sia sempre più pura e permetta nuove ascensioni verso la Luce increata: rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori…
Giunto già alla rubedo per mezzo della nigredo e poi dell’albedo alchemiche, dirigendosi così verso la Stella del Mattino di Evola, Dugin è stato illuminato da una conoscenza di ordine esoterico, da una vera gnosi transculturale, per cui per mezzo dell’Uno platonico e plotinico egli ha realizzato l’innovativa filosofia politica detta Quarta Teoria Politica, con la sua espressione geopolitica ed etnosociologica del Multipolarismo, e inoltre con la centralità altamente esoterica del Soggetto Radicale, come viene da lui descritto in un estratto web del suo volume in italiano “JULIUS EVOLA, Stella del mattino”, edito recentemente da AGA:
«[...] Questo è il mondo moderno e postmoderno, irreale e bizzarro; il mondo della sovversione, infestato da simulacri così logori che non è nemmeno chiaro di cosa siano copia, e ancora più giù, dove non c’è più nulla. Al tempo stesso, il Soggetto Radicale può elevarsi all’Intelletto o attraverso di esso, ancora più in alto, verso l’Uno apofatico e sovra-ontologico (o pre-ontologico) e persino ben più oltre, attraverso l’Uno stesso, dove non c’è niente. Eppure esso è ovunque sempre uguale a se stesso. È invariabile, nel senso più assoluto. Questo è il Soggetto Radicale. Che abbia a che fare con Evola? Probabilmente sì [...]».
Proseguendo come un vettore nella traiettoria verso la sua Stella del Mattino, Aleksandr Dugin ha poi subito in sé stesso la sorte di diversi evoliani e ordinovisti soprattutto italiani, quello che noi personalmente chiamiamo “l’effetto Evola”, ossia l’incontro finale con Cristo attraverso la Tradizione e la sua conseguente conversione al Cristianesimo. Una conversione questa, metabolizzata lentamente attraverso la frequentazione della gloriosa Chiesa ortodossa nella comunità intransigente dei Vecchi Credenti. Una conversione fatta per tutti di purificazione, illuminazione e divinizzazione, che ha aspetti di simiglianza ma non di uguaglianza col processo alchemico interiore, in quanto qui l’insostituibile sforzo personale è accompagnato prima dalla grazia di Dio e poi viene guidato dalla stessa grazia di Dio ossia dall’azione diretta dello Spirito Santo. Un processo di conversione che la teologia ascetica e mistica dei Padri della Chiesa e quella dei teologi della Chiesa d’Occidente ha definito in tre stadi: via purgativa, via illuminativa, via unitiva. Quindi, in questo processo continuo di conversione conosciuto e conoscibile solo da Dio stesso, il filosofo Dugin è stato prepotentemente attratto e calamitato verso la Luce increata del Dio vivente, quella Luce che si mostrò una prima volta sul Monte Tabor, dove Gesù manifestò la sua divinità accanto a Mosè ed Elia, quella Luce che è l’esito ultimo della vera filosofia e a cui la filosofia tende come conoscenza esperienziale del Logos, e che nella sua essenza soprannaturale appare come Luce visibile che, per usare un termine heideggeriano, si manifesta come luminoso e numinoso “Evento”.
Indubbiamente, questo itinerario verso la Luce increata alternato da intensi episodi di densa tenebra discensionale e di illuminazione interiore ascensionale, tipico della spiritualità esicasta russa e inteso come personale ricerca interiore fondata per ogni fedele ortodosso sulla liturgia sacramentale e sulla Preghiera del cuore, a nostro prudente e opinabilissimo giudizio, nel nostro grande filosofo ha subito una potente accelerazione attraverso due eventi drammatici in cui egli è stato personalmente convocato come uomo, come intellettuale e come credente: l’Operazione Militare Speciale della Federazione Russa nel Donbass nonché il conseguente martirio escatologico della figlia Darya, il quale è stato e continua ad essere un dramma per tutta la comunità internazionale eurasiatista che si è stretta e continua a stringersi attorno a Lui.
L’attuale proclamazione a viso aperto da parte di Aleksandr Dugin di un nuovo Impero Russo, dopo la vittoria schiacciante di Vladimir Putin alle recenti elezioni e il suo esplicito e chiaro appoggio a questa antica e sempre nuova weltanschauung russa, deve avere spinto ulteriormente lo stesso Dugin verso nuove verticali della Luce increata, attraverso la percezione viva di un futuro Imperium cristiano visto come realizzazione metapolitica e politica di un multipolarismo interno alla Russia, di carattere evangelico, nel contorno vastissimo delle frontiere imperiali, in grado di tutelare e di dare valore alla varietà multietnica e multiconfessionale di queste realtà federate, come già avvenne nel periodo più fulgido dell’Impero degli Zar.
Con le dovute precauzioni del caso, potremmo quindi azzardarci a paragonare l’itinerario spirituale di Aleksandr Dugin a quello di un potente razzo, che per mezzo di una traiettoria verticale deve andare ad attraccarsi ad una stazione orbitale, e man mano che questo razzo si avvicina alla meta perde pezzi importanti del suo vettore ormai esauriti, per alleggerire la corsa e dirigersi in sicurezza verso l’approdo alla stazione orbitale. Così nell’esperienza sempre più verticale del Dugin filosofo poliedrico, ciò che prima serviva nella corsa verso l’alto, viene poi lasciato anche se non rinnegato e sempre amato, perché la rivelazione della Luce increata insegna ogni cosa e rende trasparenti i motivi di una conoscenza superiore, per cui la conoscenza naturale benché sublime si rivela essere poi solo una sua ombra vacua, così come insegna San Gregorio Palamas (1296-1359) vescovo, teologo, monaco e cultore della preghiera esicasta nel suo scritto “Centocinquanta capitoli”, al n. 29 della Patrologia greca:
«È una conoscenza più alta di quella sulla natura, dell’astronomia e di tutta la filosofia attorno ad esse, non solo il conoscere Dio e che l’uomo conosca sé stesso ed il proprio ordine, ma anche che il nostro intelletto conosca la propria debolezza. (…) Infatti l’intelletto che conosce la propria debolezza ha trovato anche da dove può giungere la salvezza, avvicinarsi alla luce della conoscenza ed assumere una sapienza vera, che non si dissolve con questa vita».
E ora, per finire, vogliamo raccontarvi una storia. Un giorno, un vecchio eremita un po’ sciamano e di mia conoscenza che vive ancora oggi in un eremo dell’Alta Garfagnana sotto il Pizzo d’Uccello e a lato del Monte Pisanino, ci raccontò di una sua visione avuta all’incirca una decina di anni fa. Assorto nella Preghiera esicasta, cadde in uno stato di dormiveglia, lì dove la Terra di Mezzo spesso diviene una realtà viva e palpabile. Improvvisamente, gli apparve Gesù Cristo quale Re del Cosmo, sorridente, seduto sul trono della sua gloria con una corona imperiale sul capo, lo scettro nella mano destra e il globo cruciato nella mano sinistra. Mentre l’eremita contemplava silente la visione, subito dopo vide altri due personaggi apparire in piedi accanto al Signore: alla sua destra apparve fiero e canuto il profeta Muhammad con turbante, camicia orientale a maniche lunghe, larga fascia addominale, pantaloni alla turca sotto il ginocchio e calzari appuntiti, mentre alla sua sinistra stava il Buddha nelle fattezze impassibili estremo orientali, con copricapo a punta diamantato, sari monastico giallo zafferano, pelle brunita, semi scoperto e a piedi nudi. La visione di questi due grandi personaggi a fianco del Cristo, lasciò per molto tempo l’eremita fortemente turbato e molte volte dopo questa visione, per diversi anni egli pregò Dio chiedendo di rivelargli il senso di questa strana visione. Sapete cosa poi ci disse, una volta sciolto l’enigma? Affermò che capì il senso ultimo di questa visione solo dopo aver letto gli scritti di Aleksandr Dugin, nei suoi riferimenti al nuovo Impero Russo…
In conclusione, crediamo che abbiate capito la nostra sincerità, la bontà delle nostre intenzioni e la nostra ferma intenzione di non voler essere assolutamente di parte, né tanto meno di porsi come fautori di un eventuale reclutamento di ordine confessionale che sarebbe qui fuori luogo. In tal senso, come ultima raccomandazione vi comunichiamo da cuore a cuore questo nostro pensiero: lasciamo vivere ad Aleksandr Dugin il suo itinerario verso la Luce increata nella piena libertà e senza condizionamenti da parte nostra. Egli è un filosofo ma anche un indiviso uomo di fede, il quale come la figlia Dasha non vive la filosofia e la fede tramite due binari separati, sempre paralleli ma mai uniti, perché egli vive queste due dimensioni nel respiro indiviso ed unificante che entra ed esce dai polmoni uniti di una fede forte e di una filosofia inossidabile.
Ricordando la sapienza antica e popolare dei nostri anziani secondo cui l’erba “voglio” non esiste neanche nel giardino del Re, permettetemi anche un esempio che può sembrare stupido ma che in realtà è molto realista. Dugin non è un libraio che offre molte varietà di libri e ognuno prende da lui ciò che più gli aggrada, fermandosi solo ad un momento storico della sua ricerca filosofica e ripudiando i successivi o i precedenti momenti, anche se la cosa può risultare possibile. Aleksandr Dugin, al pari della figlia Dasha, è un vero guerriero, è un capo guerriero, è un condottiero che ha fatto e che continua a fare un itinerario spirituale concreto dalla luce naturale delle scienze filosofiche all’esperienza viva della Luce increata. Egli merita quindi di essere seguito e imitato in questa escatologica battaglia finale, in cui vediamo la stessa Luce increata trasudare ed effondersi in modo drammatico da ogni pagina del libro dell’Apocalisse la cui realizzazione quotidiana è sotto i nostri occhi, e ci chiede solo, qual Luce increata, di poter entrare in noi per liberarci, salvarci e darci la Vittoria finale in questo tremendo periodo storico.
Seguiamo Dugin, quindi, senza paura, affiancandolo cavallerescamente in questo suo itinerario spirituale, senza timore di perdere alcunché ma col coraggio consapevole di lasciare indietro ciò che una volta era vita militante ma che oggi è diventata solo zavorra ideologica, perché l’Imperium ci chiama ad acquisire una nuova mente, ci spinge a nuove mete e a nuovi orizzonti, e se esso si realizzerà nella Santa Madre Russia col nostro aiuto, così noi verremo aiutati per realizzare lo stesso sogno qui da noi, il più grande sogno che per molti di noi, ordinovisti ed evoliani, ha accompagnato l’intera nostra esistenza: il ritorno di Artù, il ritorno della Tavola Rotonda, il ritorno di Carlomagno, il ritorno dell’Imperium ghibellino, il ritorno della nuova Europa, dell’Impero d’Europa, dell’Europa dei Popoli!