Anti(fascisti): l’esercito del terrore globalista
“A seguito dello scontro tra i sostenitori di Trump e gli anti-fascisti a Berkeley, sei persone sono rimaste ferite”, “le proteste contro Marine Le Pen a Parigi si sono trasformate in una rissa di massa”, “antifascisti hanno usato Molotov al comizio di Marine Le Pen”, “gruppi antifascisti sono sospettati di essere coinvolti nell’attacco terroristico a Dortmund” — queste sono solo alcune delle notizie di stampa degli ultimi dieci giorni in cui gruppi di giovani liberal di sinistra che si definiscono “antifascisti” in un modo o nell’altro sono menzionati. In Russia questo movimento è marginale. In Occidente invece è tutto piuttosto diverso. Lì, da tempo è diventato una parte organica del sistema.
Antifascismo: vecchio e nuovo
Il moderno antifascismo è un fenomeno abbastanza recente. Come subcultura, ha preso forma negli anni ’80, prendendo in prestito simboli e slogan dagli storici movimenti che si sono opposti all’estrema destra in Europa negli anni 1920–1940. Allo stesso tempo, la colonna portante dei nuovi movimenti antifascisti era differente. Era fatta da anarchici e trotskisti che erano marginalizzati nelle resistenze ai regimi fascisti storici anche durante la guerra civile spagnola, dove il ruolo di vari elementi radicali tra i repubblicani era abbastanza forte. I partiti comunisti stalinisti hanno giocato un ruolo molto più importante nell’affrontare i regimi fascisti, ma i moderni antifascisti preferiscono biasimarli come “cripto-fascismo”. Che dire dei conservatori e dei nazionalisti come Erst Niekisch e Otto Strasser in Germania o dei partecipanti al movimento di Resistenza in Francia, tra i quali c’erano gente di sinistra, di destra e anche nazionalisti francesi. In altre parole, non esiste una continuità storica tra i nuovi antifascisti e i gruppi della Resistenza, che hanno combattuto i veri fascisti.
I finanziatori dell’antifascismo
Ma vi è un altro, più forte legame. Con il capitale finanziario. Per esempio, la Tides Foundation, che è attiva negli Stati Uniti e riceve donazioni finanziarie da George Soros, finanzia regolarmente gruppi antifascisti, compresi quelli che organizzano disordini di massa come gli scontri a Berkeley in febbraio di quest’anno, quando gli antifascisti hanno picchiato persone, bruciato macchine e rotto vetrine.
Il movimento “antirazzista” Black Lives Matter, che si occupa principalmente dell’organizzazione di disordini di massa, ha ricevuto nel 2016 da George Soros, attraverso la Open Society Foundation e il Center for American Progress, guidato da John Podesta, 33 milioni di dollari. Altri 100 milioni di dollari sono stati assegnati dalla Ford Foundation e dall’organizzazione Borealis Philanthropy, che ha creato a questo scopo il Black-led Movement Fund.
Finanziare iniziative antifasciste e antirazziste in Europa è anche una delle priorità della Open Society Foundation, così come di altre strutture d’influenza americane. Per esempio lo stesso fondo Ford contribuisce attivamente a molte iniziative anti-razziste in tutta Europa. La rete delle organizzazioni europee SOS Racisme, nata in Francia, fu originariamente creato dalla sinistra tradizionale su richiesta del Presidente Mitterrand e del Partito Socialista. L’organizzazione è ancora finanziata in larga parte dallo stato francese.
Tutte le reti antifasciste in Europa sono legate agli stati o ai fondi di beneficenza finanziati dai capitalisti. Semplicemente non ci sono altre fonti di finanziamento in Europa. Si scopre un paradosso: militanti di sinistra e anarchici ricevono fondi dallo stato e dai capitalisti, cioè dai loro principali “nemici di classe”. Ma perché?
I soldati del liberalismo
La risposta è ovvia: la gestione degli afflussi di capitali è necessaria a riorientare i radicali lontano dalla critica e dalla lotta al sistema borghese verso l’azione contro un mitico “fascismo”. Il capitalismo offre, invece di combatterlo, di condurre la lotta ai fantasmi ideologici, così come agli oppositori dello stesso capitalismo provenienti dal campo della destra. È molto conveniente, sicuro e redditizio in termini di denaro.
Gli ideologi che si sono espressi recentemente, dicono ai nuovi arrivati che “fascisti” sono tutti quelli per cui lo spirito di emancipazione dell’illuminismo non è in alcun modo accettabile, che non vogliono rinunciare ad alcuna identità collettiva, dalle radici nella tradizione, etnica, nazionale, religiosa, che credono che l’uomo è un uomo e una donna una donna e che il matrimonio è una unione di un uomo e una donna, che amano il loro popolo e la loro storia, che vedono nella cultura non solo nichilismo, ma anche i valori della continuità e il Logos.
In breve, i “fascisti” sono tutti quelli che non sono d’accordo con l’assegnazione, a tutte le possibili perversioni, dello status di norma sociale e di legge. Per un antifascista di professione, ogni persona sana, equilibrata e normale è un “fascista”. E con un fascista, come dicono gli antifascisti, niente complimenti. L’unico fascista buono è il fascista morto. Questo ci ricorda qualcosa.
Il problema è che il fenomeno del fascismo non è affatto ideologicamente integro. L’applicazione del termine stesso alle varie dottrine degli anni ’20 e ’40 è una semplificazione eccessiva. Ampliare l’interpretazione stessa del “fascismo” priva il concetto di qualsiasi significato. Ma è accompagnato da così tante allusioni traumatiche per la coscienza europea del dopoguerra che è impossibile resistere ad usarlo come etichetta. Chiama il tuo nemico ideologico “un fascista” e le masse saranno al tuo fianco. E nessuno capirà. È importante solo avere il tempo di urlare la parola maledetta prima. E ottenere per questo una sovvenzione dal grande capitale e dalla macchina statale.
Gli intellettuali occidentali hanno creato il concetto di “fascismo eterno” nello spirito di Umberto Eco, cercando di ampliare il più possibile la definizione di questo fenomeno così da poterlo applicare al numero massimo di avversari dell’ordine mondiale liberale, delegittimandoli in tal modo e attaccandoli con “squadre d’assalto” di antifascisti. Così i rappresentanti di tutte le forze populiste di destra antisistema, dal Partito della Libertà austriaco al Front National in Francia allo UKIP in Gran Bretagna, sono stati etichettati come fascisti.
Gli antifascisti stessi vivono con un principio completamente fascista. “Lascia questa chimera della coscienza, il Fuhrer pensa per noi”. Per gli antifascisti, come regola, a pensare sono i filosofi ultra-liberal tra gli ex esponenti della sinistra. Come il defunto Andre Glucksmann o i viventi Daniel Cohn-Bendit e Bernard Henri Levy. Quest’ultimo letteralmente non sfugge a ogni sorta di Maidan, dichiara regolarmente quanto odia Putin (il “fascista”), e gira documentari quando è necessario giustificare l’invasione americana di un particolare paese. Saddam Hussen, Gheddafi, Assad — siete “fascisti!” — quindi stiamo venendo da voi.
Non si sa quanto questi intellettuali differiscano dai neocon americani, dal momento che i principi basici — l’esportazione della democrazia liberale nel mondo, il rovesciamento dei regimi “totalitari”, l’opposizione alla Russia, il supporto dello stato di Israele e degli Stati Uniti — sono gli stessi. Forse l’unisca differenza è che i neocon (anche perché di solito rappresentati da ex ebrei Trotskyisti) amano Israele e gli Stati Uniti un po’ di più.
Antifascismo a servizio dell’imperialismo
La definizione comunista classica di fascismo lo considerava come un complesso fenomeno socio-politico. Quindi, menzionava il capitalismo finanziario come maggior sponsor e beneficiario, ed evidenziava la natura aggressiva e imperialista del fascismo. I moderni antifascisti non si interessano a tali complessità. La loro percezione del mondo è piatta, si accontentano di luoghi comuni e cliché. Altrimenti vedrebbero che c’è qualcosa in comune tra loro e i fascisti storici.
L’antifascismo moderno non è solo finanziato dallo stesso capitalismo finanziario, ma è anche pienamente d’accordo con le politiche aggressive dei paesi occidentali. Antifascisti hanno partecipato a tutte le rivoluzioni colorate che l’Occidente ha promosso. Nel caso dell’Ucraina, per esempio, nel 2014 non erano imbarazzati dalla presenza di neonazisti nelle vicine barricate.
Se prendiamo la guerra in Jugoslavia, il conflitto in Kosovo, il bombardamento della Libia — gli antifascisti assumono sempre la posizione dell’egemonia e delle sue procure. Sono sempre dalla parte degli Stati Uniti e dei “ribelli” da questi sponsorizzati: dai bosniaci e albanesi agli estremisti islamici in Siria. Quando serve, supportano i nazionalisti, gli estremisti religiosi, chiunque. Chi è e chi non è “fascista”, lo decide Bernard-Henry Levy.
Un tipico esempio — gli antifascisti e Trump. Immediatamente dopo l’elezione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, negli Stati Uniti e in Europa hanno avuto luogo migliaia di manifestazioni contro il fascismo, la xenofobia e il sessismo. Trump è stato bollato come il diavolo incarnato quando ha cercato di “vendere” alla società americana una proposta per avviare negoziati con la Russia. Ma lo stesso Trump ha lanciato un attacco missilistico sulla Siria. E dove sono finiti tutti questi milioni di persone con il cappello rosa in testa? Hanno picchiato Richard Spencer, simpatizzante alt-right, che ha organizzato una dimostrazione contro la guerra. Bene, Bernard-Henri, che precedentemente aveva attaccato Trump, in contemporanea con i neocon, aveva approvato sia l’attacco con missili Tomahawk sulla Siria, sia le azioni per intimidire la Corea del Nord, dicendo che si trattava di “un gesto coraggioso”.
Il fascismo degli antifascisti
Il moderno antifascismo è un simulacro, una copia senza l’originale, si oppone al “fascismo” che esso stesso inventa, che in realtà non esiste. Sostiene di essere un successore dell’“anti-fascismo”, ma in realtà non è così, perché cosa hanno in comune i comunisti tedeschi degli anni ’30 e Cohn-Bendit? Attaccare il vuoto contribuisce solo a mantenere l’esistenza stentata di un altro simulacra subculturale — il neo-nazismo, suo fratello gemello. Infine, non propone nulla di positivo. Punta solo a distruggere, schiacciare, vietare. Tipica psicologia da pogrom.
Non sorprende che gli antifascisti mostrino un comportamento praticamente fascista. Se i loro oppositori di destra cercano di organizzare un dibattito o di fare un discorso, gli antifascisti preferiscono interrompere l’evento ma non intervenire nel dialogo o giustificare la loro posizione. Un’altro tratto comune è l’intolleranza verso chi ha un altro punto di vista. Un’altro ancora è il tasso di violenza fisica e intimidazioni contro gli avversari. Infine, la mancanza di pensiero critico, che non permette di vedere nelle azioni di chi li dirige, una palese manipolazione. Gli antifascisti sono ciechi da un occhio: vedono solo lo pseudo-fascismo e non vedono quello reale, che servono con devozione.
Ad alcuni può sembrare sorprendente, ma l’antifascismo oggi è un fenomeno reazionario che protegge l’egemonia liberale, lo status quo liberale e i politici liberali. Coloro che non vogliono cambiar nulla, che sostengono la necessità di attrarre milioni di migranti e di ridurre la responsabilità sociale dello Stato e delle imprese, che minano la sovranità nazionale dei propri paesi in favore delle imprese transnazionali e sono strettamente collegati in reti di governance mondiali.
Traduttore: Donato Mancuso